Street Art e clandestinità. Intervista a Mattia Campo Dall’Orto

Prosegue il nostro viaggio sulle tracce degli street artist contemporanei. Stavolta a prendere la parola è Mattia Campo Dall’Orto.

Mattia Campo Dall’Orto è un artista indipendente attivo dal 1997. Spazia dalla pittura all’arte urbana, dalle installazioni alla calligrafia alla stampa d’arte e ai libri d’artista.
Ha sviluppato un approccio compartecipato che prevede il coinvolgimento delle comunità locali nelle fasi di progettazione e ideazione delle opere d’arte.
L’impegno sociale si riflette negli interventi su temi controversi e nei workshop creativi per adolescenti e soggetti svantaggiati. I progetti di arte partecipata, attraverso più viaggi-reportage lungo le attuali rotte dei migranti, lo hanno portato a svolgere attività nel Kurdistan iracheno nel 2016 e 2017. Ha preso parte a eventi nazionali e internazionali, svolgendo attività in Albania, Armenia, Austria, Belgio, Cipro, Germania, Georgia, Grecia, Iraq, Kenya, Kosovo, Macedonia, Messico, Montenegro, Olanda, Russia, Serbia, Slovenia, Spagna, Turchia e Regno Unito.

PAROLA A MATTIA CAMPO DALL’ORTO

Quando hai iniziato questo mestiere? Quali sono i tuoi primi ricordi?
Il Graffiti/Writing mi ha influenzato moltissimo: un movimento fatto di condivisione, illegalità, mobilità, competizione, rispetto… Questo ha segnato la mia adolescenza negli Anni Novanta ed è anche grazie a questa subcultura se sono quello che sono oggi.
Conservo dei ricordi meravigliosi di quel periodo e molte persone conosciute grazie all’arte urbana sono tutt’ora parte della mia vita.

Dunque, secondo te, oggi la Street Art è cambiata…
La Street Art, nel senso più popolare (e commerciale), è emersa qualche anno più tardi ed è stata un’opportunità per sperimentare nuove direzioni espressive. Purtroppo essa ha conquistato il ruolo di movimento alla moda, spesso politicamente corretto anche se irriverente, comunque accessibile e spendibile sul mercato, mentre il Graffiti/Writing rappresenta il lato oscuro della Creatività Urbana. Ovviamente le cose sono ben più complesse, ma questo è un discorso sicuramente meno romantico che non riguarda più i miei ricordi e ci proietta nelle insidie del presente.

Mattia Campo Dall’Orto, Fiera, Gradisca d’Isonzo, 2019. Photo credits Mattia Campo Dall’Orto

Mattia Campo Dall’Orto, Fiera, Gradisca d’Isonzo, 2019. Photo credits Mattia Campo Dall’Orto

Ma cosa ti ha spinto e cosa ti spinge a lavorare per strada, sui muri?
La libertà, la curiosità, la voglia di conoscere gente nuova e la possibilità di svincolarsi dai canoni estetici dominanti o da dinamiche commerciali. L’aspetto antropologico è fortissimo: creare opere in spazi pubblici è un’opportunità per incontrare persone diverse e confrontarsi con altre culture. Perché mai dovrei rinchiudermi in una bolla esclusiva quando posso esplorare le innumerevoli varietà del vivere?

Quindi la tua definizione di Street Art è…
La Street Art, anzi, diciamo più ampiamente, la Creatività Urbana, oggi è fatta di post, like, merchandising, spot, documentari, film, brand, grandi brand, contratti per grandi brand, grandi avvocati di grandi brand… Insomma tutto quello che una forma di espressione illegale dovrebbe ripudiare o almeno mettere in discussione. Per aggirare questa domanda posso dire che mi piace che la Creatività Urbana sia così varia da sfuggire a delle definizioni.
I lavori più genuini vanno scovati per strada, lontano dai riflettori, non cercando cosa ci è già noto perché già visto, confezionato e promosso. In clandestinità, fuori dai circuiti commerciali e dalle dinamiche dell’approvazione sociale, nascono delle soluzione estetiche interessantissime. Ecco perché molti artisti urbani, indipendentemente dal loro successo professionale, lavorano su più livelli, riservandosi dei momenti di assoluta libertà e preservando la propria credibilità all’interno della sub cultura.

