Futuro Antico. Intervista a Daniel Libeskind

Il consueto appuntamento con la rubrica curata da Spazio Taverna cede la parola a Daniel Libeskind, architetto fra i più gettonati dell’epoca contemporanea

A lui si devono i progetti per il Museo Ebraico di Berlino e per Ground Zero a New York. Ma come vede il futuro Daniel Libeskind (Łódź, 1946)? Glielo abbiamo chiesto.

Quali sono i tuoi riferimenti nel mondo dell’arte?
Questa è un’ottima domanda. La mia ispirazione è davvero come una sezione trasversale del tempo che attraversa tutte le epoche. Mi ispiro all’arte micenea cosi come sono di ispirazione tutti gli -ismi dell’arte contemporanea come il Cubismo, il Suprematismo, per non parlare degli artisti barocchi, o dei teorici come Leon Battista Alberti.
Non si tratta davvero di cronologia, ma solo di simultaneità di idee che sono presenti nell’arte visiva. Quando progetto qualcosa allo stesso tempo mi viene in mente cosa farebbe un greco e contemporaneamente cosa farebbe Borromini, o cosa direbbe Guarini sulla geometria.

Qual è l’opera che ti rappresenta maggiormente? E qual è la sua genesi?
Ho due progetti che mi rappresentano di più: il primo progetto che ho realizzato che è il Museo Ebraico di Berlino, e l’ultimo progetto, che non è finito, che è Ground Zero a New York.
Questi progetti rappresentano come una sorta di parentesi fino a ora: l’inizio non può essere cambiato ma la fine deve ancora arrivare perché Ground Zero non è completato.
Il Museo Ebraico di Berlino ha a che fare con la mia esperienza, che non ho ricercato in biblioteche o archivi, ma faceva parte del mio background immediato, essendo nato da un sopravvissuto all’Olocausto e vivendo il comunismo in Polonia. E, naturalmente, quel progetto si occupava di come affrontare questo passato. Il museo riguarda il vuoto nel centro di Berlino, che incombe sulla città a causa dello sterminio dei suoi ebrei, non solo a Berlino e in Germania, ma in tutta Europa.

E per quanto riguarda Ground Zero?
Ovviamente anche con Ground Zero ha affrontato un trauma. Un attacco terroristico che è stato davvero il primo attacco sul suolo americano in assoluto. Come si risponde a questo in termini di pianificazione urbana, come creare qualcosa che abbia la memoria di quel giorno che ha definitivamente cambiato il mondo, ma anche come andare avanti con la pianificazione e come creare un masterplan che può davvero dare ispirazione e un futuro per la grande città di New York? Il trauma non è qualcosa che puoi curare, il trauma sarà sempre lì.
È come affrontare il trauma con una certa risolutezza e un senso di coscienza che possono darci l’idea di un futuro diverso dal semplice essere perseguitati dai fantasmi del passato.
Come dice la mia scrittrice preferita, Emily Dickinson: dobbiamo colmare una lacuna inserendo la cosa che l’ha causata. Non puoi semplicemente bloccare il trauma, ma puoi affrontarlo in modo che le persone possano capire dove si trovano, perché sono lì, e come creare un futuro migliore per se stessi e per la società.

Daniel Libeskind © Stefan Ruiz

Daniel Libeskind © Stefan Ruiz

IL FUTURO SECONDO DANIEL LIBESKIND

Che importanza ha per te il Genius loci?
Oggi, con la nostra tecnologia moderna, le persone pensano che il Genius loci sia solo lo schermo del loro telefono o il tablet ovunque essi si trovino. Ma per me il Genius loci è in realtà la connessione cosmica (non nel senso astrologico di superstizione), il fatto che ogni piccolo luogo di questo mondo è unico nel suo posto e nella sua condizione.
Quindi non c’è modo di sfuggire al Genius loci. Siamo dove siamo e questo è sempre il centro.

Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Tutti i nichilisti, a partire da Nietzsche fino ai più contemporanei passando per Heidegger, hanno suggerito che dovremmo abbandonare il passato, sbarazzarci del passato in modo da poter fare quello che vogliamo. Ora che dio è morto, siamo liberi di fare tutto ciò che vogliamo nel mondo.
Io non credo a questo perché in realtà fa tutto parte di un processo di memoria. Ricordiamo, e ricordando abbiamo il senso della strada, anche se non sappiamo dove punta, è proprio il collegamento tra passato e presente che crea un futuro.
E penso che, senza il passato, saremmo più simili ai malati di Alzheimer che possono parlare, vedere, discutere, possono mangiare, ma non hanno idea di chi siano e dove stanno andando.

Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
Prima di tutto direi che mi disconnetterei da tutti i social media, li reputo in gran parte strumenti manipolatori di propaganda di un’ideologia e di un’altra.
Questa scelta sarebbe una rapida via d’uscita da quel mondo che intrappola le persone in bolle di miseria. Questa connessione rappresenta un’enorme minaccia contro la creatività.
La seconda cosa che suggerirei di fare è provare a pensare in modo indipendente, pensare in base alla propria esperienza, non in base all’esperienza di qualcun altro. La nostra esperienza può sembrare molto limitata ma è unica, e può davvero portare a capire qualcosa che non è presente in nessuno dei media in circolazione oggi.
Il mio terzo consiglio sarebbe di guardare in alto, guardare fuori, guardare altrove rispetto al solo guardare il suolo o il tablet o il telefono e alzare lo sguardo e vedere che c’è meraviglia intorno a noi. Viviamo in un mondo di meraviglie, in un fantastico wonderland, e non dovremmo perderlo perché abbiamo un tempo limitato per capire la connessione a questa meraviglia.

Daniel Libeskind © Stefan Ruiz

Daniel Libeskind © Stefan Ruiz

IL SACRO E L’INFORMAZIONE VISTI DA LIBESKIND

In un’epoca definita della post-verità, ha ancora una forza il concetto di sacro?
Molte volte nella storia le persone hanno cercato di vivere senza lo spirituale, ma sappiamo che noi stessi non siamo solo corpi fisici ed entità senza significato create dal caos.
C’è un significato a cui non possiamo sottrarci. Quindi non c’è scampo dal sacro.
Il segreto è quella meraviglia. E il sacro, anche se non lo riconosciamo, non smette di legarci a sé.

Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
Il primo consiglio è di non fare così tanto affidamento sulle informazioni. L’informazione è l’esatto opposto del significato. Nella teoria cibernetica, più informazioni hai, meno significato hai. Quindi puoi sapere tutto su ciò che sta accadendo oggi da qualche parte nel mondo, ma non abbiamo assolutamente alcuna informazione sulla nascita o sulla morte. Non abbiamo informazioni sull’amore. Non abbiamo informazioni su queste cose che tuttavia sono strutture esistenziali della nostra vita. Quindi penso che cercare di sbarazzarsi della dipendenza dalle informazioni sarebbe davvero un grande passo.
Penso che il secondo sia quello di affermare la solidarietà con l’umanità. Nonostante le ovvie divisioni di razza, genere, religione, ideologia, siamo più o meno tutti uguali. Veniamo dallo stesso viaggio e ci rendiamo conto che potremmo davvero distruggere alcuni falsi confini che ci circondano spesso da millenni.

E il terzo consiglio?
Usare la propria immaginazione. L’immaginazione è molto più importante della conoscenza.
Immagina l’anima anche se non ne hai una. Cosa saresti se avessi un’anima? Immagina quale sarebbe la conseguenza se tu non fossi mortale, ma la tua anima fosse effettivamente immortale. Quali conseguenze ci sarebbero per te dopo la tua morte, quale sarebbe il tuo giudizio post mortem? Quindi sì, puoi immaginare molte cose e questo potrebbe aiutarci a uscire dai confini del pensiero che sono stati tracciati dalla tecnologia.

Marco Bassan

https://libeskind.com
www.spaziotaverna.it

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Marco Bassan

Marco Bassan

Curatore d’arte contemporanea, fondatore di Spazio Taverna. Ha curato progetti per istituzioni quali il MAECI, Fondazione CDP, CONAI, i Musei Capitolini, il Museo Nazionale Romano, il Parco Archeologico dell’Appia. Nel 2023 ha consegnato la tesi di dottorato presso Roma Tre…

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