I dimenticati dell’arte. Nino Springolo e il paesaggio veneto

L'indagine sulle figure italiane da riscoprire torna alla pittura e fa tappa a Treviso. Dove era nato un artista metodico che espose anche alla Biennale di Venezia, e più di una volta

Nino Springolo ha vent’anni quando decide di non seguire le orme del padre, commerciante di stoffe, per dedicarsi invece alla pittura, alla quale avrebbe consacrato quasi settant’anni di carriera.

Nino Springolo, Il Sile alla Fiera, 1939, olio su tavola, cm 52x63. Musei Civici, Treviso

Nino Springolo, Il Sile alla Fiera, 1939, olio su tavola, cm 52×63. Musei Civici, Treviso

QUANDO NINO SPRINGOLO DECISE DI FARE IL PITTORE

Una scelta esplicitata un giorno del 1906, quando la famiglia Springolo è a tavola nella bella casa di Treviso e il capofamiglia Davide apostrofa il figlio Agostino, detto familiarmente Nino, con una frase lapidaria: “Sento da tua madre delle tue intenzioni dopo gli studi classici. Desidero parlarne”. E Nino risponde: “Sì, voglio dipingere”. Il padre, lapidario: “Beh, questa poi. Dipingere? Chi ti ha messo in testa questa idea?”, e si rivolge alla madre Giovanna Comisso, parente dello scrittore Giovanni: “Hai sentito tuo figlio?”. Lei sdrammatizza con una frase in dialetto trevigiano: “No stemo dramatizzar e se robe da fioi, cossa votu, anca a fia de Carlesso a voi far a baerina”.
Nonostante la sensibilità della donna, vicina al mondo artistico, neppure lei crede che il figlio avrebbe dato seguito alla sua vocazione. Ma Nino Springolo (1886-1975) stupisce tutti, con una vita artistica piena di successi sia in Italia che all’estero, ottenuti grazie a una pittura figurativa legata soprattutto a un amore per il paesaggio veneto, descritto con una spiccata attenzione a soavi e soffusi cromatismi, capace di incantare critici di rango come Nino Barbantini, Silvio Sbranzi e Guido Perocco, oltre ai galleristi Carlo Cardazzo ed Ettore Gian Ferrari.

Nino Springolo, Ragazza brutta (o Ragazza con perle di corallo), 1922, olio su cartone, cm 60x49. Ca' Pesaro, Venezia

Nino Springolo, Ragazza brutta (o Ragazza con perle di corallo), 1922, olio su cartone, cm 60×49. Ca’ Pesaro, Venezia

NINO SPRINGOLO DA VENEZIA A MONACO DI BAVIERA

Un anno dopo la discussione, il giovane lascia Treviso per Venezia, dove entra nello studio del pittore Cesare Laureti. Subito viene invitato a esporre a Ca’ Pesaro, prima di iscriversi all’Accademia di Belle Arti a Monaco di Baviera tra il 1909 e l’anno successivo, quando ritorna a Venezia per aprire il proprio studio e dedicarsi soprattutto alla pittura di paesaggio, trattato con una tecnica divisionista.
Dopo essere stato chiamato sul fronte come ufficiale di fanteria, nel 1919 Nino ritorna a casa dalla moglie Beatrice e dal figlio Davide, e decide di lasciare la città lagunare per trasferirsi a Onè di Fonte, un borgo della campagna trevigiana dove vivere a contatto con la natura.

Nino Springolo, Acque e pioppi, 1937, olio su compensato, cm 51x60. Musei Civici, Treviso

Nino Springolo, Acque e pioppi, 1937, olio su compensato, cm 51×60. Musei Civici, Treviso

