Rigenerare Taranto con la Street Art. Intervista a Giacomo Marinaro

Taranto Regeneration Urban and Street è il titolo del progetto realizzato da Giacomo Marinaro e soci nella città pugliese. Ne abbiamo parlato con lui.

Abbiamo intervistato Giacomo Marinaro, tra i fondatori del festival di Street Art Gulìa Urbana, che, con Andrea e Matteo Falbo, ha realizzato a Taranto il progetto T.R.U.st., acronimo di Taranto Regeneration Urban and Street, introducendo il concetto di Urban Art come un “museo a cielo aperto”. Tony Gallo, Uno, Alice Pasquini, Cheone, Dimitris Taxis, Checko’s Art sono stati gli artisti coinvolti.
Gulìa Urbana nasce nel 2012 dall’idea della giovane associazione calabrese Rublanum, con la volontà di recuperare zone urbane dismesse o poco valorizzate tramite l’arte, facendo riferimento soprattutto al mondo del writing e della Street Art.

INTERVISTA A GIACOMO MARINARO

Che tipo di esperienza è stata quella di Taranto per Gulìa Urbana?
È stata un’esperienza importante da un punto di vista umano e formativo per noi dell’organizzazione e per gli artisti stessi. Ha fornito un valore aggiunto al nostro lavoro, dando vita a uno spazio interessante e diverso da quelli in cui siamo soliti operare. In un quartiere periferico, come quello di Paolo VI a Taranto, l’appartenenza alle strade è forte e lo si vede dalla mole di bambini e bambine che lo vivono come spazio ludico e che ora è diventato un luogo artistico grazie ai murales realizzati.

Quali difficoltà o rallentamenti avete incontrato a causa del Covid -19?
Il progetto in origine prevedeva maggiori laboratori artistici per bambini, incontri con la cittadinanza ed eventi musicali, dunque situazioni che prevedevano momenti di aggregazione ora vietati. Per questo ci siamo dovuti concentrare solo sull’aspetto artistico e comunicativo. Nonostante tutto, siamo riusciti, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza sanitarie, a curare alcuni laboratori artistici per bambini, grazie alla preziosa collaborazione delle associazioni locali.

Quando hai sentito l’esigenza di occuparti di Street Art e perché?
Fin da bambino ho sempre avuto la passione per la cultura hip hop che, come ben sai, è composta da quattro discipline, tra cui il writing. Disciplina che mi ha sempre incuriosito e che mi ha portato ad approfondirla fino alla Street Art e non solo. Nel 2012 con gli amici Andrea e Matteo Falbo, abbiamo deciso di riqualificare un’area abbandonata di Rogliano, un comune in provincia di Cosenza; il tutto è stato realizzato con l’attitudine e le vibrazioni giuste proprie del movimento culturale hip hop, dedicando spazio alla disciplina del writing. Con la collaborazione di alcune crew locali, abbiamo compreso come il colore su muro potesse sviluppare e valorizzare il territorio e la persona stessa che vi risiede. La stessa zona “abbandonata”, il giorno dopo l’evento, era piena di bambini e famiglie che la vivevano.

Dimitris Taxis, Cristi, Quartiere Paolo VI, Taranto 2020. Photo credits Iacopo Munno

Dimitris Taxis, Cristi, Quartiere Paolo VI, Taranto 2020. Photo credits Iacopo Munno

DALLA CALABRIA A TARANTO

Gulìa Urbana è appunto una realtà calabrese. Perché hai deciso di occuparti di Street Art anche in altre regioni? Pensi anche di lavorare all’estero?
Personalmente ho un forte senso territoriale, ma ho sempre guardato oltre il muro. Sono sempre stato attratto dalle sfide. Sensazioni che rivedo anche nei miei amici che seguono con me questo “percorso” artistico. Per noi l’esperienza di Taranto è stata una sfida importante in quanto volevamo sperimentare un nuovo territorio. Le facciate proposte nel quartiere periferico assegnato sembravano da subito interessanti per creare uno sviluppo culturale e artistico. Abbiamo già avuto modo di collaborare oltre i confine calabresi. Una bellissima esperienza è avvenuta nel Lazio, precisamente a Latina, creando e curando insieme al Centro Antiviolenza “LILITH” un evento in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Essendo un gruppo che crede molto all’idea di rete, cerchiamo di portare quello che siamo: un’organizzazione e una direzione artistica fondate sull’integrazione. Riguardo alla possibilità di portare la nostra organizzazione all’estero, è… un quadro che presto attaccheremo sul nostro muro.

