Architetti d’Italia. Walter Di Salvo, l’ostracizzato

Luigi Prestinenza Puglisi punta ancora una volta lo sguardo su uno degli architetti italiani “dimenticati”, Walter Di Salvo.

Anche Walter Di Salvo è un architetto poco conosciuto. Tanto che nessuno mi ha saputo dire qualcosa su di lui nel momento in cui su internet ho pubblicato un appello per avere notizie. Diversi, anzi, lo hanno confuso con Franz Di Salvo, l’autore delle Vele di Scampia a Napoli.
La questione merita un approfondimento, perché Walter Di Salvo, al pari di altri architetti dimenticati dalle storie dell’architettura italiana ‒ e alcuni li abbiamo trattati nei precedenti profili ‒ è un progettista di grande valore, autore di alcune costruzioni, soprattutto ville, notevoli che mostrano padronanza di articolazione dello spazio e una non comune sensibilità paesaggistica.
Credo che a determinarne l’oblio giochino tre fattori. Il primo è l’influsso nefasto che ha esercitato l’asse culturale Milano-Venezia. Una alleanza di fatto che, forte sul piano accademico e sostenuta da riviste quali Casabella, ha sottovalutato quanto si facesse in altre realtà geografiche e, in particolare, nella Toscana (come nel caso di Di Salvo), nel Lazio e in Campania, regioni che negli Anni Cinquanta, Sessanta e Settanta hanno vissuto un momento creativo particolarmente felice. E così progettisti mediocri, operanti lungo l’asse Milano-Venezia, oggi sono molto più conosciuti di altri di maggior talento ma nati e operanti nelle regioni sbagliate. Il secondo fattore è l’ostracismo che la cultura accademica ha nutrito per i professionisti. Per molti anni il peggiore insulto che si potesse rivolgere a un architetto era di esserlo e di essere pertanto orientato verso la clientela privata e il denaro. E così i più accorti si promuovevano attraverso l’impegno sociale, mostrando opere non sempre brillanti (un eufemismo per dire che alcune, come per esempio il Corviale a Roma o il quartiere Zen a Palermo, erano inumanamente ideologiche) realizzate per la committente pubblica. Il terzo fattore è stato lo spostamento dell’interesse critico dalle ricerche spaziali a quelle sul linguaggio, anche in concomitanza del prevalere della linea critica tafuriana rispetto a quella zeviana. E così sono state sopravvalutate ricerche manieriste alla Peter Eisenman e, poi, postmoderne alla Franco Purini in cui l’aspetto lessicale, grammaticale o sintattico era prevalente. Ricerche alle quali molti professionisti erano estranei se non avversi.

