Pittura lingua viva. Parola ad Amedeo Polazzo

Viva, morta o X? 54esimo appuntamento con la rubrica dedicata alla pittura contemporanea in tutte le sue declinazioni e sfaccettature attraverso le voci di alcuni dei più interessanti artisti italiani: dalla pittura "espansa" alla pittura pittura, dalle contaminazioni e slittamenti disciplinari al dialogo con il fumetto e l'illustrazione fino alla rilettura e stravolgimento di tecniche e iconografie della tradizione.

Amedeo Polazzo è nato nel 1988 a Monaco di Baviera, è cresciuto a Vicenza, attualmente vive e lavora a Los Angeles. Si è diplomato in pittura alla UCLA a Los Angeles nel 2019 e all’Accademia di Belle Arti di Monaco dopo un anno di visiting all’Accademia di Düsseldorf nel 2015. Tra le mostre personali: Prince of Wales, Monaco di Baviera; Tom Dick or Harry, Düsseldorf; Einstein Kulturzentrum, Monaco di Baviera; UCLA New Wight Gallery, Broad Art Center, Los Angeles, Hypovereinsbank Art Cube, Monaco di Baviera. Tra le mostre collettive: Kunstverein Arnsberg; Produzentengalerie, Amburgo; Galerie Sperling, Monaco di Baviera; CCA Andratx, Maiorca; SPREEZ, Monaco di Baviera. È stato docente all’UCLA Summer Institute e ricercatore associato per Lari Pittman, Alex Olsen, Jill Mulleady e Kim Fisher. Ha ottenuto il Feitelson Arts Foundation Award e l’Ernst Adolf Marum Fellowship e ha partecipato al CCA Andratx Artist residency program e al Q-Rated Workshop della Quadriennale di Roma.

Come ti sei avvicinato alla pittura?
Senza saperne nulla…

Quali sono i maestri e gli artisti cui guardi?
Vari. Attualmente sono molto interessato all’Art Déco e al tentativo di ridimensionare la gerarchia tra le discipline e di riconsiderare i ruoli dei generi in un ristrettissimo ambiente altamente privilegiato e quindi destinato a rimanere un esperimento. La pittura era vista come un elemento che andava a completare un arredamento, il decoro di un mobile, un tessuto o la copertina di una rivista di moda. L’eccessiva importanza attribuita alla pittura fu ridistribuita a favore di altre discipline. Trovo questo approccio molto salutare e, a questo proposito, Jean Dupas è una figura molto interessante.

Amedeo Polazzo. Untitled. UCLA Thesis Show, New Wight Gallery, Broad Art Center, Los Angeles 2019

Amedeo Polazzo. Untitled. UCLA Thesis Show, New Wight Gallery, Broad Art Center, Los Angeles 2019

Perché la scelta di un linguaggio prevalentemente figurativo?
È leggibile. In un linguaggio comprensibile e conosciuto è percepibile ogni più lieve variazione. Basta quindi poco a deviare o intaccare la comune percezione dell’oggetto discusso.

Frammenti di natura o di vita quotidiana e domestica, volti, case in fiamme, animali. Come scegli i soggetti delle tue opere?
Sono elementi ai quali sono interessato per la loro complessità. Ad esempio, una grata in ferro battuto è un oggetto di misteriosa bellezza artigianale. La sua funzione divisoria che non permette il passaggio di un elemento da una parte all’altra è invece chiara e violenta. Durante la produzione, però, il ferro ancora incandescente viene forato a colpi di martello affinché una nuova sbarra possa passare attraverso il varco appena formato. Il principio con cui è prodotta l’inferriata è dunque l’opposto della sua funzione. Una tale contraddizione carica l’oggetto e lo rende per me interessante.

E da cosa deriva, e come si sviluppa, il processo di giustapposizione di questi elementi spesso tra loro eterogenei?
Sorge dagli elementi stessi. Il mio lavoro è definito da numerosi elementi come muri, porte, inferriate o oggetti e individui che, strappati dal loro iniziale contesto sociogeografico, hanno tutti un intrinseco carattere di giustapposizione. Questi elementi sono poi spesso sottoposti alla delimitazione che istigano, un muro è diviso da un altro muro, una finestra è chiusa da mattoni, una inferriata protegge uno spazio vuoto, un giovincello è ingabbiato in una bella e lussuosa ma claustrofobica stanza. In questo modo, allegoricamente parlando, gli osservatori non hanno mai chiaro se stanno osservando uno spazio chiuso o se loro stessi sono chiusi nello spazio che stanno osservando.

È sempre sottesa una narrazione? O preferisci mantenere un’apertura/ambiguità, lasciando quindi all’osservatore la possibilità di dare una propria lettura personale?
Non sono capace di pensare in termini narrativi e trovo che l’ambiguità sia una parte fondamentale della pittura. Per il mio lavoro è importante che chi lo osserva comprenda che non è rilevante decodificare il significato di ogni oggetto, ma è invece possibile accettare tutta la gamma di significati contenuti in un oggetto. In questo modo il dubbio diviene godimento.

