Le mostre da vedere a Vienna nell’estate 2022

Dagli anni viennesi di Lucas Cranach il Vecchio alle opere contemporanee di Tony Cragg, Francesco Clemente, Ai Weiwei fino agli scatti di Avedon a Newton: c’è solo l’imbarazzo della scelta per gli amanti dell’arte in vacanza nella capitale austriaca

La stagione estiva di Vienna offre un denso calendario di eventi e mostre. Ne abbiamo selezionate alcune da non perdere se avete in programma un viaggio nella città austriaca.

Giorgia Losio

GEORGE NUKU AL WELTMUSEUM

Oceans. Collections. Reflections, exhibition view at Weltmuseum © KHM Museumsverband

Oceans. Collections. Reflections, exhibition view at Weltmuseum © KHM Museumsverband

Le sale del WeltMuseum si sono riempite delle spettacolari opere dell’artista neozelandese di origine scozzese George Nuku (1964), che ci ha accompagnati attraverso una processione Maori nelle sale della mostra con una performance che si è conclusa con una impressionante danza HAKA. “Pratico sempre dei rituali, sono il nostro modo di accedere a un altro linguaggio con la natura. Tutto si basa su processi circolari. Immaginate di entrare in una grande sala espositiva, per prima cosa vi muovete in cerchio e guardate tutto: siamo legati a questo modello di movimento, ci determina, non è un mistero”, ha dichiarato l’artista. Ogni sala affronta temi diversi, che ruotano tutti intorno alle relazioni e al cambiamento. Una moltitudine di oggetti della collezione del Weltmuseum dialoga con le opere intagliate a mano dallo stesso Nuku, realizzate a Vienna negli ultimi tre mesi insieme a squadre di volontari. La collaborazione con i volontari è una componente integrante della sua pratica. Da un lato, questo approccio è reso necessario dalla mole di lavoro, come l’intaglio e la pittura di oggetti. Dall’altro, fa parte del suo approccio educativo: tutti gli aiutanti diventano così esperti della mostra e possono raccontarla. Sono approfonditi temi legati alla cultura Maori ed è offerta anche un’analisi critica della storica “spedizione Novara”, la circumnavigazione del mondo compiuta dall’impero asburgico con la fregata Novara nel 1857, che toccò anche la Nuova Zelanda. I due Maori Wiremu Toetoe Tumohe e Hemara Te Rerehau arrivarono poi a Vienna, dove ricevettero udienza daglli imperatori Francesco Giuseppe ed Elisabetta d’Austria. Come regalo, ottennero una macchina da stampa e la relativa formazione in merito. Tornati in patria, i due Maori stamparono una serie di scritti contro il dominio coloniale britannico. La plastica è eletta da Nuku come uno dei materiali principali per creare le sue opere.  L’artista sostiene che un uso rispettoso della plastica può aiutarci a vederla non come elemento di scarto, ma come un materiale prezioso, persino sacro. Nuku utilizza infatti il termine “pounamu” per indicare la plastica, che è il vocabolo Maori per indicare il minerale greenstone, di particolare valore nel sud della Nuova Zelanda e nella cultura Maori.

Vienna // fino al 31 gennaio 2023
Oceans. Collections. Reflections. George Nuku
WELTMUSEUM
Heldenplatz
https://www.weltmuseumwien.at/en/

CRANACH AL KUNSTHISTORISCHES MUSEUM

Cranach il selvaggio, exhibition view at Kunsthistorisches Museum Wien, © KHM Museumsverband

Cranach il selvaggio, exhibition view at Kunsthistorisches Museum Wien, © KHM Museumsverband

