Andare oltre la Street Art. Intervista a Liqen

Le sue radici affondano nella Street Art, ma la sua poetica ha preso altre strade. Ecco la storia di Liqen.

Liqen è nato nel 1980 a Vigo, città portuale e industriale della Galizia, in Spagna. Uno strano dono per le proporzioni e la sua precoce passione per la natura, per il futuro dell’uomo, la diversità delle specie (in particolare gli insetti) gli conferiscono una straordinaria capacità di creazione cosmogonica, di inventiva, di formazione fantastica e delirante del mondo e della materia.

Ci puoi raccontare i tuoi ultimi lavori?
Innanzitutto voglio esprimere il mio dolore per tutto ciò che sta accadendo a livello globale, la mia attenzione è rivolta in particolare verso i più indifesi e innocenti. Inoltre di solito non concedo molte interviste, ma mi sono convinto che almeno una potrei concederla, grazie!
Alcune cose importanti di ciò che stavo sviluppando qualche anno fa le conservo ancora ermeticamente, solo chi è vicino all’irrequietezza conosce quei passaggi. Curo questi pezzi come se fossero un buon vino, affinché non cadano nell’immediatezza. Li pubblicherò più avanti. Il fatto di tornare in Messico nel 2018 ci ha fatto prendere una certa “aria”, si va in Messico per cercare tempo e amore. Devo dire che i miei ultimi lavori usciranno presto sul nuovo sito.
Oltre all’osservazione e ai miei lavori più meccanici basati sul disegno, mi dedico ai miei appunti e scritti sulla teoria della “Methanics and friction” (teoria delle metaconnessioni della materia con più tempi e spazi) che finirò quando si avvicinerà la mia morte. Per il resto ho lavorato al cinema con un noto regista (di cui non dirò il nome), ho lavorato su alcuni volumi per privati, a qualche disegno di architettura, di design, mobili, ecc. In questi momenti sono tornato alla materia prima che mi ha sempre martellato dentro: la pittura a olio, che mi riempie di entusiasmo.

Ora nello specifico di cosa ti stai occupando?
Come ho già accennato, la mia curiosità sta nel creare un unico sistema di connessioni tra corpi e spazi attraverso visioni-pensieri che io chiamo “frictionism”, è qualcosa di molto personale che risiede solo in me al momento, una capacità di trasformare la materia con tutte le conoscenze possibili, ancestrali e del nostro futuro. La creazione di queste connessioni richiede anche contemplazione e concentrazione. È sparito quello stupido desiderio di sperare che il mondo “ti veda” o creare qualcosa di grande e sensazionale grazie alle forme e ai colori. Ora parlo della bellezza della condizione umana e non umana, senza autocensura, è l’unico modo per salvare l’arte attuale da così tanti gingilli e manifesti. Sembra probabile che oggi tutto questo possa essere accettato.

Cosa significa lavorare in strada, sui muri?
È passato molto tempo da allora, è stata una tappa della mia vita. Devo dire che è stato un momento che mi ha dato molto, soprattutto per il contatto con le persone e i quartieri, poter condividere idee con gente curiosa, ma la meccanica del mondo attuale è troppo aggressiva, la mia curiosità cresceva e aveva bisogno di più lavoro in studio che “volare da una città all’altra”. Il mio lavoro era troppo costoso a livello tecnico e concettuale in generale, quel mondo di “fama” dei murales non ha niente di unico al di là del fatto che è molto difficile mettere una “tela” di quelle dimensioni in casa tua.
Questa stanchezza si è aggiunta alla mia leggera misantropia a livello sociale, essere d’accordo con le persone è un lavoro arduo, assurdo e impossibile, ho finito per vederla così… Quindi questo è il passato, non è che fossi molto interessato a dedicarmi esplicitamente alla pittura per strada, l’interesse che mi suscitava era più quello di viaggiare e conoscere città e persone, ma naturalmente la mia chiamata è un’altra, qualcosa di più profondo che ho nell’anima. Questo non ha niente a che fare con la “cultura urbana” populista, ma con una cultura veramente “universale”. L’opinione pubblica è una grande confusione, proprio come i social network. A volte è necessaria, ma è confusa.

