Arte e musica. Intervista a Lee Ranaldo dei Sonic Youth

L’undicesimo appuntamento con la rubrica dell’artista Samantha Stella presenta il ritratto del chitarrista statunitense Lee Ranaldo. È co-fondatore della band Sonic Youth

Lee Ranaldo (New York, 1956) è un chitarrista, cantante e produttore statunitense, co-fondatore del gruppo alternative/noise rock Sonic Youth, nonché artista visivo e poeta.
Nel 2003 è stato inserito al 33esimo posto della lista dei 100 migliori chitarristi redatta dalla testata Rolling Stones. Al 34esimo posto appariva Thurston Moore, altro membro, insieme a Lee, Kim Gordon e Steve Shelley, dei Sonic Youth. Entrambi apparivano al primo posto nella classifica dei 100 migliori chitarristi redatta nel 2012 dal magazine americano Spin.
La band, fondata nel 1981 e scioltasi nel 2011, in trent’anni di carriera è diventata una vera icona della scena alternativa americana e mondiale, nonché un’influenza importante nella nascita del genere grunge: nel 1991 il loro tour con gli allora poco conosciuti Nirvana è stato incluso nel film documentario 1991: The Year Punk Broke diretto da Dave Markey sulla scena punk-alternativa di diverse band.

LA STORIA DI LEE RANALDO

Con influenze di gruppi psichedelici californiani come Grateful Dead e Jefferson Airplane, e di gruppi punk e new wave come gli americani Ramones, Television e Talking Heads, sin dai tempi dell’università Lee Ranaldo ha fatto parte di varie band e, accanto alla carriera con i Sonic Youth, ha sviluppato una sua ampia carriera solista con la pubblicazione di numerosi album. Nel 2012 e nel 2013 ha pubblicato due album con la formazione The Dust che vede alla batteria l’ex batterista dei Sonic Youth Steve Shelley. Come scrittore ha pubblicato molti libri, sia di carattere musicale che poesie. Lee Ranaldo si occupa anche di cinema, disegno, pittura e installazioni video e audio. Dal 2005 ha presentato disegni, dipinti, video e performance musicali, sia da solo che con la moglie Leah Singer, fotografa e artista multimediale, in numerose mostre personali e collettive in gallerie d’arte e musei di tutto il mondo, a testimonianza di una vasta carriera fondata su molteplici linguaggi artistici. Il 12 novembre 2021 è uscita per l’etichetta discografica britannica Mute una sua pièce strumentale acustica di 22 minuti divisa in quattro parti, In Virus Time, scritta durante il lockdown a New York nell’autunno del 2020.

Lee Ranaldo. Photo credit Leah Singer

Lee Ranaldo. Photo credit Leah Singer

INTERVISTA A LEE RANALDO

La tua definizione di arte.
Direi che “arte” è qualsiasi creazione umana che ti commuove in qualche modo, dice qualcosa di te o della condizione umana, offre una nuova prospettiva, apre a una nuova visione.
In questi giorni l’arte è spesso ricondotta a merce, vendite, valore e collezionisti/investitori – ma ciò che stanno freneticamente cercando di acquistare rimane lo stesso –, un riflesso della condizione umana, rappresentazioni del nostro tempo o dei tempi passati, qualcosa che durerà e farà luce oltre l’accaduto del giorno.

La tua definizione di musica.
La musica è qualsiasi suono nell’aria. Ognuno di noi può determinare la “cornice” e ciò che siamo disposti ad accettare come definizione del termine. John Cage poteva aprire la finestra e chiamare “musica” i rumori della strada: la sua cornice era ampia e inclusiva. Che si tratti della voce umana o di uno strumento percosso o pizzicato, di un martello pneumatico o della brezza dell’oceano attraverso le palme, è nell’interesse e nell’attenzione degli ascoltatori che si trova la musica.

Ti consideri un “artista”?
Sì, solo in questo, non sono bravo in nessun altro lavoro. Sono stato fortunato a trascorrere la mia vita guardando il mondo e creando cose.