Il Kunsthistorisches Museum di Vienna presenta una microscopica, ma interessante mostra sugli esordi di Lucas Cranach il Vecchio (Kronach, 1472 ‒ Weimar, 1553). Il titolo ‒ Cranach the Untamedsi riferisce allo stile sorprendentemente espressivo del pittore, che presumibilmente fu formato dal padre e fece esperienza a Norimberga nella cerchia di Albrecht Dürer. La direttrice generale, Sabine Haag, lo definisce un maestro che si crede di conoscere a fondo, ma dei cui inizi si sa relativamente poco. Cranach è stato un artista estremamente prolifico, presente nelle collezioni museali di tutto il mondo, ma le opere presenti a Vienna non si vedono molto spesso, infatti a oggi sono note solo otto opere del periodo viennese. Come per esempio il dittico del Dr. Johannes Cuspinian e Anna Cuspinian-Putsch del 1502, che permette numerose interpretazioni iconografiche. L’opera apparteneva già a Carlo I, re d’Inghilterra, e dal 1925 si trova nella collezione di Winterthur, da cui non è mai uscita. Ora può essere ammirata per la prima volta nella sua città d’origine, Vienna. L’elemento originale è dato dall’immersione dei due ritratti nella natura lussureggiante che li circonda, mentre numerosi simboli indicano le virtù della coppia di sposi. Per esempio dietro la spalla di Cuspinian si intravede un uomo con una lira e un corvo: si tratta di Apollo, che può essere associato al protagonista del ritratto. Un altro capolavoro del periodo viennese è la cosiddetta “Crocifissione degli scozzesi”.
Il dipinto è considerato il primo di Cranach ed è ispirato ai costumi ottomani e ungheresi, acquisito dal monastero degli scozzesi di Vienna nel XVIII secolo. Il pathos con cui Cranach rappresenta la scena biblica è unico nel suo genere ed estremamente innovativo per la sua epoca. Cranach si comporta a Vienna come un “giovane selvaggio”, ma è istruito e richiesto dall’intellighenzia viennese e presto viene invitato come pittore di corte dell’elettore di Sassonia Federico il Saggio a Wittenberg. Il suo soggiorno viennese è stato breve ma estremamente importante per le sue sperimentazioni artistiche.

Vienna // fino al 16 ottobre 2022
Cranach the Untamed. The Early Years in Vienna
KUNSTHISTORISCHES MUSEUM
Maria-Theresien-Platz
https://www.khm.at/en/

TONY CRAGG ALL’ALBERTINA

Tony Cragg, Thicket, 2016, Stahl, © Tony Cragg _ Bildrecht, Wien 2022, Photo Michael Richter

Tony Cragg, Thicket, 2016, Stahl, © Tony Cragg _ Bildrecht, Wien 2022, Photo Michael Richter

L’Albertina ospita per la prima volta una mostra dedicata alle sculture e disegni di Tony Cragg (Liverpool, 1949). Si tratta perlopiù di grandi sculture che invitano il visitatore a girarci attorno per apprezzare al massimo il loro intrinseco dinamismo. L’artista sottolinea come la scultura sia una disciplina in divenire e l’utilizzo dei materiali sia basato solo sulla creazione di nuove forme, nuove idee ed esperienze visive. Sostiene che tanto di ciò che viene costruito con finalità utilitaristica è geometrico e noioso, mentre la scultura è l’unica disciplina che ci permette di costruire qualcosa di interessante e fuori dal comune.
A partire dagli Anni Novanta del secolo scorso Cragg si è dedicato sempre più al disegno, che può essere sia uno schizzo sia l’espressione di riflessioni su questioni formali. Nel farlo, l’artista ama lavorare in serie, nelle quali mette in campo motivi espressivi e astratti. La selezione di disegni realizzata per questa mostra non contiene opere direttamente collegate alle sculture: si tratta di opere autonome, testimoni di una ricerca sperimentale. A interessare Cragg è soprattutto la dinamica di una linea che si crea spesso automaticamente, come in una danza. È infatti solo grazie al movimento che da alcune di queste forme emergono volti nascosti: menti, nasi o labbra appaiono come dal nulla, per poi scomparire di nuovo nella natura. Già da bambino Cragg era interessato a ciò che c’era sotto terra e per questo nella sua ricerca i paesaggi assumono sembianze spesso umane.

Vienna // fino al 6 novembre 2022
Tony Cragg. Sculpture: Body and Soul
ALBERTINA
Albertinaplatz 1
https://www.albertina.at/en

FRANCESCO CLEMENTE ALL’ALBERTINA

Francesco Clemente, Amalfi 9, 2007, Aquarell auf Papier, Privatsammlung © Francesco Clemente

Francesco Clemente, Amalfi 9, 2007, Aquarell auf Papier, Privatsammlung © Francesco Clemente

