Street Art, illustrazione e grafica. Intervista a Mehstre

Leonardo Devito (Firenze, 1997), in arte Mehstre, vive e studia a Firenze. È legato fin dai primi anni del liceo all’arte urbana e ai graffiti. Il suo linguaggio si è articolato dall’illustrazione alla pittura, adottando tali soluzioni anche nella realizzazione di opere murali. Studia presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e all’Akademie der Bildenden […]

Leonardo Devito (Firenze, 1997), in arte Mehstre, vive e studia a Firenze.
È legato fin dai primi anni del liceo all’arte urbana e ai graffiti. Il suo linguaggio si è articolato dall’illustrazione alla pittura, adottando tali soluzioni anche nella realizzazione di opere murali. Studia presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e all’Akademie der Bildenden Künste di Vienna, esordisce con la sua prima personale presso Palazzo dei Pittori di Firenze, nell’ambito del progetto 48H a cura di Leonardo Moretti (settembre 2018), cui fa seguito la collettiva Urban Art City. Partecipa alla XI Biennale di Incisione di Monsummano Terme, all’interno della mostra di Jean Dubuffet e Mimmo Paladino presso il Mac,n (novembre 2019).
Come artista collabora all’interno di diversi festival: Icchè CI VAH CI VOLE (Firenze 2016), Copula Mundi (Firenze 2018), RestArt-Urban Festival (Imola, 2018) e infine al Garibaldi Street Fest (Montalto di Castro, 2019). Dal 2019 lavora come illustratore per Contrabbandiera Editrice.

Ci parli della tua ultima mostra a Firenze, visitabile fino al 4 marzo allo Student Hotel?
In questa mostra dal titolo Polimeri (“macromolecole costituite da parti diverse tra loro”) ho voluto evidenziare due aspetti cruciali della mia ultimissima produzione: uno di carattere illustrativo-grafico, l’altro di impostazione realistico-descrittiva.
Nei lavori presentati si contrappone la necessità di una narrazione storico-fantastica al bisogno di rappresentare i volti e le vicende che disegnano la mia vita di tutti i giorni. Le due indoli si sono sviluppate separatamente, una attraverso la grafica, l’altra attraverso la pittura, fino a un punto d’incontro in cui i vari elementi caratterizzanti dei due temperamenti hanno iniziato a fare parte l’uno dell’altro. Così gli aspetti più narrativi e grafici, che contraddistinguevano le incisioni, sono entrati a far parte dei ritratti e delle pitture, dove, partecipando attivamente alla descrizione del soggetto, ne simboleggiano le peculiarità, i sentimenti e le affinità nascoste. Dall’altro lato le stesse persone ritratte vengono usate nella grafica come i protagonisti di racconti storici, dove, vestiti con abiti antichi, vengono scissi totalmente dalla realtà che vivono per diventare attori di strane avventure.

Perché hai scelto questo luogo per esporre e raccontarti?
Lo Student Hotel è uno posto particolare: da un lato offre uno spazio espositivo semi professionale, dall’altro è un luogo di condivisione e frequentazione assidua, sia da parte di fiorentini che di stranieri. Lo spazio espositivo è molto informale; nell’ambiente della mostra c’è infatti la possibilità di organizzare concerti, dj set, oppure di bere un bicchiere di vino rimanendo a parlare sui divanetti, al di fuori della soggezione che ci può essere in una galleria o in un museo. Forse non c’è un messaggio preciso che potrebbe accomunare tutte le opere esposte; in questi ultimi lavori, specialmente nei dipinti, sono però prevalsi nuovi aspetti onirici che finora non ero riuscito bene a esternare. In essi ho cercato di comunicare alcune peculiarità della realtà che, attraverso il linguaggio pittorico, si arricchiscono di simboli e allegorie.
Quello che i lavori esposti potrebbero comunicare in modo unanime è l’importanza che io attribuisco all’immaginario fantastico umano: esso, attraverso le arti, riassembla le immagini della natura, creandone nuove che raccontano e descrivono degli scorci di mondi inesistenti, in cui può succedere tutto quello che si vuole.

Mehstre, Fabbrica di Porta al Prato. Photo credits Tommaso Mannucci, 2018

Mehstre, Fabbrica di Porta al Prato. Photo credits Tommaso Mannucci, 2018

Perché ti sei avvicinato alla Street Art?
Fin dai primi anni di liceo artistico sono stato vicinissimo alla Street Art e ai graffiti; la maggior parte dei miei amici erano writer. Ho iniziato ad appassionarmi seriamente al disegno quando ho cominciato a fare i primi “pezzi” nei sottopassaggi. A differenza dei miei amici, però, preferivo la vernice e il pennello agli spray, rifacendomi spesso ad artisti come Blu o Ericailcane. In quegli anni il mio stile era vicino all’illustrazione per bambini; col tempo mi sono avvicinato sempre di più alla pittura accademica, esplorando nuovi stili e tecniche che ho adottato anche nella realizzazione di opere murali.

