Futuro Antico. Intervista alla collezionista Gemma De Angelis Testa

Dal rapporto con Armando Testa alla cospicua donazione di opere ai Musei Civici di Venezia, la collezionista Gemma De Angelis Testa vede il futuro come uno stimolo

Gemma De Angelis Testa, moglie del pubblicitario Armando Testa e collezionista, è presidente e fondatrice dell’Associazione Acacia. Di recente ha donato ai Musei Civici di Venezia 105 opere della sua collezione di arte contemporanea. Abbiamo discusso con lei di collezionismo e prospettive sul domani.

Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
Vivere nell’arte significa vivere continuamente di ispirazioni. I miei primi riferimenti risalgono all’adolescenza, quando mi immergevo nei cataloghi d’arte che avevo in casa, perdendomi estasiata tra le immagini delle opere di Van Gogh, Modigliani e Morandi.
Armando Testa è stato il mio secondo riferimento, secondo solo per tempo, ma non per importanza. Con lui ho capito realmente che, nel lavoro svolto, “La sintesi è meravigliosa”, ma non vale in amore. Nei dodici anni in cui ho diretto la casa di produzione Arno Film, il confronto creativo era quotidiano, lui era di ispirazione a me come io lo ero per lui, anche per alcune campagne pubblicitarie.

Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
La fondazione dell’Associazione Acacia rappresenta uno dei miei progetti più ambiziosi.
La sua genesi risale al 2003, quando su mia iniziativa decisi di fondare con altri collezionisti un’associazione volta a valorizzare l’arte contemporanea italiana e a promuovere la costituzione di un museo pubblico per la città di Milano.
Mi piace definire il nostro modus operandi con l’espressione “mecenatismo collettivo”.
Questo significa condividere le proprie risorse a favore della comunità, assumendosi la responsabilità di una coscienza pubblica e lavorando per conservare, tutelare e valorizzare l’arte contemporanea.

Gemma De Angelis Testa nella sua abitazione, alle spalle due opere di Anselm Kiefer, Photo credit Fabio Mantegna

Gemma De Angelis Testa nella sua abitazione, alle spalle due opere di Anselm Kiefer, Photo credit Fabio Mantegna

Da cosa deriva il nome dell’associazione?
Il nome dell’associazione riflette quello dell’albero robusto, resiliente, capace di resistere alle intemperie, e queste caratteristiche rispecchiano in pieno l’animo della nostra associazione.
La nostra mission trova massima espressione con l’assegnazione del Premio Acacia, conferito annualmente ad artisti italiani come riconoscimento del loro lavoro.
Attraverso i vari premi, l’Associazione ha costruito una sua collezione, tuttora in progress, composta da 37 opere di 25 artisti italiani di fama internazionale.
Dal 2015 si è raggiunto un traguardo importante: la collezione Acacia è stata donata al Museo del Novecento di Milano, attestando così la sinergia tra pubblico e privato.
Tra le iniziative più significative realizzate con Acacia si ricorda anche la mostra INVITO, un progetto che, in concomitanza della fiera miart, offre a curatori e collezionisti internazionali la possibilità di visitare mostre di giovani artisti all’interno di atelier, uffici o residenze private.

Quale importanza ha per te il Genius Loci all’interno del tuo lavoro?
Nella mia vita lo spazio domestico ha sempre avuto un ruolo fondamentale. La mia casa porta con sé tantissimi ricordi ed è testimone di molte storie. È sempre stata evocativa per me, sia da un punto vista personale che lavorativo. È mia abitudine girare per casa come se fossi all’interno di un museo. Mi piace vagare per le stanze e, in base al mio umore, osservare i miei quadri. L’arte mi ha donato e continua a donarmi tante emozioni. Non credo che la felicità possa essere misurata a lungo termine, (in quanto si tratta di attimi della nostra vita che vanno colti singolarmente), ma, se la dovessi misurare, credo che il mio indice di felicità sarebbe rappresentato dai lavori di cui mi circondo quotidianamente.

Vista del palazzo di Cà Pesaro dal Canal Grande

Ca’ Pesaro, Venezia

PASSATO E FUTURO SECONDO GEMMA DE ANGELIS TESTA

Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Assolutamente sì, è indispensabile. Sui temi di passato e futuro mi torna in mente la mostra curata da Germano Celant nel 1997 per la 47esima Biennale di Venezia, dal titolo Futuro, Presente, Passato, nella quale dialogavano tre generazioni differenti di artisti, dal 1967 al 1997. Conoscere il passato è fondamentale per proiettarsi lontano, in quanto senza storia non c’è futuro. Trovo che oggi artisti come Ai Weiwei siano una grande testimonianza per questo, in quanto ricoprono i loro lavori di un’aura di antichità. Alla base non c’è solo studio e ricerca del passato, ma anche il prendere atto e consapevolezza del peso che ha la storia su di noi.

Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
I consigli che mi sento di dare a un giovane sono di investire molto del suo tempo libero in arte. Infatti leggere, viaggiare, visitare musei, mostre, fiere, dialogare con i galleristi e con gli artisti (quando possibile) sono ottime basi che possono fornire strumenti di connessione per il futuro.

In un’epoca definita della post verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Credo che al giorno d’oggi il concetto di sacralità sia soggettivo e che quindi cambi da persona a persona. Ciò che reputo sacro io, può non esserlo per qualcun altro, ma sicuramente si tratta di un tema vivo e contemporaneo e che dunque ha ancora molta importanza, SOPRATTUTTO nell’epoca che definiamo della post verità.
È proprio per questa ragione, proprio perché oggi viviamo un periodo storico in cui si pensa di aver scoperto già tutto e di aver superato anche la verità stessa, che ci sarebbe bisogno di riscoprirla, e quindi di rivisitare anche il concetto di sacro. Nel mio ambito, il sacro è sempre stato un concetto fondamentale. Per me tutta l’arte è sacra, non solo quella antica.
L’arte è un concetto di fede.

Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
Sono affascinata dagli sviluppi del futuro. Sono molto incuriosita da quelli che potrebbero essere i progressi di domani. La scienza, per esempio, mi affascina e scoprire quali saranno le varie evoluzioni e involuzioni nell’era post pandemica mi incuriosisce molto. Tendenzialmente vedo il futuro come uno stimolo. Osservando le nuove generazioni, noto che i giovani d’oggi hanno nuovi valori, diversi rispetto a quelli di una volta. Hanno un forte senso di libertà, simile a quello della generazione del ‘68. Sono mossi da ideali comuni.
Rispetto al ’68 sono cambiati i temi sociali, ma mi sembra che lo spirito sia lo stesso. Cambiano i tempi e naturalmente cambiano anche le esigenze, ma credo che l’essere accomunati da un principio o da un valore porterà sicuramente a qualcosa di buono.
Noto con piacere, per esempio, una particolare attenzione da parte loro verso le tematiche ambientali ed ecologiche, tutto questo offre molta speranza per il futuro. In ambito artistico, invece, credo che in futuro bisognerà puntare ad ampliare il dialogo culturale tra pubblico e privato. Il mio ultimo contributo in merito è stato quello di donare gran parte della mia collezione d’arte contemporanea al Comune di Venezia, che fino al prossimo 17 settembre sarà visibile presso la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro.
Spero che, da una parte, sempre più collezionisti sposeranno questa visione, rendendo fruibili le loro collezioni e in generale le loro opere a un pubblico più vasto, e, dall’altra, che le istituzioni garantiranno ai collezionisti sempre più spazi museali e luoghi dove poter esporre i loro lavori.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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