L’Albertina dedica anche una mostra a Francesco Clemente (Napoli, 1952) in concomitanza con l’acquisizione di una parte consistente della collezione Jablonka in prestito permanente, che comprende importanti opere dell’artista. La mostra si concentra sulla stretta relazione tra i suoi viaggi e il suo lavoro in giro per il mondo.
Il collezionista e curatore della mostra Rafael Jablonka sottolinea nel catalogo che accompagna la mostra quanto sia sorprendente che Francesco Clemente esponga per la prima volta il suo lavoro a Vienna: “Quando consideriamo la sua affinità intellettuale con il clima culturale che prevaleva a Vienna all’inizio del secolo scorso, quando ricordiamo quanto i suoi dipinti e disegni siano vicini agli artisti viennesi negli ultimi anni dell’impero austro-ungarico, ci  si può solo meravigliare che la sua mostra sia arrivata così tardi. Lo zeitgeist viennese di quel tempo può essere paragonato a quello di New York a partire dagli anni Settanta, quando l’intensità degli scambi culturali tra Europa e America aumentò vertiginosamente, e non solo tra le singole arti.  Poeti, musicisti, ballerini, pittori e scultori avevano già lavorato insieme negli anni ’50 (John Cage, Merce Cunningham, Jasper Johns), ma a metà degli anni ’70 New York divenne una calamita per gli artisti da tutto il mondo”. La prima sala espone alcune delle 48 litografie che formano il primo libro d’artista di Clemente, La partenza dell’Argonauta, realizzato negli Anni Ottanta, quando si era già trasferito a New York, su testi di Alberto Savinio. Dal nero monocromo passiamo a una sala interamente dedicata alle opere a pastello, ispirate ai rituali della religione afro-brasiliana “Candomblé”, attraverso volti senza occhi, vasi decorati e altri elementi simbolici. Al centro, il dipinto di grande formato Croce del Sud mostra un primo piano di due mani che formano una stella. Rafael Jabloka individua un interessante collegamento tra le mani raffigurate da Clemente e quelle di un’opera di Albrecht Dürer: “La mia avventura a Vienna con Francesco Clemente è iniziata nel settembre 2019 con Albrecht Dürer. Insieme abbiamo visitato la mostra di Dürer all’Albertina, e lì ha attirato la mia attenzione l’immagine di ‘Gesù tra gli scribi’.  Un dettaglio importante di questo dipinto mi ha immediatamente ricordato la ‘Croce del Sud’ di Clemente. Il soggetto di questa immagine sono le mani. Le mani sono anche il motivo centrale nella pittura di Dürer. In Dürer, Gesù compie un gesto specifico, l’indice della destra tocca il pollice della sinistra. Gesù conta. Sono peccati, sono comandamenti di cui parla?  Clemente usa le stesse dita con lo stesso gesto. In Dürer le altre due mani sembrano contraddire le mani di Gesù. Con Clemente, le otto dita delle quattro mani sono collegate a formare un simbolo di armonia. Dürer mostra una conversazione, forse una disputa ‒ viene spiegata un’idea. Nel caso di Clemente le mani degli sciamani danzanti, mostrate nell’immagine durante un rituale, attraversano il confine dal mondo materiale a quello spirituale in uno stato di trance. Solo un’ipotesi ‒ ma non infondata, perché l’opera è stata realizzata durante il soggiorno di Clemente a Salvador de Bahia, nel nord del Brasile, dove tali rituali vengono eseguiti ancora oggi”.
La mostra continua con la serie di acquarelli intitolata Italy, by the Sea, un tripudio di colori, dove creature marine di ogni tipo, dai delfini ai polpi, ma anche scene mitologiche con centauri e guerrieri invadono la sala. Le opere della serie Tarocchi presentano i ritratti di membri della famiglia, amici e artisti come Jasper Johns e Philip Glass. Le opere di grande formato intitolate India concludono il percorso espositivo, evocando il Paese in cui l’artista trascorre ancora una parte dell’anno. Le grandi gouache sono state unite con strisce di cotone per formare una struttura a griglia ed eseguite da diversi artisti secondo le istruzioni di Clemente.

Vienna // fino al 30 ottobre 2022
Francesco Clemente
ALBERTINA
Albertinaplatz 1
https://www.albertina.at/en

AI WEIWEI ALL’ALBERTINA MODERN

Ai Weiwei, Crystal Ball, 2017,, Crystal, life jackets Courtesy of the artist and neugerriemschneider, Berlin, Photo Courtesy Ai Weiwei Studio © 2022 Ai Weiwei

Ai Weiwei, Crystal Ball, 2017,, Crystal, life jackets Courtesy of the artist and neugerriemschneider, Berlin, Photo Courtesy Ai Weiwei Studio © 2022 Ai Weiwei

