Street Art, censura e attualità. Intervista a Tvboy

Nuova incursione nel mondo della Street Art. Con l’intervista all’autore del celebre bacio tra Salvini e Di Maio censurato a Roma.

L’appuntamento per l’intervista è alla mattina. Ed è con Salvatore Benintende, Tvboy la sua firma, uno degli street artist più seguiti. Colui che ha trasformato Putin in Iron Man e il Papa in Super Man. E che ha realizzato l’ormai celebre bacio Salvini-Di Maio, cancellato dal muro della Città Eterna. E infatti partiamo proprio da lì, visto che la sua opera è stata riproposta a luglio a Forte dei Marmi, in occasione del Premio Satira, tenutosi lo scorso 7 luglio.

Parliamo del Premio Satira, a Forte dei Marmi, che ha visto la seconda esecuzione del tuo famoso bacio tra Salvini e Di Maio. Cosa hai provato in questa seconda occasione, dopo la rimozione avvenuta a marzo a Roma?
Dall’esterno sembra improvvisato, in realtà questo intervento è stato preparato molto tempo prima. L’idea è stata mia, perché subito dopo il grande scalpore del bacio Salvini-Di Maio “originale”, chiamiamolo così, sono nati una serie di contatti, talmente tanti che all’inizio ho fatto addirittura fatica a gestire, con il resto del mio team. Uno di questi era l’invito a ricevere il Premio alla Satira. È un premio presenziale, è un premio fisico consegnato a molte personalità dello spettacolo, come a Roberto Benigni, presentato da Serena Dandini. Io sono cresciuto con la satira dei fratelli Guzzanti, con i film di Benigni, dunque per me è stata un’emozione unica essere presente lì. Ho proposto all’organizzazione di realizzare questo murale che non esiste più, perché l’hanno cancellato. Abbiamo approfittato dell’occasione per ricreare l’opera, in un contesto istituzionale. Il Comune di Forte dei Marmi si è impegnato a conservarla negli spazi della città. Verrà esposta al pubblico per tutta l’estate e poi custodita nei luoghi museali. Per me è stata anche una scusa per far rivivere un’opera dopo la censura. C’è da dire, però, che, anche se un’opera viene cancellata, è molto più importante quello che succede dopo, attraverso i media. L’opera è quello che succede dopo l’opera stessa, come insegna Maurizio Cattelan. Ogni volta che ne realizza una, accadono una serie di controversie che danno un’ulteriore vita al lavoro.

credits Tvboy e rispettivi autori

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Sei stato censurato altre volte? Cosa hai provato in quei momenti?
Sì, è inutile fare il verginello, perché comunque quando cerchi la provocazione, sai che ti esponi anche al divieto, alla censura. Ad esempio, in Spagna, un bacio che avevo realizzato era stato strappato velocemente. Però in quel caso non si è capito se si fosse trattato di un privato, oppure di un funzionario comunale. Erano riusciti anche a fermarlo, a intervistarlo e a chiedergli perché lo avesse fatto; ha risposto che lo aveva fatto per il bene della città.
A Roma mi aveva stupito che avessero messo i cartoni con il carabiniere che faceva la guardia all’opera e poi mi aveva spaventato il coinvolgimento della polizia scientifica che prendeva tracce delle impronte e dei materiali. Mi è sembrato di essere tornato indietro negli anni della repressione. Dopo tutto, si è trattato solo di un’affissione abusiva. Se c’è da pagare una multa la si paga. Se c’è da cercare l’autore, secondo me, è più facile trovarlo su Internet. Ma fare una indagine di quel tipo… Mi sono spaventato, ho pensato di aver trattato un tema troppo suscettibile.

In realtà, però, hai ricevuto l’appoggio dei media, sia di destra sia di sinistra, e anche di altri profili istituzionali i quali hanno dichiarato che l’operazione fosse intelligente.
Con l’immagine, con la satira è stato rappresentato quello che poi stava accadendo realmente. Quel bacio di governo si è realizzato veramente. L’azione in sé non era così vandalica. Una cosa così veloce a Roma non si era mai vista. A Roma di opere ne ho realizzate varie e comunque sono ancora lì, molte sono fotografate dai turisti. Come quella di Audrey Hepburn e Gregory Peck con la vespa, molto fotografata. I turisti vanno a caccia di scorci che in qualche modo portano a casa. Molti sono anche i murales, queste opere vengono apprezzate.

