Street Art sostenibile. Intervista a Refreshink

Da decenni fra i protagonisti del panorama street italiano, Refreshink, nome d’arte di Giovanni Magnoli, racconta la sua storia creativa.

Refreshink (Giovanni Magnoli) nasce ad Arona (Novara) nel 1971. Agli inizi degli Anni Novanta si appassiona al mondo dei graffiti, maturando le sue prime esperienze in strada con i compagni di crew. Col passare del tempo, giunge alla definizione di un peculiare stile, fuori dagli stilemi classici del graffito (lettere, puppet) verso linguaggi più stratificati, attraverso spray e tecniche miste. A partire dal 2000 inizia a dipingere nei luoghi abbandonati, contesti che lo portano a reinterpretare soggetti legati al mondo naturale: nel 2009 realizza il suo primo “gallo”, al quale seguono altri suggestivi animali dipinti a colori sgargianti, colature, giustapposti a elementi formali, come figure geometriche e scritte. Dal 2004 inizia la sua attività espositiva, tra mostre personali, collettive, festival nazionali e internazionali.
Tra le partecipazioni più recenti: Progetto Rainbow (Pisa, 2019), Big Mamma (Parigi, 2018),
One Urban World Festival, Cartagena, Spagna (2017), Hall of fame, Palazzo Ceramico, Caltagirone (2017) Mosh Pit Show, Galo Art Gallery Torino (2017), Waral urban art project, Varallo (2017) Disegni Urbani, Castello di Masnago (2016), Underground effect, Parigi (2016), Energy Box, Fabbrica del Vapore, Milano (2015), Open the Cages, sede WWF Italia, Milano (2014).

Refreshink, Pesce combattente, Besozzo (VA) 2018. Photo Refreshink

Refreshink, Pesce combattente, Besozzo (VA) 2018. Photo Refreshink

Rainbow è un progetto di riqualificazione urbana dei depositi idrici all’insegna dell’arte curato da Martina Coletti e Cristina Trivellin e promosso dal gestore idrico del territorio del Basso Valdarno, in Toscana. Ci puoi raccontare come si è sviluppato e perché hai voluto partecipare a questa esperienza?
Questo progetto è nato più di due anni fa, quando gli addetti alla comunicazione di Acque SpA, gestore idrico del basso Valdarno, hanno contattato le curatrici perché studiassero un progetto ad hoc: l’idea era quella di approfittare dei ponteggi costruiti per la ristrutturazione delle torri dell’acqua e farci salire degli artisti. Sono stato coinvolto fin dall’inizio come consulente “tecnico” e poi, su una rosa di cinque artisti, l’azienda ha scelto un mio bozzetto, ritenuto in linea con il concept alla base del progetto. Le richieste non erano soltanto artistiche: occorreva esperienza di lavoro su grandi superfici ed essere in possesso dei vari “patentini” legati alla sicurezza nel cantiere. Per me è stato un onore avviare un progetto del genere; non capita tutti i giorni di dipingere una superficie così estesa (30 metri di larghezza per 4,5 di altezza a 30 metri da terra), anche se non è stato semplice programmare l’intervento anche dal punto di vista della progettazione e realizzazione, trattandosi appunto di una superficie cilindrica.

Qual è il messaggio più forte che opere di questo tipo, secondo te, trasmettono?
Sicuramente la lettura più evidente è che queste opere vanno verso lo spettatore, con la loro imponenza. Noi artisti, chiamati a decorare superfici così “visibili”, dovremmo essere consapevoli dell’impatto che queste opere hanno sul paesaggio urbano. Non è come la tela che si acquista per la nostra abitazione: qui lo spettatore incontra quotidianamente questi dipinti di grandi dimensioni, magari mentre va a scuola o al lavoro. Per questo sono importanti i soggetti scelti, i colori, le idee che si veicolano. In questo caso, con il progetto Rainbow, si vuole sensibilizzare lo spettatore alla salvaguardia del pianeta, alla cura della Madre Terra, che sta soffocando.

Oggi si parla sempre più spesso di arte e sostenibilità: in che modo ritieni si possa attuare questo binomio? Hai dei progetti o dei lavori in cantiere, in tal senso?
Si può attuare in mille modi, possibilmente senza retorica e con azioni concrete che, seppur nella dimensione artistica, possano dare qualche contributo alla causa. Per quanto mi riguarda, ho partecipato a più di un progetto in cui le vernici usate assorbono l’inquinamento. La formula miracolosa si chiama Air lite ed è sicuramente un modo per migliorare la qualità dell’aria. Questa azienda crede molto nel nostro lavoro, per questo si è creata una buona sinergia.

