Fra arte e musica. Intervista al compositore Gasparotti

Sono le promesse internazionali della musica le protagoniste del nuovo capitolo della rubrica ispirata al legame fra arte e linguaggio musicale. Stavolta tocca al compositore italiano di avanguardia sperimentale Gasparotti

Gasparotti (Carrara, 1987) è il nome d’arte del compositore di musica elettroacustica, filmmaker e performer Gabriele Gasparotti. Vicino alla musica sin da bambino, negli anni ha seguito studi classici di pianoforte, viola e composizione, e il corso di musica elettronica presso il Conservatorio Verdi di Milano. Considerato un enfant prodige della musica d’avanguardia, talento riconosciuto da nomi importanti nel settore come il compositore statunitense Todd Barton, con cui ha anche condiviso il palco, Gasparotti cita tra le sue influenze storici compositori della musica d’avanguardia e sperimentale come il tedesco Karlheinz Stockhausen e lo statunitense John Cage e, ancora, grandi nomi del passato come Beethoven, Bach e Chopin.
Con il suo collettivo Muga Muchū Morphing Theater propende verso una forma artistica che unisce musica, arti visive e arti performative secondo precise simbologie estetiche vicine al Surrealismo e all’esoterismo. Definisce le sue esibizioni come rituali sonici e gestuali guidati dai Tarocchi di Marsiglia e dai transiti celesti. Predilige gli strumenti rigorosamente analogici, utilizza synth semimodulari (Korg e Buchla), cui abbina strumenti acustici ‒ pianoforte preparato, viola e violoncello, questo suonato, insieme a live electronics, da Benedetta Dazzi con cui si esibisce. Nel 2018 pubblica il primo lavoro Extrema Ratio insieme a Nicola Bogazzi, mentre nel dicembre 2019 esce per Dornwald Records, Dio Drone e Il Dio Selvaggio l’album Istantanee vol.1 registrato su nastro magnetico con una modulazione ansiosa e ossessiva, a creare paesaggi sonori fortemente cinematici con cui viene accostato sia a Stockhausen che al minimalismo del compositore statunitense Philip Glass.
Gli ultimi esperimenti si svolgono all’interno di luoghi aperti (un’ex base NATO o cimiteri), dove i suoni vengono canalizzati, registrati live e documentati da video, come l’ultima opera Pie Jesu (2022), in cui la musica incontra il misticismo cristiano in una forma anche cantata simile a una preghiera. Tra le surreali opere video da lui dirette e dove è il protagonista, il cortometraggio La nascita di Zelda v.2.0 è stato proiettato alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia (2019). Nell’ultimo anno Gasparotti ha condiviso il tour con la songwriter dream-doom Julinko.

Gasparotti. Photo Kumiko Kiwi Mochizuki

Gasparotti. Photo Kumiko Kiwi Mochizuki

INTERVISTA A GASPAROTTI

La tua definizione di arte.
Arte è la capacità di andare verso qualcosa, attuare l’intuibile andando verso il vuoto, verso il dio inesistente che ci sta sognando. Personalmente ho una visione dell’arte vicina a quella donata dall’etimologia latina, ars artis, che indica la capacità di produrre qualcosa tramite la padronanza di determinate tecniche – una visione arcaica e artigianale in cui l’artista si sporca le mani, distante da quella moderna in cui spesso è solo ideatore di concetti che poi fa realizzare a laboratori artigiani.

La tua definizione di musica.
Musica è il verbo degli uccelli, le frequenze e i silenzi che formano la trama sottile dell’Universo.

Ti definisci un “artista”?
Sento spesso le persone definirsi artisti; non so di preciso cosa intendano, ma ho l’impressione che cerchino nell’arte un motivo d’essere. In questa tendenza non riesco a riconoscermi, non mi interessa essere identificato in qualcosa e non riesco a definirmi; farlo implicherebbe sapere chi sono, mentre non lo so affatto: sento di aspirare al vuoto, sono un essere umano che tende all’annientamento, lo ricerco costruendo strutture metafisiche vibrazionali e nelle performance rituali che realizzo insieme al collettivo Muga Muchū Morphing Theater – un laboratorio di esseri umani che cercano di superare i propri limiti attraverso vari linguaggi. Forse in questo senso, essendo un’altra etimologia possibile di arte la radice ar-, che in sanscrito significa andare verso qualcosa ‒ l’annientamento nel mio caso ‒, posso essere definito artista, ma al fine di raggiungere il vuoto, perdere ogni definizione e non esserlo più.