L’Albertina Modern dedica una grande mostra ad Ai Weiwei (Pechino, 1957). I temi della guerra e della fuga sono onnipresenti nell’opera dell’artista, che condanna la guerra di aggressione russa all’Ucraina e mette in guardia dalla fragilità della democrazia e della pace. Il dito medio dell’artista ci dà il benvenuto nella prima sala: nella serie di scatti Study of Perspective, punta il dito medio su edifici noti, smascherandoli come simboli di potere politico o culturale. La prima immagine è stata scattata nel 1995 in Piazza Tienanmen a Pechino. Sopra di essa, una scritta luminosa forma la parola “FUCK”. La particolarità della mostra, davvero ampia, con circa 140 lavori, è il focus sugli esordi dell’artista negli Anni Ottanta a New York. Tutta la sua opera è una critica ai sistemi totalitari e alle oppressioni, così l’installazione di biciclette inutilizzabili presente nella prima sala diventa simbolo del popolo cinese oppresso dal regime. I readymade inventati da Marcel Duchamp sono la base concettuale dell’arte di Ai Weiwei, come sottolinea l’artista stesso: “Duchamp aveva la ruota della bicicletta. Warhol aveva il quadro di Mao. Io ho un regime totalitario. Questo è il mio ready-made“. Ai Weiwei vede l’attuale situazione dei rifugiati nel mondo come la più grande crisi umanitaria globale dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, e come un’enorme sfida per una società solidale ‒ ritenendo che ognuno di noi abbia la responsabilità di agire. La mostra offre un’impressionante panoramica sulla carriera dell’artista che abbraccia più di quattro decenni.

Vienna // fino al 4 settembre 2022
Ai Weiwei. In Search of Humanity
ALBERTINA MODERN
Karlsplatz 5
https://www.albertina.at/en/albertina-modern

I GRANDI FOTOGRAFI NELLA SALE DELL’ALBERTINA MODERN

Nancy Lee Katz, Roy Lichtenstein, 1986, printed 2018 2021, Gelatin silver print, The ALBERTINA Museum, Vienna, Donation Dr. Michael S. Sachs © Michael S. Sachs

Nancy Lee Katz, Roy Lichtenstein, 1986, printed 2018 2021, Gelatin silver print, The ALBERTINA Museum, Vienna, Donation Dr. Michael S. Sachs © Michael S. Sachs

Sempre all’Albertina Modern si è appena inaugurata la mostra The Face che presenta ritratti fotografici scattati da alcuni dei più grandi fotografi internazionali come Richard Avedon e Helmut Newton provenienti dalla collezione del Museo Albertina. Queste fotografie di artisti internazionali e austriaci rappresentano una costellazione molto eterogena: si va da ritratti di personaggi famosi a ritratti di artisti nei loro studi fino a progetti di intere serie fotografiche che mettono in risalto gli individui colti nei loro ambienti quotidiani. Sono comunque i volti dei personaggi famosi a dominare la mostra. Per esempio il sorridente Marc Chagall e l’introspettivo Alberto Giacometti fanno parte della serie di ritratti di artisti di Franz Hubmann. Il fotografo si recava negli studi degli artisti senza preavviso per immortalarli in maniera spontanea. Altri importanti fotografi austriaci quali Manfred Willmann hanno utilizzato immagini intime, a colori, per raccontare alcuni particolari della loro vita privata. La maggior parte delle fotografie in mostra è però animata da personaggi pubblici in bianco e nero. Come per gli scatti di Richard Avedon, che ha fotografato tra gli altri Sophia Loren, il presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower, Marilyn Monroe, Humphrey Bogart davanti a uno sfondo neutro. Di Rudolf Nureyev invece viene mostrato il piede sulle punte. Appartengono invece a Gottfried Helnwein alcuni grandi ritratti estremamente espressivi dei giovani Michael Jackson ed Elton John e a Helmut Newton i celeberrimi e statuari nudi femminili

Vienna // fino al 6 novembre 2022
The Face. Avedon to Newton
ALBERTINA MODERN
Karlsplatz 5
https://www.albertina.at/en/albertina-modern

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Giorgia Losio

Giorgia Losio

Giorgia Losio, nata a Milano, è storica dell’arte e appassionata di design. Ha studiato storia dell’arte presso l’Università degli Studi di Milano e si è specializzata in storia e critica dell’arte contemporanea all’Université Sorbonne Paris-IV e in museologia e museografia…

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