Il futuro è una nuvola. Intervista allo scrittore e pittore Tommaso Pincio

I suoi romanzi e i suoi quadri sono ritratti, la sua idea di domani ha i contorni della fantascienza. Intervista a Tommaso Pincio per Futuro Antico

Non teme la solitudine e vede il domani come una nuvola. Lo scrittore Tommaso Pincio, intervistato per Futuro Antico, subisce il fascino delle idee irrealizzate o irrealizzabili.

Chi è Tommaso Pincio

Scrittore e pittore di ritratti, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato M. (Cronopio 1999), Un amore dell’altro mondo(Einaudi 2002), La ragazza che non era lei (Einaudi 2005), Gli alieni (Fazi 2006), Cinacittà (Einaudi 2008), Lo spazio sfinito (minimum fax 2010), Hotel a zero stelle (Laterza 2011), Pulp Roma (il Saggiatore 2012). Il suo ultimo romanzo è Diario di un’estate marziana (Perrone 2022). Collabora regolarmente alla rivista Rolling Stone, alle pagine culturali delmanifesto, e con il Venerdì di Repubblica. 

Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’ arte?
Il principale riferimento, quasi un faro nella notte, è l’immagine fissa che compare sul mio profilo di Twitter o X o come diavolo si chiama adesso quel social. Mostra una maglietta bianca e lacera con su scritto ‘til death, we do art. Suona in effetti più come un principio, una dichiarazione d’intenti, mi rendo conto. Ma i riferimenti variano nel tempo, a seconda delle età e delle circostanze, e non è detto che siano sempre artistici. 

Tommaso Pincio
Tommaso Pincio

Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?

Da anni penso di inventariare i quadri che appaiono nei film porno, spesso ambientati in salotti o saloni o camere dove, sopra al divano o al letto in cui gli amanti si esibiscono, compare appunto un dipinto o comunque qualcosa di decorativo, fosse soltanto un semplice un poster. L’inventario dovrebbe dare vita a una mostra o un catalogo, una irriverente rivisitazione dell’Atlante Mnemosyne di Aby Warburg, diciamo così. Ho selezionato qualche immagine, ma per ragioni che è facile intuire non sono mai riuscito a lavorarci seriamente. Temo resterà un progetto mancato e con ciò vengo al punto. Non credo che questo ipotetico atlante mi rappresenti in modo particolare, forse non mi rappresenta affatto, se non per il suo probabile destino di incompiutezza. Subisco il fascino delle idee irrealizzate o irrealizzabili. 

Che importanza ha per te il Genius Loci all’interno del tuo lavoro?
Vengo dall’arte e vedo perciò la letteratura come un proseguimento dell’arte con altri mezzi. I miei libri sono, in fin dei conti, ritratti o autoritratti o entrambe le cose, concepiti sempre come installazioni in cui l’individuazione e definizione di un luogo costituiscono un elemento imprescindibile. Forse è perché mi sono diplomato in scenografia all’accademia o perché la mia città, Roma, è un immane teatro di posa a cielo aperto. O magari perché, essendo io stato per anni gallerista, ho allestito decine, se non centinaia di mostre. Anche il mio lavoro artistico, a cui saltuariamente ancora indulgo per diletto, mostra un tratto simile. Malgrado infatti dipinga banalissimi ritratti, ciò cui in effetti tendo non è tanto il singolo quadro in sé ma il contesto e il modo in cui verrà eventualmente collocato insieme ad altri quadri. 

In che modo? 
Spesso l’installazione o la scelta dell’ambiente prevaricano su tutto al punto da complicare la visione dell’insieme. Una di queste installazioni prevedeva che io prendessi in ostaggio l’opera il giorno dell’inaugurazione, con la minaccia di distruggerla gettando i quarantanove ritratti che la componevano in una piscina gonfiabile per bambini piena d’acqua posta al centro della stanza. Ai visitatori chiedevo di darmi qualcosa di impossibile ovvero niente. Un po’ interdetti i presenti hanno potuto così soltanto assistere alla distruzione dei ritratti. In compenso hanno scattato molte fotografie, che è il modo in cui oggi le persone partecipano alle cose ed entrano in contatto col genius loci. Ciò avveniva quattro anni fa in occasione di una biennale d’arte a Prizen e il fatto che ci trovassimo in Kosovo assumeva un’importanza quasi fatale. Quel che voglio dire è che i gesti – e dunque anche le cose e le persone – acquistano senso in virtù del luogo in cui vengono compiuti, come del resto i luoghi ne acquistano proprio perché sono stati teatro di certi gesti.

David Foster Wallace secondo Tommaso Pincio
David Foster Wallace secondo Tommaso Pincio

Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Più che un cuore, ha una luce antica. Quando guardiamo un cielo notturno, in molti casi vediamo brillare stelle in effetti morte da milioni di anni, eppure quella luce sarà ancora lì quando toccherà a noi non esserci più. Ora cos’è quella luce? Passata, presente o futura? O queste tre cose assieme?

Quali consigli daresti ad un giovane che voglia intraprendere la vostra strada?
Non ho consigli da dare ma solo un monito. Non temete la solitudine. Se ne avete paura, è meglio cambiare strada.

In un’epoca definita della post-verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Dipende da cosa si intende per sacro. Se non si è credenti, il sacro è l’irrinunciabile o un confine non valicabile che reclama un rispetto incondizionato. Il sacro diventa allora non soltanto importante ma l’unica alternativa possibile, perché precede la nozione di verità. Quanto ciò sia un bene è ovviamente tutto da vedere. 

Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
Mi tocca tornare ai progetti mancati o che rischiano di restare tali. Da anni penso a un romanzo in cui un’immensa nuvola di origini sconosciute avvolge a un tratto l’intero pianeta. In apparenza, la nuvola non rappresenta un pericolo immediato. Il solo effetto concreto che sembra avere è quello di nascondere per sempre e in modo totale la vista del cielo. Ciò nonostante, la vita sulla Terra cambia perché la presenza inspiegata e costante della nuvola incombe comunque sulle persone come un gigantesco punto interrogativo sospeso sulla loro teste. Direi che il futuro lo immagino così, una grande e misteriosa nuvola.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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