FORTUNA DI NINO SPRINGOLO

Nonostante l’isolamento, i contatti con il mondo artistico non mancano: nel 1923 conosce il pittore Gino Rossi, che abita in un paesino a venti chilometri da Onè, e va spesso a trovare Nino in bicicletta. Grazie a Rossi ottiene la sua prima personale a Ca’ Pesaro e nel 1924 viene invitato alla Biennale di Venezia, dove espone regolarmente fino al 1950.
Ritornato a vivere a Treviso, la sua carriera si consolida negli anni successivi: nel 1933, in occasione di una sua mostra personale, Giovanni Comisso paragona Filippo De Pisis, “sorprendente e per così dire improvvisatore”, con suo cugino , “rigido e per così dire matematico”, per sottolineare il fatto che Nino dipinge in maniera lenta e meticolosa.
Dopo gli inviti alla Quadriennale nel 1931 e all’Esposizione Universale di Parigi nel 1937, la fama di Springolo aumenta sempre di più: nel 1959 il Comune di Venezia gli dedica una mostra antologica curata da Guido Perocco, che descrive così la sua pittura: “I toni verdi di Springolo, i suoi verdi così intensi e inconfondibili, da quelli cupi degli abeti, agli smeraldi luminosi dell’acqua, ai teneri delle foglie a primavera, hanno le vibrazioni immediate dell’artista commosso innanzi alla natura”.
Oggi le opere di Nino Springolo sono conservate in diversi musei italiani, come il Museo Bailo di Treviso, la Galleria internazionale d’arte moderna di Venezia, la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, la Galleria d’arte moderna di Milano, la Galleria d’arte moderna di Verona, il Museo del Novecento di Firenze.

– Ludovico Pratesi

I dimenticati dell’arte. Liliana Maresca
I dimenticati dell’arte. Antonio Gherardi
I dimenticati dell’arte. Brianna Carafa
I dimenticati dell’arte. Fernando Melani
I dimenticati dell’arte. Pietro Porcinai
I dimenticati dell’arte. Giuseppe Vannicola
I dimenticati dell’arte. Alberto Martini
I dimenticati dell’arte. Il Maestro di Castelsardo
I dimenticati dell’arte. Pilade Bertieri
I dimenticati dell’arte. Mario Puccini
I dimenticati dell’arte. Guglielmo Janni
I dimenticati dell’arte. Salvatore Meo
I dimenticati dell’arte. Federico Seneca
I dimenticati dell’arte. Il pittore Luigi Trifoglio
I dimenticati dell’arte. Clotilde Marghieri
I dimenticati dell’arte. Bruno Caraceni
I dimenticati dell’arte. Vincenzo Rabito
I dimenticati dell’arte. Giuseppe Novello
I dimenticati dell’arte. Carlo Romagnoli
I dimenticati dell’arte. Guido Seborga
I dimenticati dell’arte. Emanuele Rambaldi
I dimenticati dell’arte. Ennio Belsito
I dimenticati dell’arte. Colantonio
I dimenticati dell’arte. Edoardo Cacciatore
I dimenticati dell’arte. Matteo Olivero
I dimenticati dell’arte. Bortolo Sacchi
I dimenticati dell’arte. Alessandro De Feo
I dimenticati dell’arte. Ugo Celada da Virgilio
I dimenticati dell’arte. Paola Masino
I dimenticati dell’arte. Renato Tomassi
I dimenticati dell’arte. Gian Luigi Polidoro
I dimenticati dell’arte. Elsa De Giorgi
I dimenticati dell’arte. Franco Nonnis
I dimenticati dell’arte. Umberto Brunelleschi
I dimenticati dell’arte. Raffaello Brignetti
I dimenticati dell’arte. Ezechiele Leandro
I dimenticati dell’arte. Pietro Gaudenzi
I dimenticati dell’arte. Giuseppe Loy
I dimenticati dell’arte. Mimì Quilici Buzzacchi
I dimenticati dell’arte. Tullia Socin
I dimenticati dell’arte. Fausta Cialente, scrittrice della modernità
I dimenticati dell’arte. Sirio Tofanari, lo scultore degli animali
I dimenticati dell’arte. Yambo, lo scrittore appassionato di Jules Verne
I dimenticati dell’arte. Adolfo Baruffi
I dimenticati dell’arte. Arturo Nathan
I dimenticati dell’arte. Aldo Braibanti
I dimenticati dell’arte. Bruno Modugno
I dimenticati dell’arte. Marcello Mascherini
I dimenticati dell’arte. Enrico Mreule
I dimenticati dell’arte. Gino Rossi
I dimenticati dell’arte. Calogero Ciancimino
I dimenticati dell’arte. Mario Cavaglieri
I dimenticati dell’arte. Ettore Innocente
I dimenticati dell’arte. Albino Pierro

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

Scopri di più