Refreshink, murale su torre dell’acqua (dettaglio), Montopoli (Pisa), Rainbow 2019. Photo Claudio Bellosta Studio

Refreshink, murale su torre dell’acqua (dettaglio), Montopoli (Pisa), Rainbow 2019. Photo Claudio Bellosta Studio

Quali messaggi, in generale, vuoi lanciare oggi attraverso la Street Art?
Premesso che ‒ oggi come oggi ‒ non mi sento esattamente uno street artist (se ancora vogliamo attenerci alle “vecchie definizioni”, che vedono la Street Art come qualcosa di illegale o non autorizzato ‒ vedi Banksy), non parto con l’idea di lanciare un messaggio, parto da quello che sento, dalla mia immaginazione e creatività. Nei miei disegni cerco di rappresentare il movimento vitale della natura: con i miei animali giganti rifletto sul concetto di essere umano.

Quanto è cambiato il modo di fare Street Art rispetto a quando hai iniziato e quale “fuoco sacro” ti ha spinto a dedicarti all’arte in strada?
È cambiato moltissimo: basti pensare che trent’anni fa (ebbene sì, il mio primo pezzo (graffito) risale a trent’anni fa!) non c’erano internet e smartphone, ma si creavano belle “connessioni”. Le relazioni e le dinamiche che si sono create allora rimangono vive ancora oggi: le immagini raffiguranti graffiti arrivavano dalla tv ‒ con i primi videoclip ‒ e da due “testi sacri”, Subway art e Spraycan Art (1984 e 1987), che fecero nascere in noi la voglia di creare qualcosa di simile, così dinamico, colorato e per noi completamente nuovo.

Quali sono le tecniche che utilizzi?
Dipende dal supporto e dalla dimensione: in generale alterno l’uso delle bombolette spray all’idropittura e acrilico con rullo e pennello Sto cercando, però, di portare al minimo l’uso delle bombolette.

Refreshink, Gufo e falco pellegrino, Waral Festival, Varallo (VC) 2017. Photo Matteo Otella

Refreshink, Gufo e falco pellegrino, Waral Festival, Varallo (VC) 2017. Photo Matteo Otella

Ci puoi dire qualcosa di più sui soggetti che di volta in volta realizzi? Quando li scegli, in che modo prende forma la tua idea?
Parto col dirti che sono un collezionista seriale di libri e immagini di animali: uccelli, pesci, orsi, primati, ecc. Se devo svolgere una commissione pubblica, studio il contesto, il luogo, le storie: questi animali vanno poi a interagire con forme geometriche che annullano qualsiasi richiamo naturalistico. Li decontestualizzo per inserirli in un contesto astratto/geometrico, per trasformarli in una sorta di icone.

Un’opera d’arte, o un artista, fuori dal tuo campo che è per te fonte di ispirazione…
Ho trascorso lunghi periodi a Vallauris, meta eletta da Picasso per la realizzazione delle sue famose ceramiche. A due passi dalla casa di mia nonna potevo visitare la cappella da lui decorata con il celeberrimo La Guerre et la Paix. Non è propriamente un murale, ma le grandi dimensioni, la forza della pittura essenziale, le tematiche affrontate hanno dato un imprinting alla mia infanzia di futuro artista. Un altro mostro sacro è per me Bruno Munari: traggo ispirazione dai suoi trattati sulle forme geometriche essenziali e sui loro significati.

I tuoi punti fermi nell’arte.
Difficile avere dei punti fermi in questa contemporaneità “liquida” nella quale viviamo. Posso dire che per me sono imprescindibili la passione e l’incessante ricerca, la sperimentazione e il desiderio di evolvermi sempre, di andare avanti arricchendomi di esperienze. E per esperienze non intendo solo le mie, ma anche quelle degli artisti che stimo e che seguo.

Progetti per il futuro?
Mi sto lasciando alle spalle un lungo periodo molto intenso, ho viaggiato e dipinto senza sosta. Ci sono già in programma diversi muri, in ambiti diversi, tra commissioni private e istituzionali; alcune mostre stanno prendendo forma, anche se in realtà preferisco e do sempre precedenza ai “muri” (chi l’avrebbe mai detto!). Vorrei prendermi il tempo per riflettere e creare nuovi progetti che si pongano in continuità con quello che ho realizzato in questi ultimi anni. L’idea è quella di “affilare le armi” o meglio, i pennelli, per un discorso sempre più legato alla natura e all’ambiente. Un bell’engagement.

Alessia Tommasini

www.refreshink.net/

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Alessia Tommasini

Alessia Tommasini

Sono veneta di nascita, ho abitato per anni a Roma e ora a Firenze. Mi sono laureata in Filosofia a Padova e subito ho cominciato a muovere le mie prime esperienze nel campo della creatività e dell'arte, formandomi come editor,…

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