Politica, lotta, rivolta. Intervista al filosofo e politologo Carlo Galli

Mai estraniarsi dalla lotta. Tre idee per il futuro e consigli ai giovani sul loro avvenire. Tradizione e pensiero politico secondo il docente e politologo Carlo Galli intervistato per “Futuro Antico”

Carlo Galli (1950) è stato professore ordinario di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Bologna. Ha scritto su autori e concetti del pensiero politico moderno e contemporaneo. Dirige la rivista “Filosofia politica”. Ha presieduto la classe di Scienze Morali dell’Accademia delle Scienze di Bologna, la Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, e il Consiglio editoriale dell’editrice Il Mulino.  È stato deputato nella XVII legislatura. Fra le sue opere, tradotte in varie lingue: Genealogia della politica (1996); Spazi politici (2001); Contingenza e necessità nella ragione politica moderna(2009); Il disagio della democrazia (2011); Democrazia senza popolo (2017); Marx eretico (2018); Sovranità (2019); Forme della critica (2020); Platone. La necessità della politica (2021). In questa intervista ci racconta il suo rapporto con la politica e la storia.

Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
Il mio lavoro di studioso del pensiero politico è anche un mestiere, con le sue regole, che richiedono una qualche abilità, se non artistica almeno artigianale. Esige competenze storiche, filosofiche, politiche, linguistiche, metodo scientifico ma anche una sorta di immaginazione produttiva. A un certo punto degli studi devi essere capace di “vedere” un contesto, una situazione di civiltà; di entrare in un modo specifico di pensare e di agire, di dare esistenza, capacità d’azione, agli oggetti che stai elaborando. 

Cos’è la politica?
È vita concreta, intensamente vissuta, conflittuale. Lo studioso di politica ha per le mani una materia che deve fare rivivere. Con scienza e con forza espressiva, cercando di portare alla luce le energie epocali che si muovono nelle diverse contingenze storiche. È questo lato esistenziale del pensiero politico ciò che ho indagato, attraverso la storia dei concetti, con radicalità teorica e con scrupolo filologico, intrecciando tradizioni di pensiero diverse: quella dialettica, da Platone a Hegel fino a Adorno; quella realistica, da Machiavelli a Hobbes; quella del pensiero negativo da Nietzsche a Heidegger fino a Schmitt.

Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?

Due lavori mi sono cari particolarmente. Il primo è Genealogia della politica, grosso libro pubblicato nel 1996 e poi riedito alcune volte, nel quale per capire un autore difficile e “maledetto” come Carl Schmitt ho dovuto ricostruire la parabola dell’intero pensiero politico moderno, e la vicenda politica e intellettuale della Germania nella prima metà del XX secolo. Un corpo a corpo con la storia contemporanea e le sue tragedie. 

Il politologo Carlo Galli
Il politologo Carlo Galli

Il secondo?
È la recente curatela della prima edizione italiana integrale di un classico del pensiero moderno, Il diritto di pace e di guerra di Ugo Grozio, giurista olandese del Seicento che passa per essere il padre del diritto internazionale. Un libro celebre, enorme e davvero complicato, in cui precipitano le ragioni e i problemi del suo tempo, e in cui si possono intravedere in forma germinale alcune delle questioni che ancora oggi ci interpellano. Un corpo a corpo con la modernità più inquietante. Ecco: in queste due imprese si è meglio manifestato il mio sforzo di pensare la politica nella sua concretezza epocale ed esistenziale.

Che importanza ha per te il Genius Loci all’interno del tuo lavoro?
Enorme importanza. La politica e il pensiero politico sono radicati in uno spazio e in un tempo. Che è il tempo lungo di un’epoca, e il tempo contratto, sincopato, di un’emergenza conflittuale. Io ho studiato la modernità e le sue interne dinamiche, con pochissime incursioni nel pensiero antico. E quanto allo spazio, non vi è dubbio che la mia ricerca sia tutta europea. Il Genius loci è questa unità plurale, questa entità in sé divisa e combattiva, che è l’Europa. Ciò che accade, accade concretamente, e lo stesso vale per il pensiero, che è sempre pensiero situato. E il pensiero che pensa oggi deve restituire questa concretezza passata.

Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? 
Dal passato non ci si può sottrarre. Le nostre ragioni hanno le proprie radici in un passato che ci è sempre presente. La storia è sempre storia contemporanea, e va conosciuta con cura. E al tempo stesso il passato ci condiziona ma non ci determina totalmente. La storia non è liscia; è fatta di increspature e di fratture, di continuità e di discontinuità. 

Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Ogni generazione vuole trascendere il proprio passato e progettare una speranza, un futuro che non sia un destino ricevuto ma una creazione nuova, in cui riconoscersi. E questa tensione al futuro si manifesta come critica della tradizione, con la quale quindi ci confrontiamo inevitabilmente; senza il passato non avremmo stimoli per un’azione rivolta all’avvenire. La critica e la speranza vanno insieme; il presentismo, l’illusione di vivere in un eterno presente, privi di radici, tarpa le ali al futuro. È conservatore. 

Quali consigli daresti ad un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
Il mio mestiere è stato quello di studioso e di docente. Oggi le condizioni in cui si svolge questo mestiere sono molto mutate da quando l’ho praticato per anni. Oggi la burocratizzazione del sapere spegne la dialettica di continuità e di discontinuità, di cura filologica del passato e di critica rivolta all’avvenire, riducendo lo studioso, privato dell’immaginazione, a un noioso specialista. Un giovane che voglia impegnarsi a far vivere nuovamente ciò che è vissuto nella storia, a fare filologia e critica, e a trasmettere quello che studia con passione e competenza, deve sapere che dovrà lottare duramente. Ma se è motivato davvero, proprio la prospettiva della lotta lo stimolerà a procedere nella sua vocazione

Carlo Galli, Modena. Photo Baracchi e Campanini
Carlo Galli, Modena. Photo Baracchi e Campanini

In un’epoca definita della post-verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Nessuna epoca può fare a meno del sacro, nessuno può vivere senza credere. Tutto dipende da ciò che passa per “sacro”: se serve a trascendere questo mondo, e quindi a criticarlo, o se invece è una forma di adesione acritica a questo mondo. Se insomma il sacro è il divino o se è un idolo. Se sacro è un Dio, un afflato intellettuale o artistico, un impulso di apertura empatica al mondo e agli altri; o se è un assoluto che ribadisce come incontrovertibile qualche mito mondano, qualche interesse particolare che si presenta come universale, qualche forma di potere. 

Spiegaci meglio…
Se è un sacro che libera, almeno potenzialmente, oppure che incatena, nel conformismo o nell’odio, che ribadisce il dominio del presente sul futuro. Declinerei insomma il tema del rapporto fra verità e post-verità come rapporto tra libertà (la verità rende liberi) e assuefazione conformistica (la post-verità è il regno dell’indifferenza, la dimensione ipnotica della passività indotta e accettata, e quindi dell’inazione). Per rimanere all’interno del concetto di “sacro”, in altri tempi si parlava, con queste finalità, del conflitto fra Cristo e Anticristo.

Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
La prima è quella di crisi. Stiamo attraversando una fase di dolorosa e conflittuale riconfigurazione degli ordini politici interni e internazionali. Questa crisi può precipitare in un abisso di violenza e di apatia (i due concetti possono coesistere). E questa è la seconda idea. 

La terza?
È la svolta – un tempo si sarebbe detto “rivolta” -; ovvero una nuova presa di coscienza – mediata in primo luogo dagli intellettuali (se vogliono riprendere un ruolo pubblico) – del diritto e del dovere, di tutti, di vivere una vita degna. Di vivere e non di lasciarsi vivere, di non lasciarsi espropriare della vita. E non basterà la tecnica a questo scopo; sarà ancora una volta indispensabile una convinta e partecipata energia politica.

Marco Bassan

www.spaziotaverna.it 

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Marco Bassan

Marco Bassan

Curatore d’arte contemporanea, fondatore di Spazio Taverna. Ha curato progetti per istituzioni quali il MAECI, Fondazione CDP, CONAI, i Musei Capitolini, il Museo Nazionale Romano, il Parco Archeologico dell’Appia. Nel 2023 ha consegnato la tesi di dottorato presso Roma Tre…

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