ARTE E MUSICA SECONDO LEE RANALDO

L’opera di arte visiva che più ami.
È impossibile rispondere a questa domanda, troppa musica e troppa arte sono state importanti nella mia vita. Ho visto questa settimana la mostra di Jasper Johns, beh, metà mostra – la metà esposta al Whitney Museum of American Art, l’altra metà al Philadelphia Museum of Art la vedrò successivamente. Che mostra straordinaria, che artista stimolante!
Ma è solo uno dalla mia lista. Per quanto riguarda un singolo lavoro specifico, è quasi impossibile dirlo. Dovrei elencarne 50 o 100 solo per iniziare.

La canzone che più ami.
In risposta a una domanda come questa di recente ho usato la vecchia e trita frase “è come chiedere di scegliere il tuo figlio preferito!” ‒ e il mio interlocutore ha risposto un po’ cinicamente che “si può fare“, ma non sono sicuro sia possibile. Come sopra, iniziamo con circa 50 e partiamo da lì. Non solo non c’è una risposta “giusta” a questa domanda (ovviamente), ma anche nessuna risposta che mi venga in mente che non sminuisca tutte le altre canzoni che amo.

I tuoi recenti progetti.
Sono stato piuttosto fermo con i miei brani in quest’ultimo anno e mezzo. Mi sono buttato in acquerelli di fiori, per lo più, ma non ho fatto molta musica. Ho ascoltato e pensato molto alla musica, ma non ho fatto molto. Sono riuscito a creare un album della mia “musica Covid”, come la chiamo io ‒ musica strumentale di chitarra acustica solista, piuttosto oscura e minimale, ripetitiva ‒, registrata nel mio salotto buio nel settembre 2020. Mute ha pubblicato In Virus Times il 12 novembre 2021. Creato un anno fa in tempi di profonda pandemia, eccoci qui più di un anno dopo e ancora non siamo fuori dai guai. Sto cercando di immaginare cosa voglio fare, andando avanti. Spero di non riprendere dal punto in cui ero alla fine di febbraio 2020, ma di passare ad alcune cose nuove. Non ho ancora capito come sarà.

Un ricordo della tua vita.
È difficile individuarne uno solo, ma questo mi è appena venuto in mente – in linea con il tema Covid del mio nuovo disco: ho trascorso gran parte del 2 e 3 marzo 2020 a suonare in duetto con la violoncellista Leila Bordreuil. Ci avevano dato le chiavi dello spazio della Issue Project Room nel centro di Brooklyn. Lo spazio stava per subire una lunga ristrutturazione. La stanza è una volta cavernosa, un tempo una grande banca, tutta piastrelle e intonaco con un riverbero infinito. Ci siamo sistemati a un’estremità della stanza e abbiamo trascorso quel pomeriggio-sera da soli in questo spazio risonante, suonando insieme, improvvisando per noi stessi. La stanza stessa era l’amplificatore definitivo. Era buio fuori quando abbiamo chiuso a chiave quella sera. Il pomeriggio successivo ci siamo incontrati ancora. Abbiamo suonato le campane, lanciato oggetti attraverso la stanza per sentire l’eco, suonato e suonato, probabilmente 4 o 5 ore ogni giorno, nessun altro era lì ad ascoltare. All’epoca sembravano giorni normali, ma dopo meno di una settimana tutto si è spento. Quella è stata l’ultima interazione “dal vivo” che ho avuto con un altro musicista. Spero che questa situazione possa cambiare molto presto.

Samantha Stella

www.leeranaldo.com

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Samantha Stella

Samantha Stella

Samantha Stella, nata a Genova, vive a Milano. Artista visiva, performer, set & costume designer, regista, musicista, cantante. Sviluppa principalmente progetti focalizzati sul corpo e pratiche di discipline live utilizzando differenti linguaggi, installazioni con elementi strutturali e corporei, fotografia, video,…

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