Anna Marzuttini (Gemona del Friuli, 1990) risiede a Cerneglons mentre vive e lavora a Venezia. Ha conseguito nel 2018 il diploma di Secondo Livello in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo con indirizzo Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Durante gli anni passati in Accademia ha partecipato a diversi workshop ed esposizioni collettive organizzate dall’Atelier F. Nel 2017 ha partecipato alla mostra collettiva Guardatemi il più possibile alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia. Nel 2018 ha vinto il primo premio al concorso Lucca Comics Junior ed è stata selezionata in diversi concorsi di illustrazione, tra i quali That’s a Mole! (edizioni 2016 e 2017), Zoo, 2016, e Terra e Mare a Padova. Dal 2021 collabora con Suburbia Contemporary Art Gallery.
Come ti sei avvicinata alla pittura?
Individuando e assecondando le mie attitudini.
Chi sono gli artisti e i maestri cui guardi?
Tanti, ma nessuno in particolare. Guardo ai maestri come ai contemporanei, anche giovanissimi artisti. Mi soffermo ogni tanto su qualcuno, quando ho la sensazione che nel suo lavoro ci sia qualcosa che devo assolutamente capire. Per fare qualche nome, tra quelli che tornano più spesso: Albert Oehlen, Julie Mehretu, Per Kirkeby, Cy Twombly, Sigmar Polke, Andreas Eriksson.
La storia, la tradizione della pittura incidono sulle tue opere o nella scelta dei soggetti?
Forse inconsciamente.
Come dialoga il tuo lavoro di artista con quello di illustratrice?
Entrambi attingono dallo stesso immaginario, ma hanno due ruoli distinti. La scelta di fare illustrazione è in realtà antecedente a quella di fare pittura. Da adolescente, come tutt’ora, leggevo molti romanzi di fantascienza rifornendomi dalla collezione di Urania di mio zio ed ero affascinata da alcune delle illustrazioni sulle copertine. Il primo pensiero è stato quello di incanalare la mia attitudine al disegno nella professione di illustratrice per poter illustrare i libri che mi piacevano, ma poi, in Accademia, ho scoperto la pittura che è diventata la mia attività principale. L’illustrazione resta per me una pratica interessante ma per il momento secondaria e spesso condizionata dalla committenza.

LA PITTURA SECONDO ANNA MARZUTTINI
Il disegno quale ruolo svolge nella tua pratica?
Il disegno è essenziale nella mia pratica, la accompagna dall’inizio alla fine. È il mezzo tramite cui agisce il mio pensiero ed è spesso anche protagonista nell’opera finita.
Hai affermato che la tua pratica ruota intorno al “selvatico”. Cosa intendi?
Selvatico è per me sinonimo di spontaneo, incontrollabile, ispido, inospitale… Queste sono le caratteristiche che ricerco nel paesaggio e che si rispecchiano nel mio lavoro.
E l’istintività è per te importante.
Direi fondamentale. Se la reprimo il risultato sarà difficilmente convincente.
Caso e caos come incidono sul tuo lavoro?
In un lavoro come il mio sono componenti imprescindibili. Anche se a volte li trovo irritanti perché sono fuori dal mio controllo, vanno ascoltati e assecondati.
Cosa è la natura per te?
Un grande laboratorio, fonte di diversità e scoperte inaspettate. Per il mio lavoro, luogo di ricerca di nuove immagini.

LA TECNICA PITTORICA DI ANNA MARZUTTINI
Perché la scelta della figurazione che dialoga o sfocia nell’astrazione?
È una scelta che nasce dalla necessità di dare più espressività e caratteri diversi a ogni elemento della rappresentazione, ma anche un modo per sfuggire a una narrazione figurativa a cui non sono interessata. All’astrazione ci arrivo comunque quasi sempre tramite la figurazione, ho bisogno di una forma da scomporre, ribaltare, sintetizzare…
La tua è una pittura lenta o veloce?
È stratificazione di pensieri lenti e gesti rapidi.
Come nascono i titoli delle tue opere?
Me li suggeriscono le opere stesse mentre si definiscono, incontrandosi con un pensiero, un libro che ho letto o con un avvenimento quotidiano.
Come si è trasformato il tuo lavoro nel tempo?
Mi assomiglia sempre di più.
Che cos’è il colore? E la materia?
Strumenti che rafforzano il racconto.
Quali formati prediligi?
Grandi, immersivi, che lascino spazio al gesto.
La tecnica conta?
Credo che la tecnica sia utile da apprendere come strumento al servizio dei contenuti. Io sono troppo pigra per leggere il libretto delle istruzioni, la imparo un po’ alla volta, sperimentando e approfondendola in base a quanto e quando me lo richiede il lavoro.
La musica, il cinema, la letteratura, la poesia influenzano i tuoi immaginari?
Non in modo palese e diretto, ma credo proprio di sì. Tutto quello che assorbo leggendo, guardando un film o ascoltando musica va a nutrire inevitabilmente il mio immaginario.
Perché fare pittura oggi?
Oggi e anche domani, perché avrà sempre qualcosa da dire.
Cosa pensi della scena della pittura italiana contemporanea?
Conosco bene la fervida scena veneziana, ora mi piacerebbe conoscere meglio anche altre realtà, che sembrano promettenti.
‒ Damiano Gullì