Quinto Martini. Storia di un artista dimenticato 

Le sue vicende si intrecciano a quelle di personalità come Ardengo Soffici, Felice Casorati e Carlo Levi. Nonostante sia passata in secondo piano, quella di Quinto Martini è una storia fatta di scultura, pittura e antifascismo tutta da riscoprire

Il suo pigmalione è stato Ardengo Soffici, colpito dalla passione di un giovane autodidatta ma investito del fuoco sacro dell’arte. Quinto Martini (Seano, 1908 – Firenze, 1990), figlio dei contadini Torello e Stella Cinelli, fin da piccolo alterna il lavoro nei campi con i genitori con l’interesse per “impastar mota, cercando di ritrarre i corpi degli uomini che dormivano”. A diciassette anni Martini incontra Soffici a Poggio a Caiano e gli mostra alcuni disegni: Ardengo rimane colpito dalla sua mano e decide di aprirgli la strada del mondo dell’arte. Così, nel 1926, Quinto pubblica i fogli sula rivista di Soffici Il Selvaggio e presenta alcuni dipinti nella prima mostra collettiva nata intorno alla pubblicazione.  

Parco Museo Quinto Martini a Carmignano. Courtesy Comune di Carmignano
Parco Museo Quinto Martini a Carmignano. Courtesy Comune di Carmignano

L’inizio della carriera di Quinto Martini 

Dopo questo forte segnale di incoraggiamento, e decide di dedicarsi all’arte a tempo pieno, avviando una carriera che gli darà molte soddisfazioni. Se nei dipinti guarda a suggestioni provenienti dalla pittura di Giotto, nella scultura il riferimento alle forme arcaiche e primitive è ancora più visibile, ad esempio in opere come Paesana, realizzata in pietra e terracotta nel 1928. È lo stesso anno del suo trasferimento a Torino per assolvere agli obblighi di leva: nella città sabauda incontra Felice Casorati e Carlo Levi, che costituiscono ulteriori stimoli per il giovane artista. Tornato nel natio borgo di Seano in Toscana, riprende il rapporto con Soffici, che appoggia l’evoluzione della sua ricerca pittorica.  

Quinto Martini: l’antifascismo e gli ultimi anni 

Negli anni Trenta, invece, la critica si interessa soprattutto alla produzione scultorea, vicina a forme tratte dal mondo etrusco. “Io mi attacco all’arte e lei non molla me e io non mollo lei” dichiara Martini, che nel 1935 si trasferisce a Firenze. Qui comincia un’attività espositiva intensa, che lo porta a presentare le sue opere alla Galleria della Cometa a Roma, oltre che alla Biennale di Venezia (dove nel 1934 espone la scultura in terracotta Ragazza Seanese), e a tutte le edizioni della Quadriennale dal 1935 al 1972. Amico di Carlo Levi – al quale era unito dal comune ideale antifascista – Martini subisce diverse minacce dal regime, che culminano con la chiusura della sua personale al Lyceum di Firenze, seguita da alcuni mesi di prigionia. Momenti difficili che sfoceranno nel romanzo autobiografico I giorni sono lunghi, pubblicato nel 1957: un racconto del periodo vissuto in clandestinità nelle campagne toscane per sfuggire ai tedeschi. Dall’inizio degli anni Cinquanta comincia a realizzare sculture in cemento di grandi dimensioni, sempre legate a soggetti figurativi, tra i quali spiccano i ritratti dei suoi famigliari. Negli anni Ottanta si lega sempre di più a Seano, dove realizza un parco di opere all’aperto dedicato alla sua produzione, che riunisce 36 sculture in bronzo e viene inaugurato nel 1988. 

Ludovico Pratesi  

www.quintomartini.it 

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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