I dimenticati dell’arte. Luigi Motta, lo scrittore pupillo di Salgari

Scrittore prolificissimo, continuatore della saga di Sandokan ma anche inventore della fantapolitica letteraria, Luigi Motta aveva una prosa “sciatta” ma di grande successo

La sua fama è cresciuta all’ombra di Emilio Salgari, al quale aveva dedicato il suo primo romanzo, I flagellatori dell’oceano, che aveva pubblicato a vent’anni, preceduto da una lunga prefazione firmata proprio dallo scrittore. Fortuna o abilità? A considerare la vita di Luigi Motta (1881-1955), diremmo piuttosto la seconda, vista la sua capacità di guadagnare soldi con la scrittura, a differenza del maestro, più famoso ma anche più povero.

Luigi Motta – I flagellatori dell’oceano. Romanzo d’avventure (Società Editrice L’Italica, Milano 1923)

Luigi Motta – I flagellatori dell’oceano. Romanzo d’avventure (Società Editrice L’Italica, Milano 1923)

VITA DI LUIGI MOTTA

Luigi nasce nel 1881 a Bussolengo, da Filippo, piccolo proprietario terriero, e Giuseppina Annicchini: dopo dieci anni, i Motta si spostano a Verona, dove il ragazzo studia al ginnasio Maffei e poi al seminario. A sedici anni lascia la città per Genova, dove si iscrive all’Istituto Nautico per studiare da capitano di lungo corso, ma al secondo anno lascia la scuola e i suoi sogni di avventura, che trasferisce sulla carta.
Con i primi guadagni abbandona Genova per tornare a Verona, dove fonda la rivista di viaggi Attorno al mondo, che ebbe breve durata. Nel 1905 si trasferisce a Milano e comincia una vera carriera di scrittore di viaggi, pubblicando più di due libri l’anno con diverse case editrici e collaborando con riviste come il Giornale di viaggi e avventure di terra e di mare e L’Oceano. Giornale letterario di viaggi e avventure, fino alla fondazione della Biblioteca fantastica dei giovani italiani, pubblicata dalla casa editrice Società editoriale milanese nel 1907: sedici racconti brevi, su temi noir e fantascientifici, scritti da giovani autori.

Emilio Salgari e Luigi Motta in una fotografia conservata alla Biblioteca Civica di Verona

Emilio Salgari e Luigi Motta in una fotografia conservata alla Biblioteca Civica di Verona

IL SODALIZIO CON L’EDITORE TREVES E LA FORTUNA ECONOMICA

L’anno successivo firma un contratto con Treves e continua a pubblicare romanzi che uniscono all’ispirazione salgariana un’apertura verso la scrittura di Jules Verne ed Edgar Allan Poe: mantenendo intatta l’ammirazione per Salgari – che scompare nel 1911 –, dichiara di “voler dare un taglio scientifico al romanzo d’avventura”. Nello stesso anno Motta scrive La principessa delle rose: ambientato nel XXI secolo, descrive lo svolgimento di un conflitto combattuto con armi del futuro contro una confederazione asiatica nemica dell’Occidente. Una storia di fantapolitica a tutti gli effetti, anche se questo genere letterario non era ancora stato riconosciuto.
Dopo aver pubblicato dodici libri con Treves, nel 1920 passa a Bemporad per poi lanciare negli Anni Trenta la casa editrice OPM, ossia “Opere di Luigi Motta”, con notevole successo – anche economico – che gli permise di comprare una proprietà sul lago di Garda, dove si ritirava per scrivere. Ma nonostante questo pubblica anche romanzi a doppia firma Salgari-Motta, tre dei quali scritti dal ghost-writer Emilio Moretto: La tigre della Malesia (1926), Addio Mompracem! (1929) e La gloria di Yanez (1929).

Luigi Motta – Un dramma nell'Africa Australe (Andrea Viglongo & C. Editori, Torino 1932)

Luigi Motta – Un dramma nell’Africa Australe (Andrea Viglongo & C. Editori, Torino 1932)

L’OBLIO DI LUIGI MOTTA

Con la Seconda Guerra Mondiale il gusto del pubblico cambia e Motta viene dimenticato: nel 1951 pubblica il suo 88esimo romanzo, firmato Salgari-Motta: Sandokan, rajah della jungla nera, che viene del tutto ignorato.
Le ragioni del suo successo? Le spiega Elena Malaguti: “Salgari e Motta si trovano a scrivere in un periodo nel quale impera letteralmente il gusto per l’esotico e dell’avventura allo stato puro. In Italia non vi è altro narratore che si sia cimentato su questa strada, anche se entrambi non si sono mai mossi da casa. Hanno avuto coraggio. La differenza sostanziale tra i due, tuttavia, è che Salgari non solo si documenta molto accuratamente in biblioteca, ma gode anche di una genuina vena ispiratrice, mentre Motta, la cui prosa è tanto piatta da rasentare la sciatteria, non fa il minimo sforzo per rendersi edotto, ma si limita a copiare”.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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