ARTE E MUSICA SECONDO GASPAROTTI

L’opera di arte visiva che più ami.
Non riesco a pensare a una cosa che più amo; potrei dirti il nome di un’opera e cambiare idea dopo pochi secondi, ma se chiudo gli occhi e provo a pensarci mi appare una visione da Maldoror di Isidore Ducasse – capisco che si potrebbe obiettare che non si tratta di un’opera visiva ma letteraria, ma in quelle pagine la narrazione si perde in visioni che prendono vita nella fantasia del lettore al quale sono solo suggerite, superando il limite del segno e del simbolo; è stato cinema prima del cinema e superamento della pittura. Tant’è che gli adattamenti cinematografici o videoartistici realizzati hanno sempre fallito. Anche le partiture di Bach sono, prima che musica, opere visive che non mi stanco mai di osservare, in esse la simmetria e l’ordine convivono con la libertà. Poi nella pittura c’è questo quadro, La tomba dei lottatori di Magritte, che ricorda molto il modo in cui ho mixato i miei dischi; questo mi affascina, nonostante lo trovi allo stesso tempo orribile.

La canzone che hai preferito.
La canzone che più amo ascoltare è la canzone del vento. Ma se parliamo di incisioni discografiche sono affezionato a Gesang der Jünglinge di Stockhausen, che mi folgorò nell’adolescenza, e dall’elettronica della scuola milanese dello studio di fonologia di Paccagnini, che mi ha portato a studiare musica elettronica al Conservatorio Verdi di Milano. Per quanto riguarda quella che più amo suonare, torno sempre alle composizioni per pianoforte di Chopin.

I tuoi recenti progetti.
Dopo Istantanee vol.1 e alla sua conclusione (ancora inedita) ho iniziato a collaborare sia live che in studio con la violoncellista e scultrice sonora Benedetta Dazzi. Alcuni lavori nati da questa collaborazione fanno parte di due dischi che vedranno la luce nel 2023; inoltre ho sperimentato la canalizzazione di brani registrati su nastro in presa diretta in luoghi particolari ‒ “luoghi di potere”, per dirla con qualcuno ‒, porte verso un libero intuire che preceda l’istante, il luogo, il Logos. Alcuni di questi brani, accompagnati dai video che ne testimoniano le fasi di registrazione, sono stati pubblicati su YouTube, come Anabasis e Pie Jesu – quest’ultimo registrato in un cimitero.

Un ricordo della tua vita.
Il 24 ottobre 2021, durante una tempesta eolica, insieme a un gruppo di ricercatori, medici, ingegneri, tecnici, esperti psichedelici e una violoncellista, ho raggiunto una ex base NATO, tentando di rimettere in funzione antenne ormai in disuso, per canalizzare un messaggio. In qualche modo, riuscimmo a rimettere in moto quegli artefatti.
In quei movimenti rapidi, attraverso le spinte del vento, mi sembrò di vederne le forme. I riverberi accecanti sembrarono coglierci in errore, così che il messaggio ci attraversò senza potercene rendere conto. Le riprese e le registrazioni audio in presa diretta che testimoniano questa esperienza sono visibili su YouTube sul canale Muga Muchū Morphing Theater.

Samantha Stella

https://www.facebook.com/gasparottiMMMT

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Samantha Stella

Samantha Stella

Samantha Stella, nata a Genova, vive a Milano. Artista visiva, performer, set & costume designer, regista, musicista, cantante. Sviluppa principalmente progetti focalizzati sul corpo e pratiche di discipline live utilizzando differenti linguaggi, installazioni con elementi strutturali e corporei, fotografia, video,…

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