Sei geloso delle tue opere urbane?
Non sono geloso di alcuna mia opera, ho scelto la strada come mio mezzo di espressione. Quando all’inizio, come artista, ho proposto i miei quadri alle gallerie, sono stato rifiutato perché il mondo dell’arte è un mondo molto elitario, cui non tutti possono accedere, dove alcuni artisti sono creati a tavolino, quindi ho pensato automaticamente alla strada.
Agli inizi del Duemila già si diffondeva il fenomeno Street Art, anche se ancora non era considerato, era per lo più snobbato. La strada è un luogo di esposizione totalmente democratico perché salti il filtro delle gallerie e dei critici. Secondo me, in Italia, i critici d’arte hanno troppo rilievo. Vivo all’estero, a Barcellona, dove ho esposto in molte mostre importanti e lavorato con galleristi che mi hanno portato negli Stati Uniti, a Miami. Non esiste il fenomeno del curator star. Questo ruolo in Italia è fondamentale. Vengono scelti gli artisti e proposti alle gallerie. La potenza dell’arte dovrebbe, invece, essere proprio quella di scardinare i meccanismi tradizionali ‒ lungo processo di selezione, clientelismo, raccomandazioni, artisti creati a tavolino, con grande potere da parte delle gallerie.

credits Tvboy e rispettivi autori

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Per la Street Art è diverso?
La Street Art salta tutto il processo. Se un artista vale riesce ad arrivare al suo pubblico e alla sua fama da solo, senza bisogno di intermediari. Poi è ovvio che per poter vivere del tuo lavoro devi scendere a compromessi. Ma credo che l’artista di strada sia veramente libero se fa Street Art “illegale”. Se realizzi un murale su incarico devi sottoporre un bozzetto per l’approvazione e quindi, secondo me, quella non è più Street Art. Magari è muralismo, decorazione, sono cose bellissime. Anche io ho realizzato pareti di grande formato.
Però non mi sono mai sentito libero come quando vado di notte, insieme ai miei colleghi, ad attaccare per strada i poster. Puoi scegliere il soggetto che vuoi, metterlo dove vuoi. Sei senza permesso. Puoi scegliere i luoghi che ritieni possano essere specific. L’opera vive nel suo contesto. Il bacio Salvini-Di Maio ha avuto potenza perché è stato affisso vicino al luogo dove il giorno dopo sarebbero avvenute le elezioni. Ad esempio, Giuseppe Conte con il programma di governo vuoto è stato affisso davanti all’Ordine dei Giornalisti. Virginia Raggi-Wonder Woman vicino Piazza Pasquino. Ogni opera è stata inserita in un contesto o in un altro, per un motivo. E questo dà forza alla Street Art, perché l’azione non è improvvisata, ma è frutto di un progetto costruito.

Quanto tempo prima organizzi l’azione da realizzare? Tu peraltro sei molto veloce, rispetto ai fatti di cronaca…
Un artista, dopo il bacio Salvini-Di Maio, mi ha accusato di aver copiato una sua opera. Ma questo è impossibile, perché già ce l’avevo pronta nelle due settimane precedenti. Nel mio caso, da Barcellona, devo prenotare il viaggio con il resto del mio team e organizzare la trasferta. I poster sono tutti fatti a mano, ci vuole circa una settimana per averli pronti. Tutto è frutto di un progetto. Ci sono nuove azioni che ora sto pianificando. Il lavoro dell’artista contemporaneo è quello di un progettista. In questo senso mi hanno aiutato gli studi al Politecnico di Milano, tra cui disegno industriale. Penso all’arte come a un progetto. Devi decidere cosa vuoi dire, qual è il tuo messaggio, e poi come poter comunicare questo messaggio con le immagini. C’è da realizzare un progetto tecnico, stabilire le dimensioni, come farlo, dove metterlo, come attaccarlo, quando prepararsi all’azione. È un po’ come Ocean’s Eleven, volendo esagerare! Anche se poi non è niente dell’altro mondo. In Italia ci sono problemi più grandi che un poster attaccato su una parete. Ricevendo tutto quello scalpore mediatico mi sono stranito in seguito all’azione, anche se da una parte mi ha lusingato.

Hai mai vissuto episodi pericolosi?
È successo varie volte di essere fermato dalla polizia, anche qui a Barcellona. Cerco di evitare, come a Roma, le pareti storiche, i luoghi storici di rilevanza artistica, perché comunque la Street Art ha più forza in un contesto di degrado, su una parete disfatta, piena di scarabocchi. Quello che ha fatto arrabbiare un po’ tutti è che, ad esempio, venisse tolto il bacio però in fianco fossero lasciate scritte volgari e oscene. Quindi, se dobbiamo essere tout court, dobbiamo esserlo su tutto, non solo verso ciò che ci dà fastidio in quel momento.