Walter Di Salvo, photo Emanuele Masiello

Walter Di Salvo, photo Emanuele Masiello

LA STORIA

Lo studioso che si è occupato di Walter Di Salvo è Marco Del Francia, al quale devo la gran parte delle informazioni che ho su di lui. Del Francia incontra Di Salvo nel momento in cui affronta la personalità di Vittorio Giorgini. I due toscani, infatti, si formano nello stesso clima culturale: studiano alla facoltà di Firenze che negli Anni Cinquanta e Sessanta è uno dei punti di riferimento della cultura architettonica italiana, grazie alla presenza di Leonardo Savioli e Leonardo Ricci nonché dei gruppi radicali, tra i quali il più noto è stato Superstudio. E se Savioli segnerà maggiormente Giorgini, è Ricci, il più artisticamente dotato dei due, che influenzerà profondamente Di Salvo, anche se non come relatore di laurea perché a seguirlo nella tesi nell’anno accademico 1955/56 (dirà lui: casualmente) sarà Adalberto Libera.
Giorgini e Di Salvo, tra il 1956 e il 1957, aprono insieme lo studio a Firenze. Il sodalizio si interromperà presto, forse a causa del carattere di entrambi e per mancanza di lavori. Giorgini si trasferisce brevemente a Roma per presto tornare e poi, nel 1969, emigrare negli Stati Uniti. Di Salvo, dopo una veloce esperienza nell’ufficio fotogrammetria della società Galilei, entra nello studio Savonarola, fondato dall’ingegner Valdemaro Barbetta, particolarmente attivo con le commesse che venivano dalla migliore società fiorentina. Da poco entrato, gli capita un’occasione professionale come se ne presentano poche nella vita. La Società Punta Ala, che ha intenzione di attuare una grande lottizzazione in quella che diventerà una delle mete turistico residenziali più ambite, entra in rotta con l’ingegner Barbetta. Di Salvo si propone per l’incarico: oltretutto era stato lui a seguirlo sin dall’inizio. “La scelta” ‒ come nota Marco Del Francia ‒ “comportava non solo un cambio di datore di lavoro, ma anche un cambiamento geografico e di vita: trasferirsi a Punta Ala”. Nel 1960 cominciano i lavori delle urbanizzazioni. Le costruzioni e le ristrutturazioni di numerose ville, di attrezzature e di servizi lo impegneranno praticamente per tutta la vita, sino alla sua morte avvenuta nel 2017. Ovviamente, Di Salvo opera anche altrove e a volte con progetti di grande respiro, come per esempio nel 1987, quando è chiamato a far parte del gruppo dei progettisti della FIAT per il progetto Novoli a Firenze insieme a Giovanni Michelucci, Richard Rogers, Lawrence Halprin, Bruno Zevi, Leonardo Ricci, Gabetti e Isola, Rob Krier e altri.

Chiesa della Sconsolata (con F. P. Piemontese), Punta Ala, 1961. Archivio Walter Di Salvo

Chiesa della Sconsolata (con F. P. Piemontese), Punta Ala, 1961. Archivio Walter Di Salvo

I PROGETTI

Memore della migliore lezione di Leonardo Ricci, a sua volta ispirata all’architettura organica di Frank Lloyd Wright e Alvar Aalto e alla linea espressionista di Hugo Häring e Hans Scharoun, Di Salvo concepisce le costruzioni come intimamente legate al paesaggio. Utilizza forme ortogonali ma non esita a inserire linee diagonali anche svettanti, come per esempio nel caso della Vela (1960) a pochi passi dalla spiaggia o nella Chiesa di Nostra Signora della Consolata (1961), e a fare ampio uso di matrici curve come a Villa Nanni (1963). Tanto che, come ricorda Marco Del Francia, si vantava di aver introdotto per primo le rotonde in Toscana disegnando i grandi comparti circolari del piano urbanistico di Punta Ala. Ma la sua particolare abilità è nell’articolare le costruzioni in volumi più piccoli intervallati da terrazzi e spazi all’aperto. In questo modo gli edifici si inseriscono nella natura circostante senza aggredirla e, al contempo, appaiono molto più ampi di quello che effettivamente sono.
Il suo capolavoro è, a mio giudizio, la villa che costruisce per sé stesso (1976). L’opera è caratterizzata da una grande terrazza aggettante sul paesaggio. Su questa si aprono gli ambienti della casa, ciascuno dei quali è concepito come una entità a se stante, secondo il criterio dell’elenco funzionale che negli stessi anni sta teorizzando Bruno Zevi. Pur divisi, gli ambienti si relazionano tra loro: visivamente e fisicamente. Il soggiorno, per esempio, attraverso doppi livelli che lo collegano con il piano inferiore. L’insieme, pur ordinato, è decisamente dinamico: una promenade architecturale che si apre alternativamente sulle funzioni della casa e sul paesaggio circostante, secondo gli insegnamenti della migliore tradizione organica. Valori dai quali uno dei nostri più importanti (e anch’egli poco ricordato) critici italiani del Novecento, Giovanni Klaus Koenig, si sentirà attratto. Sarà l’amico di sempre fino all’ultimo istante di vita, avvenuto nel 1989 proprio nella casa di Walter, dove stava trascorrendo uno dei consueti periodi di riposo.

