I dimenticati dell’arte. Bruno Croatto, il pittore triestino del Realismo magico

Da Trieste a Roma, in via Margutta, il suo studio diviene uno dei più frequentati salotti culturali. La storia del pittore che amava Casorati e Ingres

Voglio lavorare con più calma e non affaticarmi troppo. Ma queste sono cose che si dicono, e poi il mio temperamento mi trascina, e so che finirò per lavorare con lo stesso accanimento”. Chi parla è il pittore triestino Bruno Croatto (1875-1948), giunto alla fine di una carriera brillante vissuta tra la città natale e Roma, dove la sua casa-studio è uno dei salotti più ricercati degli anni Trenta, frequentato dal gotha della cultura capitolina. Bruno era figlio dell’industriale Lodovico e Pia Josepha Gaghetta: primo di sei, è l’unico che decide di dedicarsi all’arte.

Bruno Croatto, Autoritratto nello studio
Bruno Croatto, Autoritratto nello studio. Courtesy Archivio fotografico del Museo Revoltella – Galleria d’arte moderna, Trieste

Chi era Bruno Croatto

Contro il volere dei genitori si iscrive alla Imperial Scuola Industriale dello Stato, per poi perfezionarsi all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, dove subisce l’influenza dell’impressionismo francese ma anche della pittura tedesca, ed in particolare di Max Liebermann, Franz von Stuck e Anselm Feuerbach. Colto e sensibile, a diciotto anni presenta i suoi dipinti in uno spazio espositivo privato insieme ai suoi giovani colleghi Arturo Fittke e Achille Tamburlini. Bruno si cimenta soprattutto nei ritratti e nei soggetti sacri, riscuotendo un buon successo di pubblico e di critica, tanto da essere invitato ad esporre alla seconda edizione della Biennale di Venezia nel 1897, dove presenta un unico dipinto, L’Eletta. Nel frattempo, pratica anche la tecnica dell’acquaforte: questo interesse lo porta a trasferirsi ad Orvieto nel 1908 dove conosce il suo futuro maestro Umberto Prencipe. Nella cittadina umbra realizza una serie di vedute di paesaggio ad acquaforte, di notevole intensità. Allo scoppio della Prima guerra mondiale Croatto, per non andare al fronte, si fa ricoverare in manicomio. Dopo un primo matrimonio con Itala Heuberger, nel 1919 Bruno sposa Ester Igea Finzi, proveniente da una famiglia di commercianti ebrei triestini. Igea diventa la sua musa ispiratrice: a lei dedica una serie di ritratti, molto vicini alle opere di Ingres e Alma Tadema. Si interessa anche alla natura morta, dipingendo combinazioni di oggetti molto disparati, con un tratto minuzioso e attento ai minimi dettagli.

Croatto in via Margutta

Negli anni Venti si avvicina alla corrente del Realismo Magico e subisce l’influenza della pittura di Felice Casorati, imbevuta di riferimenti al Rinascimento di Piero della Francesca e Antonello da Messina: il suo stile, sobrio ed elegante, caratterizzato da una dimensione sospesa e atemporale, incontra i gusti della borghesia colta. Nel 1925 Bruno e Igea si trasferiscono a Roma, dove inizialmente affittano uno studio a via Margutta per poi spostarsi in un appartamento in via del Babuino 114, dove Croatto vive e lavora. Ben presto la casa dei coniugi si trasforma presto in un salotto culturale, frequentato da personalità come il critico d’arte Francesco Sapori, il conte Ernesto Vitetti  e il compositore Pietro Mascagni , tutti ritratti da Croatto negli anni Trenta. In quel periodo l’artista “assume i caratteri del “pittore anacronista”, con gli occhi rivolti al passato e alla grande tradizione ma pronto a cogliere nell’attualità del presente ciò che di quel passato veniva rivisitato”, puntualizza Daniela Mugittu, autrice della più completa monografia dedicata a Croatto (Trieste, 2000). Amato e stimato fino alla morte, avvenuta nel 1948, il pittore viene ricordato l’anno successivo da due retrospettive a Roma e a Trieste, dove viene celebrato come il precursore di Pietro Annigoni e Gregorio Sciltian. Alcuni suoi dipinti sono conservati in importanti musei italiani, tra i quali il Museo civico Revoltella di Trieste, la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma e la Galleria d’arte moderna di Milano. 

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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