Futuro Antico. Intervista alla scrittrice Chiara Valerio

La scrittrice ed editrice Chiara Valerio, che ha da poco pubblicato il romanzo “Così per sempre” per Einaudi, riflette sul futuro nella rubrica curata da Spazio Taverna

Chiara Valerio è nata a Scauri nel 1978. Tra le sue pubblicazioni: A complicare le cose (Robin, 2003), La gioia piccola d’esser quasi salvi (nottetempo, 2009), Spiaggia libera tutti (Laterza, 2012). Per nottetempo ha tradotto e curato Flush (2012), Freshwater (2013), Tra un atto e l’altro (2015) di Virginia Woolf e Ti basta l’Atlantico? Lettere 1906-1931 (2021), carteggio tra Virginia Woolf e Lytton Strachey (tradotto con A. Giammei). Per Einaudi ha pubblicato Almanacco del giorno prima (2014), Storia umana della matematica (2016 e 2022), Il cuore non si vede (2019), La matematica è politica (2020), Nessuna scuola mi consola (2021) e Così per sempre (2022). È responsabile della narrativa italiana della casa editrice Marsilio e lavora a Rai Radio3. Collabora con la Repubblica, L’Espresso e Vanity Fair. Ha studiato e insegnato matematica per molti anni e ha un dottorato di ricerca in calcolo delle probabilità.

Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
L’architettura greca e romana, ancora prima della statuaria. Quell’idea che tutto vada costruito per accogliere i corpi. In vita e morte. Generazioni di corpi. La proporzione insieme a un senso di sbruffonaggine. La quotidianità o l’abitudine alla rappresentazione. L’architettura, in generale. Paula Rego, ho visto i suoi lavori a Londra nella mia prima adolescenza, sono rimasta turbata. In particolare, Crivelli’s Garden, le figure che parlottano in primo piano a colori, il bambino che regge un animale – un cane? un agnello? – la fantasia architettonica bianca e blu a fianco come un festone di persone. I festoni di persone. Corot, che ha tolto ai paesaggi di El Bosco le farneticazioni, ma che continua a rimandarmele ogni volta, nei declivi, nei mulini, e nei volti.

Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
È l’ultimo romanzo che ho pubblicato, Così per sempre. Perché in qualche modo i miei libri sono la continuazione uno dell’altro. Perché includono i precedenti e talvolta li contraddicono. Così per sempre è una autobiografia in forma di vampiro. Tiene conto della mia vita divisa tra Roma e Venezia. Serba la memoria delle mie letture e dei miei studi. È un testimone affidabile di quanto io tenda al situazionismo e forse al cos-play. Mi dice che la temperatura della mia curiosità è ancora buona, nonostante io sia invecchiata – ma d’altronde l’alternativa è peggio. Contiene gli scherzi che faccio continuamente ai miei cari amici, ed è come al solito uno scanzonato libro di morte. Racconta che ho amato e sono stata amata, che ho tradito e sono stata tradita, che persone che ho amato sono morte e il mio amore non ha impedito che morissero. Scrivere una autobiografia attraverso ciò che si è studiato e frainteso o capito, poco importa, e sottolineare attraverso la figura di Dracula – Giacomo come Leopardi, e Koch come Ludovica Koch, una delle mie saggiste preferite dalla fine del liceo – quanto ogni autobiografia sia in sé fantastica, mi ha divertito. Solo che ho cominciato a pensarci più di venti anni fa e l’ho scritta solo lo scorso anno.

Che importanza ha per te il Genius Loci all’interno del tuo lavoro?
Scrivere e leggere sono attività che abituano il corpo a decidere, volta per volta, il dove e il quando. Dunque, due tre delle attività che svolgo per la maggior parte del tempo hanno a che fare con un esercizio al riconoscimento del Genius Loci e alle sue regole o intenzioni. La terza attività che svolgo con frequenza e dedizione è camminare, e quest’ultima mi consente di familiarizzare col Genius Loci.

Chiara Valerio. Photo Laura Sciacovelli

Chiara Valerio. Photo Laura Sciacovelli

PASSATO E FUTURO SECONDO CHIARA VALERIO

Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Nel nostro cervello il luogo deputato alla memoria del passato è lo stesso luogo deputato all’immaginazione del futuro. Parlare di passato e futuro in maniera distinta, antitetica è una cosa che non mi ha mai convinto. Nemmeno da bambina. Anzi da bambina non mi convinceva affatto, ma i bambini sono più spericolati. Mio padre mi mostrava la freccia del tempo e io obiettavo che se l’avessi disegnata in altro modo avrei dovuto dire che il passato stava lì e il futuro lì. È lo zero, chiedevo a papà, che stabilisce dove comincia il passato e dove il futuro? Poiché la risposta è non banale, ma possiamo approssimarla a un sì e aggiungere che l’inizio è sempre un artificio, è lecito osservare che ognuno decide a che punto finisce il passato e comincia il futuro. Stiamo lì, galleggiamo. L’eternità inoltre, come ha osservato Simone Weil, è nel passato. Da editrice so, giorno per giorno, che esiste solo la tradizione del futuro, questo è il lavoro. E da lettrice so che la cronologia dipende da quale libro hai letto prima. Per me, per esempio, Tasso viene dopo Ursula LeGuin. Non posso farci niente. Ho letto prima Ursula K. LeGuin, e così quando poi ho letto Tasso mi sono detta: “Vedi, proprio come ha scritto LeGuin”. Vorrei dire che scegliamo che le cose abbiano una genealogia in ascendenza o in discendenza. Il passato e il futuro sono una scelta, una responsabilità, un sentimento.

Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
Io cerco di non dare mai consigli. Ci riesco quasi sempre. Non credo di aver mai dato un consiglio per iscritto. Mi capita di darne di editoriali, sui libri, ma è un mestiere. Non è un’intenzione. Cerco, per vero, di evitare di darli anche a me stessa. Ci riesco quasi sempre.

In un’epoca definita della post verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Sempre di più. Il sentimento del sacro è carsico quando le verità sono certe, immutabili. Quando l’orizzonte è nitido. Non credo esistano verità certe o orizzonti nitidi, ma, indipendentemente da ciò che penso io, posso riconoscere brevi periodi storici in cui tutto poteva sembrare più chiaro. Il sacro è quel sentimento che ti fa credere che, nonostante l’incomprensibilità del mondo, il mondo possa essere rappresentato, attraverso gli alfabeti che abbiamo a disposizione, le parole, i gesti, i simboli, le immagini.

Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
Intanto lo immagino. Io penso che un futuro lo avremo perché come forse si intuisce dalla risposta precedente il mio sentimento del sacro coincide con – ed è incarnato ne – gli esseri umani. La conoscenza, unico strumento per valorizzare la risorsa naturale che siamo. La tecnologia, principale possibilità di abbassamento dei consumi energetici. La natura perché ci ricordi che non siamo l’apice della catena alimentare, ma un anello, come tutti gli altri viventi.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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