credits Tvboy e rispettivi autori

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Qual è il tuo rapporto con la tua Milano? Ti sei trasferito lì da piccolo da Palermo.
Sì, la stampa a volte ha scritto erroneamente che sono un artista palermitano, ma è solo un fatto anagrafico. Io sono cresciuto a Milano. È stata la città dove ho scoperto la Street Art, già nel 1996, a 16 anni, ho cominciato a disegnare i primi graffiti, quelli di matrice americana, quelli con le lettere giganti. Con altri colleghi mi sono innamorato di questa forma di espressione. All’epoca era quella più libera, più ribelle e sorprendente, veniva dall’America. Sono arrivato a Tvboy attraverso il Politecnico di Milano dove ho studiato grafica e comunicazione e in quegli anni ho iniziato a lavorare come grafico, a fare i primi esperimenti con gli stencil. Dagli stencil delle televisioni con dentro le facce di volti noti o volti di amici, sono passato a stilizzare il logo di Tvboy. Il mio messaggio voleva essere quello di spegnere la televisione e di fare qualche cosa con le proprie mani. Noi siamo la generazione cresciuta guardando la TV. Oggi i giovani stanno tutto il giorno sul cellulare perché ormai la TV è lì dentro. In quegli anni mi piaceva molto il movimento punk, era un modo per dire do it yourself. Basta stare seduti passivamente, spegnete la televisione, uscite di casa, create un gruppo musicale, fate Street Art, realizzate qualcosa con le mani. Questo era il messaggio dietro a Tvboy, un bambino ribelle intrappolato dentro la televisione.

Il tuo messaggio è cambiato da allora?
Sì è cambiato, non puoi essere ingabbiato in un meccanismo troppo chiuso. A un certo punto, ho iniziato a capire che il mio discorso artistico era vincolato al personaggio. Mi sono sentito limitato, bloccato. Ho pensato che quello che avrei voluto fare era raccontare la contemporaneità. Tvboy deve rimanere come firma, quindi la metto come una forma di logo, come fa Banksy con il topo, come fa Obey con la faccia del lottatore. È importante che l’arte parli nel momento in cui è creata. L’opera Salvini-Di Maio è diventata un’icona del momento. Mi piacerebbe che questa immagine lo raccontasse, anche in futuro, magari sui libri di storia…

Qual è il tuo rapporto con l’arte antica?
È molto intenso. Mentre all’inizio ero affascinato dall’arte di Andy Warhol, Roy Lichtenstein o Keith Haring, sviluppando il mio discorso artistico mi sono reso conto che quello che mi rendeva più forte a livello internazionale era la mia origine italiana. Abbiamo un grande bagaglio culturale che può diventare il nostro punto di forza. Ho iniziato a rispolverare i vecchi classici del Rinascimento di Leonardo da Vinci, Michelangelo, Botticelli, a reinterpretare questi grandi classici della cultura italiana e trasformarli in opere contemporanee, creando dei cortocircuiti. Nella creazione di Adamo, è raffigurato Adamo con il cellulare e il computer portatile, che, distratto, non fa caso a Dio. Oppure nell’ultima cena sono tutti al McDonald’s, perché non c’è più tempo di cenare insieme, tutto deve essere consumato in fretta. Quindi Last supper diventa Fast supper. Noi viviamo il nostro background culturale, quello che siamo viene da lì. Chi crede di aver inventato qualcosa dal nulla è un arrogante.

credits Tvboy e rispettivi autori

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Che cosa intendi?
I latini parlavano di contaminatio, prendi una cosa da un posto, un’altra da un altro e crei qualcosa di nuovo sulla base di quello che tu hai studiato, hai conosciuto, hai visto. Con il bacio mi viene in mente Luciano Benetton, e le campagne di Oliviero Toscani o Banksy con i due poliziotti che si baciano. Dal canto mio, ho visto vignettisti che hanno riproposto la mia immagine cambiata. L’arte è fatta anche per generare altre opere, tutti coloro che gridano al plagio non conoscono i meccanismi di creazione delle opere d’arte contemporanea. Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto nasce sempre da qualcos’altro.

La tua definizione di talento…
Il talento è dire la cosa giusta al momento giusto. Esiste una componente di fortuna, poi c’è il lavoro; è solo facendo tante cose che riesci a trovare la situazione ideale.

Se dovessi mettere su un podio talento, carattere, coraggio, cosa sceglieresti?
Il carattere e il coraggio sono molto importanti. Ci sono tanti artisti su Instagram, creano i fotomontaggi e li postano e hanno anche un sacco di seguaci, di follower. È facile secondo me avere delle idee a tavolino, davanti al computer, ma bisogna anche avere il coraggio di proporle al pubblico; nel mio caso di calpestare la strada, magari nel luogo opportuno, o inopportuno per alcuni. Ho ricevuto anche molte critiche, fa parte del mio mestiere. Non puoi avere la presunzione di piacere a tutti, ci sono un sacco di persone che reputano che la Street Art andrebbe eliminata dalla faccia della terra. È una questione di coraggio e perseveranza, nel mio caso ci ho messo quindici anni per riuscire ad affermarmi con il mio lavoro. Molti giovani cadono nell’errore di arrendersi subito, al primo colpo. Devi anche avere l’arroganza di credere in te stesso, non fermarti fino a che non ce la fai.

