I dimenticati dell’arte. Gino Galli, l’artista spericolato di inizio Novecento

Assistente di Giacomo Balla prima e oggetto di censura poi, a causa di opere che evocavano il tema dell’omosessualità, Gino Galli fu dimenticato dalla storia dell’arte mentre era ancora in vita. La mostra in corso al MLAC di Roma gli rende finalmente omaggio

Tutta la mia arte deve avere un compito umano e non intellettualistico”: così scriveva nel suo diario all’inizio degli Anni Trenta Gino Galli (Roma, 1893 – Firenze, 1944), allora già dimenticato, dopo una breve ma luminosa carriera consumata nell’arco di un decennio sulla scena romana, tra Futurismo e Ritorno all’ordine.

Gino Galli, Autoritratto rosso, primi anni Trenta. Collezione privata, Roma. Foto Simon D'Exéa

Gino Galli, Autoritratto rosso, primi anni Trenta. Collezione privata, Roma. Foto Simon D’Exéa

LA STORIA DI GINO GALLI

Nato nella Capitale e figlio del livornese Adolfo Galli e di Giulia de Santis, Gino cresce in uno stabile ai Parioli, a pochi metri dall’abitazione di Giacomo Balla, del quale diventa assistente a soli 17 anni. I suoi primi dipinti sono ritratti in stile divisionista, seguiti da opere ispirate al Futurismo del suo maestro, grazie al quale viene introdotto nell’ambiente artistico dell’avanguardia capitolina, che ruotava intorno alle gallerie di Giuseppe Sprovieri e Anton Giulio Bragaglia, dove Galli espone le sue opere insieme ad artisti come Fortunato Depero e Enrico Prampolini. Nel 1918 l’artista inizia a collaborare con la rivista Roma Futurista: due anni dopo arriva a dirigerla, insieme a Balla, Enrico Rocca e Giuseppe Bottai. Con quest’ultimo inizia un’amicizia molto intima, che li vede fondatori della rivista Le Fiamme; nell’ambito della sua prima mostra personale da Bragaglia nel 1919, Bottai tiene una conferenza sulla pittura futurista. Ma in questo stretto giro di anni lo stile di Galli cambia, passando dal Futurismo di matrice balliana a un ambito figurativo con accenti surrealisti, come si vede nell’opera densa di suggestioni simboliche Senza titolo (le fasi della vita), databile ai primi Anni Venti.

Gino Galli, Nudo di uomo (autoerotismo), 1920-21. Collezione privata, Roma

Gino Galli, Nudo di uomo (autoerotismo), 1920-21. Collezione privata, Roma

GINO GALLI E LA CENSURA

Un periodo assai turbolento per un artista di carattere solitario e ombroso, appassionato di occultismo e omosessuale, che aveva stretto con Bottai una relazione assai ambigua, come dimostra l’opera Autoerotismo (uomo) (1920-21), che raffigura il giovane amico nell’atto di masturbarsi, con uno stile verista che strizza l’occhio al Realismo magico. Un olio su tavola che non ha riscontri nell’arte dell’epoca, tanto da essere stato oggetto di una proposta di censura ‒ non accolta da Galli ‒ da parte di Elica Balla, che si era offerta di nascondere il sesso dell’uomo, e ritornato alla luce di recente dopo essere stato nascosto in una cantina per un secolo, in occasione dell’interessante mostra Gino Galli (1893-1944). La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all’ordine ‒ la prima mai dedicata al pittore ‒ curata da Edoardo Sassi e Giulia Tulino al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza.

Gino Galli, Riposo, 1918-19. Collezione privata, Roma. Foto Simon D'Exéa

Gino Galli, Riposo, 1918-19. Collezione privata, Roma. Foto Simon D’Exéa

GINO GALLI TRA ARTE E OBLIO

La compresenza di due ricerche diverse e opposte non viene accettata dalla critica dell’epoca, che sottolinea l’evidente incertezza nella produzione dell’artista: Gino rompe bruscamente il rapporto con Bottai nel 1922 e le loro vite si dividono in maniera netta. Mentre Giuseppe, dopo aver sposato la sua fidanzata Nelia, sarà destinato a una brillante carriera nell’ambito del partito fascista, che lo porterà a essere nominato ministro dell’Educazione Nazionale nel 1936, Gino conosce una lenta ma inesorabile sparizione dalla scena artistica italiana. Dove peraltro aveva coltivato relazioni  piuttosto equivoche, come l’amicizia con l’attrice Bice Pupeschi, nota spia e amante di Arturo Bocchini, capo della polizia fascista. Una sorta di Mata Hari romana dai contorni ancora oscuri, che l’amico immortala nel Ritratto di Bice Pupeschi, un pastello su cartoncino dei primi Anni Trenta, esposto in mostra. Una vita davvero spericolata quella di Galli, forse addirittura morfinomane, che negli ultimi anni è sempre più isolato, e le occasioni espositive, sempre più saltuarie, arrivano a scomparire del tutto.
Ma Gino non abbandona mai tele e pennelli, come testimonia la mostra al MLAC: alla fine del 1943 si trasferisce a Firenze, in un piccolo studio a Palazzo Strozzi, dove muore, povero e solo, il 28 ottobre del 1944.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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