I dimenticati dell’arte. Isidoro Grünhut, il pittore amato dai triestini

Fu breve la vita di Isidoro Grünhut, scomparso a soli 33 anni. Eppure il suo talento artistico è rimasto nel cuore dei suoi concittadini, che lo celebrano come uno dei pittori simbolo della modernità

Nonostante i triestini lo chiamassero “Il Gobbo”, accentuando un difetto fisico che aveva contratto da bambino, ne riconoscevano il talento di artista, che aveva coltivato fin da giovanissimo. Parliamo di Isidoro Grünhut (Trieste, 1862 – Firenze, 1896), nato a Trieste da Israel, un ebreo tedesco di ottima famiglia, e dalla marchigiana Giuditta Panzieri.

Isidoro Grünhut, La bambola, 1891, olio su tela, 70x56 cm. Courtesy Civico Museo Revoltella, Trieste

Isidoro Grünhut, La bambola, 1891, olio su tela, 70×56 cm. Courtesy Civico Museo Revoltella, Trieste

LA STORIA DI ISIDORO GRÜNHUT

Da bambino amava disegnare, tanto da spingersi a chiedere ai genitori di potersi dedicare all’arte, ma il fermo rifiuto del padre lo costrinse alla fuga da casa a soli 16 anni. Dopo varie peripezie, il giovane venne assoldato dall’impresario Benelli, che gli faceva realizzare disegni e caricature a pagamento nel corso di una tournée in diverse città italiane, mantenendolo in condizioni molto precarie, che gli causarono una seria malattia al cuore. Ritornò a Trieste nel 1880 e subito si trasferì prima a Venezia e poi a Monaco di Baviera per studiare all’Accademia di Belle Arti insieme agli amici Umberto Veruda e Carlo Wostry. Nella città tedesca i tre ragazzi triestini rimangono colpiti dalle lezioni sulla ritrattistica di Franz von Lenbach e Franz Leibl, molto abili nella resa psicologica dei volti attraverso un sapiente e calibrato uso del chiaroscuro. Isidoro rimase a Monaco fino al 1886, quando dipinse uno dei suoi capolavori, il Ritratto di Umberto Veruda, dove l’amico viene raffigurato in abiti barocchi. Tornato nella città natale, si dedicò a piccole commissioni prima di raggiungere Roma, dove viveva grazie a uno stipendio offertogli dal barone Giuseppe Morpurgo. Nella capitale incontrò il nobile fiorentino Alessandro Lotteringhi della Stufa, che gli offrì una stanza nel suo palazzo a Firenze. Sulle rive dell’Arno Isidoro realizzò molti ritratti, dieci dei quali furono esposti nel 1889 nella sala del Colosso, dove vennero lodati pubblicamente per “il disegno impeccabile e il pennelleggiare vigoroso”.

Isidoro Grünhut, Ritratto di bambino, 1895, olio su tela, 52x34 cm. Courtesy Civico Museo Revoltella, Trieste

Isidoro Grünhut, Ritratto di bambino, 1895, olio su tela, 52×34 cm. Courtesy Civico Museo Revoltella, Trieste

LA PITTURA SECONDO ISIDORO GRÜNHUT

Nel 1891 lasciò Firenze per raggiungere il fratello Massimo a Mantova per poi ritornare a Trieste, dove prese in affitto una camera per dipingere, ma a causa della sua vita sregolata riuscì soltanto a eseguire una serie di caricature di personaggi illustri della città, oggi conservate nei Civici Musei di storia e arte. Negli anni successivi visse fra Trieste e Firenze, dove nel 1892 sposò Irene Fabbricotti dalla quale ebbe due figlie. Tre anni dopo le nozze il conte Lotteringhi morì e gli eredi requisirono lo studio. Privo di punti di riferimento, Grünhut cominciò una vita di stenti, finché non fu stroncato da un collasso cardiaco, seguito da paralisi, a soli 33 anni. Rimasto a lungo nell’immaginario di Trieste, il talento di Isidoro venne ricordato da alcune mostre all’inizio del Novecento: oggi nella collezione permanente del Museo Revoltella sono conservate tredici opere del pittore, tra dipinti e disegni, a testimonianza della modernità del suo tratto.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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