Che rapporto hai con il successo e con gli alti e bassi del tuo lavoro?
Non è detto che il successo sia qualcosa di duraturo, perché ad esempio in Spagna ho avuto un grosso boom mediatico con il bacio di Ronaldo e Messi, diventato virale a livello internazionale, poi inevitabilmente la notizia scende e cala l’attenzione perché i media sono sempre alla ricerca di nuove proposte. Io credo che in Italia tra un po’ stuferò e dovrò andare in Francia o in Olanda. Comunque secondo me lo street artist che si definisce tale e crede nel proprio lavoro deve anche pensare a livello globale.
Come per i musicisti, c’è un momento in cui devi promuovere, se c’è l’onda bisogna saperla anche cavalcare. Poi c’è un momento molto importante in cui bisogna lavorare perché comunque, se sei sempre sotto i riflettori, non crei niente di nuovo. Molti artisti, anche nella Street Art, hanno avuto successo con un lavoro intelligente. E hanno pensato che avrebbero potuto vivere sugli allori e sono rimasti lì. È solo il lavoro che ripaga la carriera.

credits Tvboy e rispettivi autori

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Che tipo di pubblico hai?
Trasversale, i miei lavori piacciono alla casalinga di Voghera come a vip, collezionisti, imprenditori. L’azione Salvini-Di Maio è stata pubblicata anche sui giornali di gossip, ha avuto una popolarità che prima la Street Art non aveva mai avuto! Sui social mi seguono profili molto diversi, dal ragazzino ai giovani ai liceali, alle signore, sono appunto entrato in un giro di collezionismo di alto livello. La rivoluzione della Street Art è di essere l’unico genere trasversale a comunicare a un pubblico molto più ampio rispetto ad altri settori dell’arte più di nicchia. Occorre poi lasciare passare un po’ di tempo tra un intervento e l’altro, cercare di reinventarsi e riproporsi con idee nuove. Banksy secondo me è un grande maestro in questo, quando il gioco diventa troppo facile il rischio è quello di ripetersi troppo.

Il tuo rapporto con i social?
È una cosa che ho scoperto ultimamente, all’inizio ero un po’ restio, ho molti amici street artist come Bros o Ivan il poeta di strada che hanno deciso di non utilizzare i social. Anche io ero rimasto un po’ 1.0. Poi ho conosciuto Federico Clapis che è venuto a trovarmi a Barcellona, lui è un influencer iper seguito, mi ha fatto un corso di aggiornamento. In realtà, come tutti i mezzi, bisogna saperne sfruttare la potenzialità, per cui mi sono reso conto che può essere uno strumento interessante per promuovere il mio lavoro. Ci sono persone che il lavoro per strada non lo vedono neanche. Alcuni interventi di street artist non sono stati mai visti, sono stati rimossi, quindi i social sono importanti perché veicolano qualcosa di “effimero” e fanno in modo che un lavoro venga visto da chi non ha la possibilità di andare fisicamente a vederlo.
Anche io, come street artist, sono interessato al fatto che la cosa rimanga su strada, ma succede, come ad esempio a Napoli, che Maradona venga portato via da un negoziante perché convinto che il muro gli appartenga. Un altro l’aveva coperto in quanto voleva essere pagato perché la gente facesse le foto. I social possono aiutare a diffondere un lavoro. In questo senso, secondo me, sono uno strumento di lavoro utile purché poi non prendano il sopravvento. Quello che interessa alla gente è il lavoro, non quello che fai o cosa hai mangiato. È più importante l’opera che l’artista, per quello ho deciso di celare il mio vero volto.

Progetti per il futuro?
Posso anticipare che ho pensato di realizzare dei progetti per delle ONG su due temi all’ordine del giorno e molto scottanti. Quindi lascerò passare un po’ di tempo, sarà al rientro delle vacanze. Il potenziale della Street Art è quello di toccare qualche nervo scoperto e sensibilizzare l’opinione pubblica e, nel mio piccolo, aiutare anche nelle cause sociali.

Alessia Tommasini

www.tvboy.it

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Alessia Tommasini

Alessia Tommasini

Sono veneta di nascita, ho abitato per anni a Roma e ora a Firenze. Mi sono laureata in Filosofia a Padova e subito ho cominciato a muovere le mie prime esperienze nel campo della creatività e dell'arte, formandomi come editor,…

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