Street art in salsa catanese. Intervista con Ligama

34enne catanese, Ligama è un pittore murale di grande talento. Le sue opere si trovano ovviamente in Sicilia, ma anche in altre parti d'Italia e fino in Russia. Con lui abbiamo parlato d'arte, di Coronavirus, di ispirazione e pure di street art.

Cosa ti spinge oggi a lavorare per strada, sui muri?
Non penso ci sia una ragione particolare, di sicuro un impulso, un istinto, qualcosa che comunque non ha a che fare con la razionalità. So benissimo che una delle ragioni che mi ha spinto a cambiare il mio piano pittorico è stata la noia; cioè, durante un periodo particolare della mia vita, la tela sembrava non bastare più, sono stato attratto dallo spazio, dalle architetture e dal paesaggio. Mentre provavo a interagire con essi nascevano relazioni con i luoghi e con le persone.  E questa è stata di sicuro la scintilla.

Dove lavori? In che città prevalentemente?
Ho vissuto per più di dieci anni a Catania, dai tempi dell’Accademia, dove nel 2017 assieme a due cari amici artisti, Gue e Gabel, ho aperto uno studio nello storico quartiere di San Berillo, perché è un incredibile esempio di melting pot, un miscuglio di etnie e classi sociali, un crocevia di diversità. Quindi direi che Catania è il centro gravitazionale ma, per ovvie ragioni legate al mio lavoro, sono prevalentemente nomade.

Cosa cambierà nelle street art a tuo avviso dopo questa pandemia?
Spero solo che non si concluda tutto in slogan di stampo pubblicitario e in classiche e facili commemorazioni che a mio avviso minano sistematicamente il livello intellettuale dell’arte urbana, affievolendo anche quelle occasioni in cui magari ce ne sarebbe bisogno. La pandemia ha di sicuro messo alla prova ciascuno di noi, ma penso che gli artisti siano abituati a fare i conti con la solitudine, con la riflessione e la chiusura; un periodo di semina è la conditio sine qua non per fare questo lavoro dignitosamente. Ma questo periodo difficile credo abbia colpito anche i più distratti; io per esempio ho capito quanto sia importante il tempo. Oltre che la vita ovviamente.

Ligama, Origine, Rocchetta a Volturno, 2019

Ligama, Origine, Rocchetta a Volturno, 2019

Cosa ha significato per te questo periodo di stop?
Ogni anno è necessario un periodo di stop. Devo dire che in Sicilia la pandemia è stata sì vissuta con paura, ma anche con una certa distanza, per ovvie ragioni geografiche. Non mi sento di fare riferimenti a questo periodo parlando di isolamento, lockdown, flash mob sul balcone e degli innumerevoli modi per far passare il tempo. Sono morte migliaia di persone e chi ha avuto la fortuna di esserne stato lontano, che si annoi pure!

Come scegli cosa scrivere e rappresentare?
Non credo molto nell’ispirazione ma nella distrazione; l’attitudine all’arte sta nel vedere le cose in modo diverso; ogni cosa può in realtà essere altre cento. Non penso si scelga un modo per rappresentare, piuttosto un comportamento, un’abitudine e anche una certa disciplina nel pensare alle cose in maniera diversa. Comunque soprattutto nella realizzazione di opere murali, mi ispiro molto alle storie dei luoghi a cui essi apparterranno, perché penso sia quasi doveroso creare relazioni e identità attraverso la pittura.

Che tecniche utilizzi?
Uso prevalentemente la pittura a quarzo e a volte lo spray.

Perché ti sei avvicinato alla street art? Che ricordo ne hai?
Perché ho trovato molto più interessante uscire dallo studio e anche per una serie di coincidenze e segnali che più o meno cinque anni fa convergevano tutte sui muri.

Liberami e proteggimi, Calascibetta (En), 2020

Liberami e proteggimi, Calascibetta (En), 2020

La tua definizione di street art.
La street art per me è quella cosa che sta nel mezzo tra i graffiti e l’arte pubblica. Io preferisco parlare di pittura e di arte; che si trovi per strada è un fattore importante ma non oltre la pittura stessa. Odio la settorializzazione dell’arte anche se capisco che è fondamentale in termini didattici, ma quando si usa in maniera inflazionante, nascono gli -ismi e le mode. La street art è un fatto storico che ha avuto un inizio e avrà una fine; i graffiti sono la più grande rivoluzione artistica degli ultimi quarant’anni; sono puro gesto e istinto, per questo penso avranno vita assai più lunga. Poi c’è l’arte pubblica che ha tra le sue peculiarità quella di interagire con lo spazio e questo lo trovo molto interessante.

In che direzione sta andando la tua ricerca?
L’equilibrio. Questo è il punto centrale della mia ricerca. Equilibrio tra le forme, tra il messaggio e l’esecuzione, tra lo spazio e la pittura, tra l’astratto e il concreto. È cosi sin dall’inizio e penso ancora di non aver cambiato rotta. Mio malgrado pianifico il futuro prossimo per ovvie ragioni organizzative, ma cerco di non fare progetti per il futuro. Non ne sono ancora capace.

– Alessia Tommasini

www.ligama.it

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Alessia Tommasini

Alessia Tommasini

Sono veneta di nascita, ho abitato per anni a Roma e ora a Firenze. Mi sono laureata in Filosofia a Padova e subito ho cominciato a muovere le mie prime esperienze nel campo della creatività e dell'arte, formandomi come editor,…

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