Futuro Antico. Intervista a Tomás Saraceno

Recuperare il rapporto con le altre specie, in una prospettiva che non ponga l’essere umano per forza al centro. Questo è l’invito del grande artista Tomás Saraceno per affrontare il futuro

Tomás Saraceno (1973) è un artista, architetto e performer argentino.
Dopo aver trascorso i primi anni della sua infanzia in Italia, torna in Argentina dove intraprende gli studi di architettura e arte. Nel 2001 si iscrive alla Städelshule di Francoforte, diretta all’epoca da Daniel Birnbaum (curatore della 53esima Biennale di Venezia) poi nel 2003 allo IUAV di Venezia. Nel giro di pochi anni diventa uno degli artisti più richiesti nelle manifestazioni d’arte contemporanea di tutto il mondo, partecipando con le sue installazioni alle Biennali di Venezia (2001, 2003, 2009, 2019, 2021) e alla Biennale di San Paolo del 2006. Profondamente influenzata dall’architettura utopica degli Anni Sessanta, l’opera di Saraceno ruota attorno alla ricerca di soluzioni tecniche, visive e progettuali per la creazione di strutture sospese e fluttuanti in grado di rendere possibili modalità di vita a basso impatto ambientale e ad alto potenziale di mobilità e interazione sociale.

Tomas Saraceno. Photo Dario Laganà

Tomas Saraceno. Photo Dario Laganà

INTERVISTA A TOMÁS SARACENO

Quali sono i tuoi riferimenti ispiratori nell’arte?
La mia mente corre subito a un libro di un filosofo della scienza con cui ho collaborato più volte nel corso degli anni, Vinciane Despret. Il libro si intitola What Would Animals Say If We Asked the Right Questions? In tutto il mio lavoro con e per i ragni e le ragnatele, è probabilmente la mia più grande ispirazione. I ragni sono artisti straordinari. Se solo gli umani del Capitalocene dessero loro una possibilità.
Tornando alla visione di Vinciane, quello che mi interessa di più è capire chi è autorizzato o permette a sé stesso di definirsi artista e cosa l’umanità considera arte. Fondamentale per l’opera d’arte è la questione del soggetto e di come questo possa essere definito. Inevitabilmente questo implica un artista e il suo pubblico. Il modernismo è iniziato con una rottura con l’astrazione che ha ridefinito il tessuto stesso dell’arte, e ora in tempi più globalizzati, sull’orlo della catastrofe ambientale, le stesse domande sono tornate in formulazioni drammaticamente diverse.

Ci fai qualche esempio?
Nel 1992 è stato realizzato un dipinto astratto, in stile Pollock, dalla coda di un cavallo ‒ questo era considerato pittura; ma in questa era antropocentrica, crediamo che l’arte possa essere fatta solo da esseri umani, o che l’agente umano debba originare l’opera d’arte. Invece l’opera d’arte non potrebbe essere il risultato di collaborazioni con altre specie? Potrebbe l’opera d’arte essere l’opera stessa di quella specie non umana? Perché presupponiamo “arte” come categoria umana, al di là della sua esistenza retorica nel linguaggio in quanto tale?
Ciò che è cruciale è decentralizzare l’umano, ripensare collettivamente questo rapporto con ciò che ci circonda. Alcune culture, come gli indovini dei ragni in Camerun, lo hanno fatto per migliaia di anni. Ora è tempo che gli umani del Capitalocene si mettano al passo.

Tomás Saraceno, Palazzo Strozzi, Courtyard installation ® Ela Bialkowska, OKNO Studio

Tomás Saraceno, Palazzo Strozzi, Courtyard installation ® Ela Bialkowska, OKNO Studio

Quale lavoro ti rappresenta di più? Puoi raccontarne la genesi?
Direi le ragnatele. Tuttavia questa risposta ci impone di chiederci come classifichiamo, dalla nostra prospettiva occidentale, il lavoro di un essere animato o inanimato.
In molte culture non esiste tale distinzione, non è chiaro cosa sia vivo e cosa no. Montagne e fiumi, per esempio, possono avere uno spirito; e in Giappone anche i fantasmi possono essere riconosciuti come agenti del mondo.
Mi interessano molto le ragnatele ibride realizzate da più ragni contemporaneamente, perché rappresentano in qualche modo una cooperazione sociale involontaria da parte di esseri animati che creano arte senza averne la consapevolezza.

