Futuro Antico. Intervista allo scrittore Bernardo Zannoni

Il più giovane vincitore del premio Campiello Bernardo Zannoni ci racconta come la nuova generazione affronta la contemporaneità

Bernardo Zannoni (Sarzana, 1995) ha iniziato a lavorare al suo romanzo d’esordio, I miei stupidi intenti, all’età di 21 anni. A venticinque Zannoni conclude la sua prima opera, che narra la storia di una faina di nome Archy che vive nel bosco e si interroga sui grandi temi della vita. Vincitore del Premio Campiello 2022, è il più giovane scrittore ad aver ottenuto questo riconoscimento.

Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
Credo che il pensiero sia una commistione indecifrabile di qualsiasi colore, immagine, parola o concetto che abbiamo assimilato nella nostra vita. Nel salotto di casa mia sono già riuscito ad accumulare a 25 anni 300 dischi, altrettante centinaia di libri e circa 80 quadri che ho appeso alle pareti, per cui posso rispondere solamente citando alcuni mostri sacri in ambito artistico, come la pittura di Caravaggio per la capacità di includere una geometria prestabilita all’interno della forma e delle dimensioni che è in grado di illuminare gli occhi e di attivare a livello inconscio nello spettatore un richiamo universale. Posso citare i fratelli Cohen e Kubrick per il cinema o The Doors, Tom Waits e l’enorme rivoluzione che è stata per me e la mia adolescenza Bob Dylan in ambito musicale. Infine per la letteratura inizialmente ero ossessionato con i francesi, Balzac, Dumas e Hugo, e poi fortunatamente ho scoperto Ágota Kristóf e ho capito il valore di saper “asciugare” nella scrittura. La cosa più bella nella letteratura è l’immaginazione e lo scrittore deve riuscire a non prendersi lo sforzo di dire troppo, più informazioni dai al lettore più la tua storia diventa sterile.

Bernardo Zannoni

Bernardo Zannoni

Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
Non sono mai partito con la grandissima ambizione di avere un progetto professionale, nella mia testa ho sempre pensato che non avrei mai fatto un lavoro, che sarei stato un barbone con la chitarra e l’armonica a baffo che girava per le stazioni dell’America. Di sogni ne avrei tantissimi, ma rimangono sempre sogni, non si applicano alla realtà. Sono una persona che come unico desiderio nella vita ha quello di raggiungere la tranquillità, vivo abbastanza nel mio mondo e quel mondo è inviolabile, e sono sempre lì a mettere degli argini e delle mura difensive per proteggerlo, quando qualcuno entra portando anche un piccolo granello di polvere, spesso mi ammalo e muoio. Il mio progetto è cercare di limare questo difetto e avere un ecosistema che mi permette di vivere sereno.
Su queste inclinazioni a 21 anni è nata l’idea di scrivere un libro, proprio quando mi resi conto che lasciare impronte dei propri pensieri su un foglio non solo ti alleggerisce ma è anche molto bello perché quel pensiero diventa in minima percentuale realtà. Se qualcuno si fermava a leggere e c’era scritto che io potevo volare, quella frase proiettava un pensiero in chi leggeva in cui effettivamente io potevo volare.
Mi è frullata in mente questa storia di un bosco e la vera difficolta è stato il primo periodo (nel senso compiuto di frase): “Mio padre morì perché era un ladro”. Una volta scritto questo, tutto il resto segue, è come fare un’addizione matematica identificando il perché, il percome e un complemento oggetto e da lì si scende fino alla fine della storia. La vera difficoltà sta sempre nell’inizio. Una volta che inizi si va ad accavallare il senso di dover finire e di dover dare un capo a quello che si sta facendo.

Che importanza ha per te il Genius Loci all’interno del tuo lavoro?
L’importanza dei luoghi all’interno di un racconto per me è fondamentale, come detto prima, vivendo in un mondo isolato, principalmente nella mia testa, ogni luogo fa sì che un pensiero riesca a piantarsi, a fiorire e a crescere. Il luogo protegge sia la storia che i personaggi. Parto sempre da un luogo prima ancora di cominciare a intuire una storia. Anche per scrivere I miei stupidi intenti, io prima di pensare alla storia stavo pensando a un bosco, alla sicurezza e alla carineria degli animali che mi permettevano di scrivere cose leggere grazie alla loro semplicità. Gli animali godono di una potenza narrativa che deriva dalle favole, per me il bosco era tutto perché mi permetteva di avere carta bianca, il bosco è confusionario, ci si può perdere, è una scacchiera bella e pronta su cui tirare giù un personaggio e fargli fare qualsiasi cosa.

Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti, copertina

Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti, copertina

PASSATO E FUTURO SECONDO BERNARDO ZANNONI

Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Al di là della nostra divisione, che è quella dei dannati che hanno acquisito una coscienza, il passato rappresenta il perché ho agito, il presente rappresenta ciò che devo fare e il futuro è la domanda: “cosa diavolo farò dopo?”. Sono ovviamente tutti collegati ma anche sovrapposti, il passato è l’esperienza, è il perché faremo qualcosa nel futuro e il perché stiamo già sbagliando qualcosa nel presente, ma prima ancora erano i nostri errori.
Il passato in realtà non esiste, l’unica cosa che esiste è la penna che sta scrivendo in questo momento.

Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
Fallo perché ti piace, fallo perché sei libero di fare quello che vuoi, fallo per non accettare nessun compromesso che poi ti rovina la vita. Quel passato lì poi andrà a morderti ogni notte, il consiglio che posso dare è rimanere fedeli a se stessi.

Bernardo Zannoni

Bernardo Zannoni

In un’epoca definita della post verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Il concetto di sacro è un concetto che sparisce e ritorna continuamente, la storia è un ciclo infinito, il sacro si va a legare a tanti altri concetti, che si ripetono, come il male che è destinato a tornare, il bene è destinato a trionfare e di nuovo il male che rinasce sulle ceneri del bene.
Il sacro si può trovare ovunque, basta avere gli occhi per trovarlo.
Al momento ci guardiamo intorno e non siamo tanto attaccati a questo concetto, ma più in là tornerà di moda, il sacro torna sempre.

Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
Con questa civilizzazione così imperante e fagocitante dovremo fare veramente i conti alla svelta con la nostra esistenza e il nostro benessere e soprattutto con i Paesi che cercano di raggiungere i nostri livelli. Bisognerà mettersi d’accordo al più presto e bisognerà avere una consapevolezza collettiva, e qui già la mia immaginazione va al 2050-2100 (a patto che i nostri dissapori non ci distruggano prima).
Dobbiamo preservare questa nostra casa, questa biglia azzurra che vaga nel cosmo, e forse il mio desiderio più importante seguendo David Bowie è quello di smettere di romperci le scatole a vicenda per quattro alberi e andare a colonizzare Marte, mi piacerebbe molto mandare mio figlio all’università marziana se sarà possibile.

Marco Bassan

Gli episodi precedenti

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Marco Bassan

Marco Bassan

Curatore d’arte contemporanea, fondatore di Spazio Taverna. Ha curato progetti per istituzioni quali il MAECI, Fondazione CDP, CONAI, i Musei Capitolini, il Museo Nazionale Romano, il Parco Archeologico dell’Appia. Nel 2023 ha consegnato la tesi di dottorato presso Roma Tre…

Scopri di più