Fino alla fine del XX secolo essere un’artista donna non è stato facile, soprattutto quando la persona in questione aveva un marito artista, come nel caso di Marisa e Mario Merz. Non è quindi difficile immaginare la situazione della pittrice Tullia Socin (Bolzano, 1907-1995), moglie dello scultore Enrico Carmassi, che ha dovuto faticosamente farsi un piccolo spazio vicino al marito, pur amandolo in maniera devota tutta la vita.

LA STORIA DI TULLIA SOCIN
Dai tratti minuti e dallo sguardo intenso, Tullia era nata a Bolzano dalla famiglia di fabbricanti di strumenti musicali Fidel Socin, che era stata fondata dal nonno paterno, Fedele Socin, che si era fatto ritrarre dal giovane pittore Albert Stolz. La nipote cresce con questo ritratto negli occhi, e forse percepisce in quell’opera la forza dell’arte, alla quale dedicherà la sua esistenza. Completati gli studi nel 1924, Tullia decide di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove frequenta i corsi di Virgilio Guidi e Vincenzo Bellotto, al quale dedica il suo primo ritratto. Guidi è un grande estimatore della giovane allieva, nella quale riconosce “una vera, autentica, acuta tempra d’artista”. Nel corso della sua formazione il rapporto con Guidi è molto forte, ma con alcune differenze, come puntualizza Gabriele Simongini: “Mentre il suo maestro colloca i ritratti di questi anni in una dimensione sospesa che sembra indirizzarsi verso una sorta di germinante geometrizzazione modulare dei volti, la Socin cerca con più evidenza una sia pur misurata introspezione psicologica che non ha alcuna volontà d’astrazione”.
Una volta conseguito il diploma, Tullia allarga i suoi orizzonti artistici con alcuni viaggi in Italia e all’estero: nel 1932 è a Parigi, dove probabilmente guarda le opere di André Derain e dipinge Donna che legge, una delle tele più rilevanti del suo periodo giovanile, dove si percepisce l’interesse per la Nuova Oggettività. Due anni dopo è a Roma nello studio di Giulio Bargellini, dal quale impara la tecnica dell’affresco: una tela come Ragazza in rosso (1935) sembra infatti vicina a un affresco, come ha notato Simongini. Negli Anni Trenta la Socin esegue una serie di opere di grande qualità, come Bagnante (1935) e Lo Scolaro (1936), vicine alle ricerche di due artisti come il bolzanino Albin Egger Lienz ‒ scomparso nel 1926 ‒ ma soprattutto il trentino Gino Pancheri, fautore di un realismo di matrice popolare. Senza dimenticare però il suo interesse per la pittura impressionista francese, rivolto soprattutto verso Renoir e Cézanne e particolarmente evidente in opere come La Bagnante (1934-35) e Grande Natura Morta (1935).

LA CARRIERA DI SOCIN
In questi anni la sua attività espositiva è ricca di occasioni, come le partecipazioni alle mostre sindacali promosse dal Sindacato Fascista di Belle Arti, dove Tullia evita il più possibile di trattare soggetti espressamente politici nei suoi dipinti. Nel 1933 conosce alla Spezia lo scultore Eugenio Carmassi, che sposerà undici anni dopo: nel frattempo dipinge incessantemente fino al 1941, quando a causa del conflitto mondiale sfolla nella casa di famiglia in Val di Non. Dopo il matrimonio, Tullia lascia Bolzano per Torino, dove si trasferisce per seguire il marito. Nella città sabauda si lascia alle spalle la pittura di matrice realista per produrre con il marito sculture e bassorilievi in ceramica a quattro mani. La riscoperta del periodo giovanile di Tullia Socin, che merita di essere rivalutato, è affidata alla fondazione Socin, che promuove l’opera di Tullia Socin e Eugenio Carmassi.
– Ludovico Pratesi