Che ruolo ha il disegno nella tua pratica e in relazione alle tue opere?
È essenziale perché forma la struttura che determina sia i quadri che i lavori sui muri. Ciò che faccio è poi più riempire gli spazi vuoti. Penso di essere un colorista più che un pittore.

Amedeo Polazzo. Untitled. UCLA Thesis Show, New Wight Gallery, Broad Art Center, Los Angeles 2019

Amedeo Polazzo. Untitled. UCLA Thesis Show, New Wight Gallery, Broad Art Center, Los Angeles 2019

Da cosa deriva la scelta di dipingere sui muri? È insita una componente di caducità. La tela resta, l’intervento a parete può invece essere cancellato una volta disallestita la mostra…
Dipingere sui muri è stato per me un grande sollievo. Non mi sono mai sentito a mio agio con il considerare l’arte come un oggetto di grande importanza e valore monetario. Con questo non intendo affatto sminuire l’importanza dell’arte come luogo altro e di sperimentazione, dove regole e consuetudini sono messe in discussione, ma parlo piuttosto del modo in cui il singolo elemento viene sproporzionatamente valorizzato. Sapere che i miei dipinti murali saranno cancellati è piacere e stimolo e, sorprendentemente, accettare che ciò che si è fatto non è pensato per rimanere può essere molto soddisfacente. Come motivazione c’è anche un certo piacere nell’autodistruzione e l’innegabile tristezza che ne deriva diviene ispirazione per il processo stesso. Mi diverte anche il pensare al fatto che da bambino scrivere sui muri fosse quasi un delitto capitale (per molte persone lo è tuttora) e ora è ciò che faccio come “lavoro”. Inoltre le pitture sui muri hanno una forte relazione con ciò che è raffigurato e come è dipinto. Rovine, case abbandonate, cantieri, tutti questi luoghi hanno un comune momento di potenzialità. Come alluso dalla lieve applicazione del colore e dalla restituzione delle forme in parte “non finite”, questi luoghi si trovano in un momento sospeso tra apparizione e svanimento. Si trovano dunque nello stesso stato del dipinto sul muro. Potenzialmente potrebbe rimanere o svanire.

Come si relazionano le tue tele con queste pitture ambientali?
La combinazione di dipinti e pitture murali è simbiotica e aggiunge ulteriori strati spaziali che confermano l’incertezza riguardo a ciò che vediamo o contraddicono quello che sembrava chiaro. Ogni quadro dipende dal suo ambiente, i dipinti hanno bisogno l’uno dell’altro tanto quanto i dipinti murali hanno bisogno dei dipinti e viceversa. Il singolo quadro è solo una parte del sistema che può essere disgiunta, ma non ricrea mai completamente il sistema di cui faceva parte. Nella mia pratica tento attivamente di decostruire il concetto del quadro come capolavoro autonomo in grado di ricontestualizzare l’intero corpus di lavori dell’artista. Nei dipinti sui muri la mancanza di tempo e la grande quantità di spazio inducono cambiamenti e sollecitano nuove idee. Queste innovazioni, quando il muro è poi riverniciato, trovano un ulteriore sviluppo nei quadri che realizzo in studio. Sono questi quadri che poi, a loro volta, andranno a dare forma al successivo dipinto murale.

La pittura è un fine o un mezzo? Spesso inserisci elementi “altri”: oggetti, sculture. Intendi la tua pittura come una pittura “espansa”?
Gli oggetti sono di aiuto per collegare i due mondi. Anche essi come le tele o i dipinti sul muro sono collaterali e funzionano solo in relazione tra di loro. Ad esempio, il coperchio di un cassonetto delle immondizie trovato per caso mi è d’aiuto come strumento per disegnare una pittoresca arcata in un quadro. Diventa poi la tavolozza che uso per i colori quando, in piedi sulla scala, dipingo sul muro e, alla fine, entra a far parte del lavoro stesso. È un oggetto che gode dunque di una rivalutazione ma non diviene mai centrale, non ruba lo spettacolo agli altri, è “solo” una parte del sistema.

Nella costruzione delle tue composizioni, nella definizione dei tuoi immaginari e delle tue fonti iconografiche, che posto ha la storia dell’arte?
È inevitabile. Tento però di mantenere un dialogo accessibile anche a una persona che non sia del campo, ma è interessata. Troppi riferimenti relativi al campo stesso possono facilmente divenire respingenti e far sentire l’osservatore escluso dalla loro piena comprensione.

Amedeo Polazzo. Untitled. UCLA Thesis Show, New Wight Gallery, Broad Art Center, Los Angeles 2019

Amedeo Polazzo. Untitled. UCLA Thesis Show, New Wight Gallery, Broad Art Center, Los Angeles 2019

La tua è una pittura lenta o veloce?
Quando finalmente accade è veloce. Ciò che alla fine è visibile sono strati di diversi periodi per certi versi relazionabili a come il tempo può cambiare un luogo. Un muro appare dove prima non c’era, a seguire finestre e passaggi che alla fine vengono richiusi.