Perché è importante coltivare la Street Art anche in questo momento di pandemia?
Amiamo la parola coltivare, infatti il nostro motto ‒ preso dalla strofa di Esa nella canzone Play your position degli Ottierre ‒ è “coltiviamo dove tutti dicono che non cresce nulla”.
Se credi che un progetto possa migliorare il tessuto sociale e urbano, non puoi abbandonarlo. Durante il lockdown la strada era vista come un qualcosa di avverso, limitata dalle restrizioni. Ora l’idea di tornare sulla strada e di poterla usare per continuare a inviare messaggi e colorarla è un chiaro segnale di ripartenza per l’arte e la cultura.

Perché avete scelto la città di Taranto?
In realtà è stata Taranto a scegliere noi. Infatti è stato un nostro caro amico, Mario Pagnottella, appassionato del progetto Gulìa Urbana, che ha condiviso i nostri valori e deciso di portare Gulìa Urbana a Taranto, richiedendo la nostra organizzazione per la creazione di un grande progetto di Street Art. Poi è stata la lungimiranza dell’amministrazione a sposare il tutto.

Come selezioni gli artisti con cui collaborare per Giulìa Urbana? Che rapporto avete avuto con gli street artist del festival di Taranto?
Ho la passione per la ricerca giornaliera di nuovi artisti e con loro ho un continuo scambio di email e messaggi. Sostanzialmente la scelta ricade sui gusti personali e sul loro effettivo impatto sul territorio. In base alle tecniche e al tipo di arte cerco di capire come possono contribuire allo sviluppo personale e territoriale. Ogni muro dipinto diventa pubblico ed esso dovrà convivere con gli abitanti del quartiere per tutta la vita. Considero un atto di prepotenza affidare un muro a un artista senza effettuare uno studio del luogo. Mi immedesimo nella signora/e che ogni mattina aprirà la finestra e guarderà il muro dipinto. Gli artisti che hanno collaborato al progetto T.R.U.st. sono, quasi tutti, artisti che avevano già collaborato con noi in passato e che, fin da subito, hanno sposato l’esperienza di Taranto.

Checko's Art, Spartana, Quartiere Paolo VI, Taranto 2020. Photo credits Iacopo Munno

Checko’s Art, Spartana, Quartiere Paolo VI, Taranto 2020. Photo credits Iacopo Munno

STREET ART E RIGENERAZIONE

Questa esperienza è stata anche formativa, per i temi trattati (vedi il murale di Alessandro Leogrande d opera di Cheone) e perché vi siete trovati a vivere una periferia (composta da tanti bambini) umana ma allo stesso tempo difficile, che vi ha amato e vi ha seguito per tutta la durata del festival. È così?
Oltre a operare in periferia, nel quartiere Paolo VI, abbiamo curato due interventi in centro città tra cui un murale sulla facciata esterna della Biblioteca Comunale Acclavio. Anche qui lo studio del territorio è stato importantissimo. Alessandro Leogrande è stata una persona di cultura fondamentale per Taranto, per i tarantini e per la cultura italiana in generale. Sia l’artista sia noi lo abbiamo capito fin da subito e raffigurarlo su una struttura del genere è stata una scelta inevitabile. Vivere la periferia, invece, è stato un viaggio completamente diverso, unico. Lasciamo Taranto con un bagaglio emozionale nuovo. Emozioni che vorremmo rivivere anche per una seconda edizione, perché vedere un intero quartiere accoglierci, aiutarci, sostenerci e difendere i murales come qualcosa di proprio ci ha fatto capire che questo è un progetto vincente.

Ci racconti qualche aneddoto sul campo?
Di aneddoti ce ne sarebbero tanti. In particolare, porterò con me il ricordo di Giuseppe, un bambino di 11 anni del quartiere Paolo VI di Taranto, che piangeva quando l’artista Tony Gallo è andato via oppure quello di gustare il pesce fresco che quasi giornalmente gli abitanti ci portavano (lì sono quasi tutti pescatori).

La collaborazione con le istituzioni di Taranto (Comune ed enti locali) è stata molto proficua…
La collaborazione con l’amministrazione di Taranto è stata fondata su una forte intesa sin da subito. C’è stato un immediato interesse da parte dell’assessore Fabrizio Manzulli nel voler realizzare questo progetto per far sì che Taranto avesse su di sé una nuova identità. Ed è bello sapere che questo evento ha unito tutti.

Quali altre iniziative avete in serbo?
Nei prossimi mesi continueremo a collaborare con altri Comuni calabresi e non solo, portando la nostra organizzazione e direzione artistica fondate sull’integrazione. Ci sono tanti altri progetti che possono continuare a evidenziare l’importanza di questo movimento artistico e culturale.

Alessia Tommasini

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Alessia Tommasini

Alessia Tommasini

Sono veneta di nascita, ho abitato per anni a Roma e ora a Firenze. Mi sono laureata in Filosofia a Padova e subito ho cominciato a muovere le mie prime esperienze nel campo della creatività e dell'arte, formandomi come editor,…

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