Di cosa ti sei occupato ultimamente?
Le ultime tre opere di grandi dimensioni, tutte realizzate nel mese di agosto, sono molto diverse tra loro. A Brindisi ho utilizzato la progettazione compartecipata per dipingere un palazzo nel Quartiere Paradiso, una zona residenziale depressa con grande bisogno di riscatto. Dopo un periodo di ricerca sul campo, intervistando i residenti e facendo attività con i bambini, ho concepito un muro coloratissimo intitolato Mid Summer Pages: in esso c’è una bambina intenta a leggere con alle spalle un’enorme fetta di anguria con dei libri al posto dei semi.
A Volos, in Grecia, ho dipinto una figura ibrida su una facciata, proprio accanto a un condominio dipinto nel 2019. Una donna con la testa di cane si ripara sotto un libro aperto, da qui il titolo Hardcover Roof, dedicato alla lettura come luogo in cui cercare riparo.
Sulla biblioteca di Cervignano del Friuli (UD) ho alternato forme astratte alla scritta, ripetuta in vari caratteri, “Acqua che scorre forever”. Il concept e la citazione arrivano da un libro d’artista che ho realizzato grazie al materiale raccolto durante dei laboratori nel carcere minorile di Treviso da operatrici della Coop. Soc. Itaca.

Mattia Campo Dall’Orto, A Day in a Diary of a Voiceless, Volos, 2019. Photo credits Mattia Campo Dall’Orto

Mattia Campo Dall’Orto, A Day in a Diary of a Voiceless, Volos, 2019. Photo credits Mattia Campo Dall’Orto

Quali tecniche hai utilizzato e utilizzi in genere?
Tendo a mescolare le tecniche senza fissarmi su procedimenti abitudinari.
Per le opere su muro impiego soprattutto acrilici, spray e persino stucco per avere degli effetti materici. In fase di progettazione, la grafite solubile e gli acquerelli sono adatti agli studi su carta; al tempo stesso provo a limitare più che posso l’uso della computergrafica, comoda per le prove colore e i rendering ma povera e asettica, quindi poco stimolante (se non controproducente) nei momenti più creativi del mio lavoro. La fotografia (chimica e digitale) mi offre ottimi riferimenti iconografici e mi aiuta a prendere appunti visivi.
In calligrafia, con inchiostro e pennini autocostruiti, come nella stampa, con antichi caratteri tipografici, fisso messaggi ironici, criptici o non-sense. Tutte queste tecniche e linguaggi poi convergono nei libri d’artista, realizzati utilizzando materiali poveri e spesso di riciclo ma frutto di un metodo espressivo sofisticato e spontaneo al tempo stesso, apice di un processo di distruzione creativa.

Cosa ha significato per te e cosa significa oggi il periodo che stiamo vivendo? Come lo stai vivendo ora?
Non c’è stato alcuno stop, è solo cambiato (temporaneamente) il modo di esprimersi. Se dipingere in strada era impossibile durante il lockdown, e molti progetti sono stati cancellati o rimandati, ho colto l’occasione per riscoprire il piacere di disegnare e dipingere tele di medio formato. Parallelamente a tutte le considerazioni sociali e le ripercussioni economiche, la mia esperienza è stata estremamente introspettiva, legata al tema della sospensione e all’elasticità del tempo, grazie anche alla lettura.
L’autoisolamento è stato un periodo di fervente creatività: generalmente mi piace relazionarmi con la gente di persona ma sono capace di convivere con me stesso, con dubbi, contraddizioni e insicurezze.

E oggi?
Ora la voglia di viaggiare e scoprire è ancora più forte di prima.