Quanto la musica, il cinema, la letteratura influiscono sui tuoi lavori e sulla tua poetica?
Nel tentativo di fare arte legata a un concetto e temi sociali senza pur perdere un legame con la poesia e l’estetica, ho trovato molto aiuto nelle letteratura francese degli ultimi cinquant’anni. Recentemente ho letto Annie Ernaux, Didier Heribon, Eduard Louis, Merlene Duras, Pierre Bourdieu. Hanno tutti in comune una forte relazione con la sociologia.

Cosa significa fare pittura oggi?
Non saprei, ma me la rido al pensiero che faccio tutto con una scatoletta di gessetti e un po’ d’acqua! Questo ha un qualcosa di molto rassicurante.

La Germania, l’Italia, l’America: il tuo percorso biografico e professionale ti ha portato a confrontarti con realtà molto diverse tra loro. Alla luce delle tue esperienze internazionali, cosa pensi della scena della pittura italiana contemporanea, quali le differenze rispetto alle altre realtà con cui ti sei confrontato?
Sto scoprendo solo ora la pittura italiana contemporanea e ne sono molto attratto. L’Italia è per me un tema complesso e molto emozionante, di conseguenza tutto ciò che vedo ne è influenzato.

Damiano Gullì

 LE PUNTATE PRECEDENTI

Pittura lingua viva #1 ‒ Gabriele Picco
Pittura lingua viva #2 ‒ Angelo Mosca
Pittura lingua viva #3 ‒ Gianluca Concialdi
Pittura lingua viva #4 – Michele Tocca
Pittura lingua viva #5 ‒ Lorenza Boisi
Pittura lingua viva#6 ‒ Patrizio Di Massimo
Pittura lingua viva#7 ‒ Fulvia Mendini
Pittura lingua viva#8 ‒ Valentina D’Amaro
Pittura lingua viva#9 ‒ Angelo Sarleti
Pittura lingua viva#10 ‒ Andrea Kvas
Pittura lingua viva#11 ‒ Giuliana Rosso
Pittura lingua viva#12 ‒ Marta Mancini
Pittura lingua viva #13 ‒ Francesco Lauretta
Pittura lingua viva #14 ‒ Gianluca Di Pasquale
Pittura lingua viva #15 ‒ Beatrice Meoni
Pittura lingua viva #16 ‒ Marta Sforni
Pittura lingua viva #17 ‒ Romina Bassu
Pittura lingua viva #18 ‒ Giulio Frigo
Pittura lingua viva #19 ‒ Vera Portatadino
Pittura lingua viva #20 ‒ Guglielmo Castelli
Pittura lingua viva #21 ‒ Riccardo Baruzzi
Pittura lingua viva #22 ‒ Gianni Politi
Pittura lingua viva #23 ‒ Sofia Silva
Pittura lingua viva #24 ‒ Thomas Berra
Pittura lingua viva #25 ‒ Giulio Saverio Rossi
Pittura lingua viva #26 ‒ Alessandro Scarabello
Pittura lingua viva #27 ‒ Marco Bongiorni
Pittura lingua viva #28 ‒ Pesce Kethe
Pittura lingua viva #29 ‒ Manuele Cerutti
Pittura lingua viva #30 ‒ Jacopo Casadei
Pittura lingua viva #31 ‒ Gianluca Capozzi
Pittura lingua viva #32 ‒ Alessandra Mancini
Pittura lingua viva #33 ‒ Rudy Cremonini
Pittura lingua viva #34 ‒ Nazzarena Poli Maramotti
Pittura lingua viva #35 – Vincenzo Ferrara
Pittura lingua viva #36 – Luca Bertolo
Pittura lingua viva #37 – Alice Visentin
Pittura lingua viva #38 – Thomas Braida
Pittura lingua viva #39 – Andrea Carpita
Pittura lingua viva #40 – Valerio Nicolai
Pittura lingua viva #41 – Maurizio Bongiovanni
Pittura lingua viva #42 – Elisa Filomena
Pittura lingua viva #43 – Marta Spagnoli
Pittura lingua viva #44 – Lorenzo Di Lucido
Pittura lingua viva #45 – Davide Serpetti
Pittura lingua viva #46 – Michele Bubacco
Pittura lingua viva #47 – Alessandro Fogo
Pittura lingua viva #48 – Enrico Tealdi
Pittura lingua viva #49 – Speciale OPENWORK
Pittura lingua viva #50 – Bea Bonafini
Pittura lingua viva #51 – Giuseppe Adamo
Pittura lingua viva #52 – Speciale OPENWORK (II)
Pittura lingua viva #53 ‒ Chrysanthos Christodoulou 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Damiano Gullì

Damiano Gullì

Damiano Gullì (Fidenza, 1979) vive a Milano. I suoi ambiti di ricerca sono l’arte contemporanea e il design. Da aprile 2022 è curatore per l'Arte contemporanea e il Public Program di Triennale Milano. Dal 2020 è stato Head Curator del…

Scopri di più