Quanto è importante il genius loci nel tuo lavoro?
Sono curioso di sapere quale potrebbe essere il genius loci per un particolare ragno con cui collaboro. Ad esempio il Parawixia Bistriata, un ragno semi-sociale molto flessibile e in grado di tessere ragnatele in una miriade di condizioni. Per dirla in un modo diverso, se fossi un pittore mi troverei a mio agio con una tela quadrata, mentre alcuni pittori si trovano a proprio agio solo con tele rotonde o con tele tridimensionali. Questo ragno, invece, ha un rapporto speciale con l’ambiente circostante che lo rende capace di tessere ragnatele in qualsiasi contesto, indipendentemente dalla geometria, sia che quella geometria sia l’angolo di una casa o una geometria irregolare come quella di una foglia di rosmarino.

Tomás Saraceno, Solitary semi-social mapping of HS 1700+6416, 2016. Thyssen-Bornemisza Art Contemporary Collection. Photo courtesy l’artista & Tanya Bonakdar Gallery, New York-Los Angeles

Tomás Saraceno, Solitary semi-social mapping of HS 1700+6416, 2016. Thyssen-Bornemisza Art Contemporary Collection. Photo courtesy l’artista & Tanya Bonakdar Gallery, New York-Los Angeles

PASSATO E FUTURO SECONDO TOMÁS SARACENO

Quanto è importante il passato per immaginare il futuro?
Bellissimo! Assolutamente importante. Culture diverse hanno relazioni diverse con i ragni. Non separano così chiaramente il passato, il presente e il futuro e vivono in un continuum temporale più fluido. Ad esempio, in Camerun usano ragni e ragnatele come divinazione per il futuro, creando carte che servono per consultare i bisogni e le decisioni del villaggio.
Nel mondo occidentale bianco e patriarcale, i ragni sono così spesso demonizzati: ne siamo spaventati. In Italia la presenza dei ragni è segno di una casa sporca e trascurata, mentre in alcuni Paesi africani è stata notata una correlazione tra diminuzione della malaria e presenza di ragnatele naturali all’interno degli habitat umani. E non sto parlando delle reti artificiali progettate da Melinda e Bill Gates per debellare la malaria! Forse dovremmo cominciare a pensare a come ristabilire un rapporto tra la nostra società patriarcale, capitalocentrica e queste specie. È tanto più critico farlo quando ci rendiamo conto che i ragni sono qui da 18 milioni di anni mentre l’umanità è qui solo da 300mila anni, nemmeno un terzo di milione.

Quale consiglio daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua strada?
La mia speranza è di rimanere giovane per tutta la vita! Potrebbe esserci qualcosa di più in questo pensiero oltre alla paura di diventare mortali. Se sei giovane e insicuro, la tua giovinezza è il momento di impegnarti e indagare su te stesso, per mantenersi curiosi e assetati di conoscenza e di nuovi contesti. Sei molto meno sicuro di quello che dici e di quello che pensi. Sei aperto al cambiamento. Questo è ciò che vorrei mantenere nella mia vita.
L’unico consiglio che posso veramente dare è di essere infinitamente curioso, instancabilmente.

Tomas Saraceno, Maison Ruinart, Areocene, 2021, photo Dario Laganà

Tomas Saraceno, Maison Ruinart, Areocene, 2021, photo Dario Laganà

In un’epoca definita come post verità, il concetto di sacro ha ancora importanza e forza?
Come abbiamo visto con i ragni, dobbiamo riconquistare il conforto di sapere che non sappiamo, che non possiamo essere certi. E penso che le culture del Capitalocene oggi si sentano a loro agio nell’ignorare gli aspetti rituali e sacri della nostra specie. Alla fine questo potrebbe portare a un collasso.

Come immagini il futuro? Potresti darci tre idee che secondo te guideremo nei prossimi anni?
Non mi è mai piaciuto pensare al futuro come a un singolo evento, il futuro è una molteplicità di mondi che si stanno sempre già svolgendo in tempo reale. Penso che in futuro pratiche come la meditazione si riveleranno utili per affrontare le sfide che ci attendono. Più che agire sul cambiamento climatico, il mio consiglio è di agire su te stesso.

Marco Bassan

https://studiotomassaraceno.org/
https://www.spaziotaverna.it/

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Marco Bassan

Marco Bassan

Curatore d’arte contemporanea, fondatore di Spazio Taverna. Ha curato progetti per istituzioni quali il MAECI, Fondazione CDP, CONAI, i Musei Capitolini, il Museo Nazionale Romano, il Parco Archeologico dell’Appia. Nel 2023 ha consegnato la tesi di dottorato presso Roma Tre…

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