Mattia Campo Dall’Orto, Osiride Brovedani, Trieste, 2017. Photo credits Mattia Campo Dall’Orto

Mattia Campo Dall’Orto, Osiride Brovedani, Trieste, 2017. Photo credits Mattia Campo Dall’Orto

Quali direzioni vorresti far prendere alla tua ricerca?
La relazione con l’altro è al centro del mio linguaggio artistico. Se il metodo partecipativo è un processo che applico ormai con naturalezza, non mi pongo l’obiettivo di abbellire gli spazi né ho la presunzione di insegnare qualcosa o rigenerare spazi attraverso l’arte.
Con l’arte urbana attivo uno scambio, mi confronto con nuovi contesti e restituisco una visione, sicuramente parziale e intima ma comunque frutto di relazioni umane.

E dove invece non vorresti “andare”?
Voglio evitare di cercare consensi con slogan e hashtag popolari, oppure ammiccare al grande pubblico con ritratti di personaggi illustri. Ultimamente al figurativo, sempre molto apprezzato, si affianca con crescente prepotenza la scrittura: il lettering è l’elemento tipico del Graffiti/Writing che mi ha conquistato ormai 23 anni fa e lo studio dell’alfabeto è una passione che non mi ha abbandonato.

Sei anche attento all’ambiente…
Da anni cerco di fare attenzione all’ambiente, specie nella realizzazione di opere monumentali magari utilizzando quanto più possibile prodotti a basso impatto ambientale. Per ridurre al minimo gli sprechi e il consumo di acqua sto testando un approccio ancor più delicato: spero vivamente di poter trovare una soluzione tecnica che mi permetta di abbattere i consumi e i costi, rendendo il fare arte accessibile e al contempo più rispettoso.

Se dovessi descriverci il tuo stile, come lo definiresti?
Liquido. Gli ambienti urbani non sono esattamente spazi che puoi controllare come quando si lavora in atelier. La capacità di adattarsi alle situazioni, considerando la sensibilità delle persone e la specificità degli spazi, mi aiuta a vivere con serenità ostacoli e “sorprese” che immancabilmente si presentano.
Per il resto evito di fissarmi su abitudini pittoriche o tecniche, provo a essere fluido così gli imprevisti non fanno altro che alimentare la mia creatività. Sicuramente ho sviluppato elementi caratteristici come le figure cancellate da una sorta di pixel, la “rollingraphy” nel lettering, lo stile pittorico “acquerellato”… L’importante è non considerarli definitivi perché desidero sperimentare ancora, senza adagiarmi.

Parliamo del tuo processo artistico. Come scegli cosa rappresentare?
Per opere complesse e progetti che coinvolgono comunità, istituzioni e altri stakeholder la scelta solitamente matura dopo una ricerca approfondita e numerosi bozzetti. Quindi l’opera affonda le radici nelle specificità storiche, culturali e sociali del contesto in cui s’inserisce, anche se poi mi riservo una certa flessibilità in fase di realizzazione.
Al contrario, nelle opere svincolate da reti di partner e progetti formali adoro il freestyle. La scelta è spontanea e molto veloce, anzi immediata: calligrafie e rollingrafie su muro o su carta sono improvvisate, realizzate senza traccia o modello preparatorio.

Progetti per il futuro?
Seguo molti progetti a medio e breve termine, tuttavia sul lungo periodo porto avanti la Perfect Strangers Library, un progetto partecipativo che coinvolge le comunità locali per creare una serie di libri unici fatti a mano. Questa collana di volumi diventa un nuovo “specchio” per una comunità, riflettendo emozionanti trasformazioni delle culture, delle relazioni e degli spazi urbani, principalmente attraverso manipolazioni analogiche. Coinvolti in specifiche attività creative, i “perfetti estranei” condividono informazioni e contribuiscono alla crescita di una libreria virtualmente infinita.
Ogni libro è un album di una famiglia allargata: gli estranei si rispecchiano in una iper-libreria, disponibile ovunque in formato digitale. Per chi fosse curioso, i primi libri d’artista sono disponibili online nella sezione Perfect Strangers Library del mio sito.

Alessia Tommasini

www.mattiacampodallorto.it

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Alessia Tommasini

Sono veneta di nascita, ho abitato per anni a Roma e ora a Firenze. Mi sono laureata in Filosofia a Padova e subito ho cominciato a muovere le mie prime esperienze nel campo della creatività e dell'arte, formandomi come editor,…

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