Liqen, Il devenire, Sanba Project, Roma, 2014. Courtesy l'artista

Liqen, Il devenire, Sanba Project, Roma, 2014. Courtesy l’artista

LO STILE DI LIQEN

Che cosa ha significato per te questa pausa, a causa della pandemia di COVID-19?
Ti mentirei se ti dicessi che qualcosa è cambiato… niente in particolare, perché sono sempre stato una specie di monaco di clausura, l’unica cosa che è servita è stata rafforzare la mia idea che la tecnologia sia la cosa più assurda, dopo lo stesso uomo moderno. Vendono l’idea che ci salverà… e guarda invece; arriva un minuscolo virus e succede quello che succede. Diventeremo ogni volta più fragili e più controllati se non cambiamo il nostro “design degli interni”. D’altra parte, ho ricominciato a recuperare cose che avevo lasciato parcheggiate fin dall’infanzia, tra cui modellismo e pittura a olio, che mi provoca una strana ed eccitante allucinazione.

Sei un artista che passa dalla Street Art alla pittura all’installazione. Come ti definiresti?
Non potrei definirmi perché dovrei definire ciascuna delle mie sfaccettature ed entità che abitano il mio corpo. Sarebbe infinito e ridicolo. Forse potrei dire che sono un essere aggiornato ma con la mente in un altro tempo, come un lichene che può morire e rinascere, quindi viaggia nel tempo. Frictionist.

Hai avuto esperienze in Italia, come a Roma, nel quartiere di San Basilio, per quel che riguarda la Street Art. Cosa ricordi? Ti piacerebbe tornare?
Ho una forte unione con l’Italia, mi piacciono i gesti, il carattere, il modo di intendere degli italiani, popolo caotico e conflittuale. Lo porto sempre dentro… quando ho lavorato a Roma è stato molto divertente, ricordo la famiglia Capodaqua con grande affetto, mi hanno accolto con gratitudine, ricordo una paella che ho cucinato per loro, quel giorno c’era anche il prete di San Basilio (che era panamense), ricordo che mi aveva invitato a un funerale, ricordo il poster del Papa che era sulla porta, che diceva: “Non avere paura“. In questo modo sono uscito di casa convinto e motivato! Sono stati momenti magici in cui l’uomo si perde, e quando puoi vederlo da distante ricordi solo la bellezza. Ho avuto grandi amici, spero presto di rifare qualcosa in Italia e di poter così camminare per quelle strade piene di storia. Grandi imperi caduti.

Quali tecniche usi?
Non ho una tecnica molto chiara. Tutto ciò che trovo come utensile o strumento è il benvenuto ‒ se sai come sfruttarlo.

Liqen, El despertar de los tiempos, Guadalajara, 2017. Photo Quique Tourinho

Liqen, El despertar de los tiempos, Guadalajara, 2017. Photo Quique Tourinho

LA STREET ART SECONDO LIQEN

Perché ti sei avvicinato alla Street Art? Quali ricordi ne hai?
Come ho detto, è un mezzo per uno stadio più imberbe, secondo me non bisogna “aggrapparsi” a esso, biologicamente non dovrebbe essere così, almeno penso. Forse era a scuola, quando avevo 13 anni, nel 1993, i graffiti andavano di moda e i bambini creavano le loro band, io e mio fratello disegnavamo i graffiti su carta per farli dipingere. Tutto è cambiato molto da allora. Poi, a 18 anni, abbiamo iniziato a fare il nostro lavoro, abbiamo usato bombolette spray, poi mi è sembrato troppo facile e bio-spiacevole, così ho iniziato a usare il pennello e la vernice acrilica, il risultato è cambiato… è una lunga storia.

La tua definizione di arte di strada.
Non si può definire qualcosa che è già definito, è una parola che si pronuncia allo stesso modo in tutto il mondo, per esempio in inglese. Quindi immagina.
Ho dipinto le unghie, significa che sono un nailartist?
Ho dipinto nei villaggi, significa che sono un artista rurale?
Ho dipinto aeroplani, significa che sono un flyartist?
Ho dipinto nella foresta, significa che sono un forestartist?
Ho dipinto per strada, significa che sono un artista di strada?
Ho anche dipinto delle lumache, significa che sono uno snailartist?
Per tutte queste domande la risposta è NO. Qui vediamo quanto siano stupidi i termini.
Quando uno è una persona che comprende e ha la capacità di capire, trasformare e modellare la materia (il vuoto quindi) in tutte le sue forme, smette di pensare a qualcosa del genere. Io non ho assolutamente nulla a che fare con queste definizioni.

Progetti per il futuro?
Spero di lavorare a diversi film, e nell’ambito dell’architettura. Stiamo anche lavorando alla creazione di un marchio di oggetti per collezionisti curiosi tra le altre cose che presto potrete apprezzare.

Alessia Tommasini

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Alessia Tommasini

Alessia Tommasini

Sono veneta di nascita, ho abitato per anni a Roma e ora a Firenze. Mi sono laureata in Filosofia a Padova e subito ho cominciato a muovere le mie prime esperienze nel campo della creatività e dell'arte, formandomi come editor,…

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