Ora di cosa ti stai occupando?
Dal punto di vista della tecnica, penso di aver un po’ esaurito la necessità di rappresentare i soggetti realisticamente, come ho fatto nei lavori esposti. Mi piacerebbe fare pitture più grandi e provare a sperimentare nuovi linguaggi, sempre figurativi, mirando però all’essenziale; linguaggi che trascendono una rappresentazione fedele della realtà, sviluppando ancora di più l’aspetto narrativo che contraddistingue alcuni dipinti esposti in mostra.

La tua definizione di Street Art.
La Street Art è un’arte controversa, su cui c’è tanto da dire. Ho sempre apprezzato molto gli interventi urbani illegali anche quando comunemente possono apparire come atti vandalici. Con la necessità di voler scrivere sul muro o lasciare un segno dovunque si vuole (specialmente nei graffiti), si manifesta un atto di libertà che è riconducibile a una dimensione grezza e spontanea dell’espressione umana; la città attraverso questi segni diventa il supporto di un’espressione pura e istintiva della popolazione, in una visione molto vicina anche al concetto di Art Brut di Jean Dubuffet.
Tuttavia c’è chi usa l’intervento illegale in strada col fine di creare un prodotto “consumabile”, puntando sulla larga visibilità che si ottiene in un luogo pubblico. Si vuole, insomma, fare colpo sulla massa, utilizzando feticci e immagini banalmente accattivanti e ripetitive per ottenere notorietà. Questo aspetto si scontra totalmente col concetto di espressione pura, grezza e arraffata che ha contraddistinto la nascita di questa arte.

Come nascono i tuoi soggetti?
I quadri di quest’ultimo periodo sono sempre nati dalla necessità di descrivere e raccontare le persone che conosco e con cui sono in stretto contatto, il più delle volte amici e ragazze, descrivendo attraverso linguaggi allegorici i sentimenti che provo nei loro confronti e raffigurando i loro caratteri. Col linguaggio delle incisioni mi sento più vicino all’illustrazione e amo raccontare le storie a cui sono più appassionato: la mitologia greca, soggetti della letteratura e scene di ispirazione medievale.

Mehstre, Sonno di Lazzy, 2019JPG

Mehstre, Sonno di Lazzy, 2019JPG

Quali tecniche utilizzi?
Nei dipinti utilizzo quasi esclusivamente la pittura a olio, spesso accompagnata dall’uso delle matite colorate; sul muro quasi esclusivamente rullo e vernice, raramente prendo in mano le bombolette; per la grafica, l’incisione su rame, solitamente acquaforte e acquatinta.

La tua prima volta in un museo o una mostra. e la prima opera di Street Art che hai visto e che ti ha colpito.
I miei genitori mi hanno sempre portato a vedere i musei a Firenze fin da bambino; mi ricordo bene quando vidi le tre grandi pale di Giotto, Duccio e Cimabue agli Uffizi, tre pitture che amo molto oggi, ma che all’epoca mi apparvero gigantesche e profondamente inquietanti. Una delle prime opere di Street Art con cui sono entrato in contatto è un murale di Blu a Scandicci, precisamente al Ginger zone, molto vicino a casa mia, oggi quasi totalmente coperto da scritte e da altri murales; ci incontravamo sempre lì con i miei amici quando avevo 11-12 anni ed ero molto affascinato da questa opera strana e gigante, dal soggetto misterioso di cui non capivo il significato.

Il tuo rapporto con la città, Firenze.
Io amo Firenze nel profondo; la bellezza nata qui tra Quattrocento e Cinquecento è uno dei fiori più belli della storia dell’arte: è importante ricordarlo ed esserne partecipi soprattutto come creativi. Purtroppo la città oggi giorno è saturata dal turismo di massa, le istituzioni puntano alla gentrificazione, le case del centro storico sono sempre meno popolate da cittadini e vengono adibite ad affitti turistici. In questo contesto per i giovani è difficile trovare spazi oppure occasioni per esprimersi: tutto ciò è estremamente demotivante rispetto all’eccellenza storico-culturale che Firenze rappresenta.

Progetti per il futuro?
Insieme a Contrabbandiera Editrice, stiamo portando avanti da qualche mese un progetto di ristampa dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto con le mie illustrazioni. Il lavoro è lungo ma speriamo di dar luce all’opera il prima possibile: mi ci dedico con passione, poiché sono molto affezionato al poema e al suo immaginario cavalleresco.

Alessia Tommasini

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Alessia Tommasini

Sono veneta di nascita, ho abitato per anni a Roma e ora a Firenze. Mi sono laureata in Filosofia a Padova e subito ho cominciato a muovere le mie prime esperienze nel campo della creatività e dell'arte, formandomi come editor,…

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