Villa Quiriconi, Punta Ala, 1976. Archivio Walter Di Salvo

Villa Quiriconi, Punta Ala, 1976. Archivio Walter Di Salvo

L’INVOLUZIONE

A partire da quegli anni, forse da qualche anno prima, per Di Salvo inizia una fase involutiva. Lui, che era stato uno dei più brillanti, anche se in ombra, architetti italiani, prende una sbandata postmodernista, dimentica la ferma leggerezza e il coraggio che avevano caratterizzato la precedente produzione per realizzare volumi chiusi, a volte di ascendenza bottiana, di scarso interesse spaziale. Può aver influito la mancanza del pungolo critico dell’amico Koenig o forse è stato preso da quella stanchezza senile che, sovente, affligge i progettisti i quali la scambiano, invece, per un ritrovato gusto per la semplicità e il rigore formale. Più semplicemente può essere stata la considerazione che a una clientela spesso ignorante è più facile e meno faticoso propinare forme precotte e stereotipate.
Fatto sta che negli ultimi anni della sua vita Walter Di Salvo non riesce a più a produrre opere significative. Un brutto destino per uno dei più dotati allievi della grande scuola fiorentina del dopoguerra.

Luigi Prestinenza Puglisi

LE PUNTATE PRECEDENTI

Architetti d’Italia #1 – Renzo Piano
Architetti d’Italia #2 – Massimiliano Fuksas
Architetti d’Italia #3 – Stefano Boeri
Architetti d’Italia #4 – Marco Casamonti
Architetti d’Italia #5 – Cino Zucchi
Architetti d’Italia#6 – Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Architetti d’Italia#7 – Adolfo Natalini
Architetti d’Italia#8 – Benedetta Tagliabue
Architetti d’Italia#9 – Michele De Lucchi
Architetti d’Italia#10 – Vittorio Gregotti
Architetti d’Italia#11 – Paolo Portoghesi
Architetti d’Italia#12 – Mario Cucinella
Architetti d’Italia #13 ‒ Mario Bellini
Architetti d’Italia #14 ‒ Franco Purini
Architetti d’Italia #15 ‒ Italo Rota
Architetti d’Italia #16 ‒ Franco Zagari
Architetti d’Italia #17 ‒ Guendalina Salimei
Architetti d’Italia #18 ‒ Guido Canali
Architetti d’Italia #19 ‒ Teresa Sapey
Architetti d’Italia #20 ‒ Gianluca Peluffo
Architetti d’Italia #21 ‒ Alessandro Mendini
Architetti d’Italia #22 ‒ Carlo Ratti
Architetti d’Italia #23 ‒ Umberto Riva
Architetti d’Italia #24 ‒ Massimo Pica Ciamarra
Architetti d’Italia #25 ‒ Francesco Venezia
Architetti d’Italia #26 ‒ Dante Benini
Architetti d’Italia #27 ‒ Sergio Bianchi
Architetti d’Italia #28 ‒ Bruno Zevi
Architetti d’Italia #29 ‒ Stefano Pujatti
Architetti d’Italia #30 ‒ Aldo Rossi
Architetti d’Italia #31 ‒ Renato Nicolini
Architetti d’Italia #32 ‒ Luigi Pellegrin
Architetti d’Italia #33 ‒ Studio Nemesi
Architetti d’Italia #34 ‒ Francesco Dal Co
Architetti d’Italia #35 ‒ Marcello Guido
Architetti d’Italia #36 ‒ Manfredo Tafuri
Architetti d’Italia #37 ‒ Aldo Loris Rossi
Architetti d’Italia #38 ‒ Giacomo Leone
Architetti d’Italia #39 ‒ Gae Aulenti
Architetti d’Italia #40 ‒ Andrea Bartoli
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Architetti d’Italia #42 ‒ Leonardo Ricci
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Luigi Prestinenza Puglisi

Luigi Prestinenza Puglisi

Luigi Prestinenza Puglisi (Catania 1956). Critico di architettura. Collabora abitualmente con Edilizia e territorio, The Plan, A10. E’ il direttore scientifico della rivista Compasses (www.compasses.ae) e della rivista on line presS/Tletter. E’ presidente dell’ Associazione Italiana di Architettura e Critica…

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