I dimenticati dell’arte. Renato Fascetti e lo spazio dell’opera

Al pittore romano, dopo lunghi decenni d’oblio, è dedicata una mostra alla galleria Sala 1, nella Capitale. Un’occasione per riscoprire il suo approccio affine ad artisti come Fontana e Manzoni

Misteriose sono le ragioni per le quali artisti innovativi, che per alcuni anni sono protagonisti di una carriera più che rispettabile, possano poi cadere nell’oblio per interi decenni, senza lasciare alcuna traccia della loro arte. È il caso del pittore Renato Fascetti (Roma, 1936 – 2018), figura recuperata oggi grazie alla mostra antologica alla galleria Sala 1, a cura di Mary Angela Schroth e Michela Zimotti, come parte del ciclo Riquadrare la storia, dedicato al recupero della memoria di personalità dimenticate come Fascetti, resa possibile grazie alla collaborazione con suo figlio Andrea.

Renato Fascetti, Albero in città, 1986
Renato Fascetti, Albero in città, 1986

Renato Fascetti e la dimensione spaziale dell’opera d’arte

Fascetti respira il clima di rinnovamento della cultura nella Roma degli Anni Cinquanta, definiti da Plinio de Martiis “gli anni originali”: da giovane frequenta i corsi di pittura e scultura presso l’Istituto Comunale d’Arte di via di San Giacomo. Nel 1962 espone per la prima volta alla galleria Numero a Firenze, di proprietà di Fiamma Vigo, molto attenta alle nuove ricerche: il lavoro di Fascetti viene segnalato nello stesso periodo nell’ambito della mostra promossa dal Ministero della Pubblica Istruzione, presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma. L’anno seguente l’artista si trasferisce in Norvegia, dove rimane fino al 1966: frequenta la scena artistica del Paese, espone in diversi spazi, sia pubblici che privati, e diventa amico del pittore futurista Ivo Pannaggi. Dopo la parentesi nordica ritorna a Roma, e si fa notare nuovamente grazie a una personale alla galleria L’Obelisco nel 1967. L’anno successivo rilascia una dichiarazione di poetica alla rivista Art International, all’interno di un’inchiesta intitolata Artists on their art: “Considero il quadro un organismo che articola le sue forme in sequenza temporale attraverso percorsi che si originano dal suo interno. Cerco di realizzare uno spazio fisico, concreto e nello stesso tempo mentale, percorribile visivamente e rispondente alla necessità di oltrepassare l’ortodossia di una superficie che annulla le sue origini e la durata temporale della realizzazione dell’opera”.

I rilievi stratificati di Renato Fascetti

Una dichiarazione che avvicina la poetica di Fascetti ad artisti come Lucio Fontana, Piero Manzoni e Agostino Bonalumi, caratterizzate da un’attenzione verso la dimensione spaziale dell’opera, che Fascetti ottiene grazie a un tecnica giocata sulla sovrapposizione di molteplici piani, che Enrico Crispolti ha definito “rilievi stratificati”, i quali conferiscono tridimensionalità all’opera. Nel 2012 Fascetti pubblica per le edizioni Fermenti Mosaico Villiano, un piccolo volumetto dedicato ai suoi ricordi del poeta e critico d’arte Emilio Villa, che l’autore definisce come “primo poeta extracomunitario nazionale”. Soltanto oggi, grazie alla meritoria mostra alla Sala 1, Renato Fascetti esce da un oblio durato diversi decenni, che il suo talento non meritava.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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