Arte pubblica, ambiente e periferie. L’intervista al neo assessore di Milano Tommaso Sacchi

Abbiamo intervistato il nuovo assessore alla cultura della città di Milano. Dopo i tanti anni a Firenze, Tommaso Sacchi torna nella sua città pieno di esperienza e con un’età anagrafica ancora ben sotto i quarant’anni. Ecco cos’ha in mente

Nato a Milano nel 1983, Tommaso Sacchi torna da assessore alla cultura nella sua città nella seconda Giunta di Beppe Sala, operativa da poche settimane. In questa prima intervista imposta le linee operative che scandiranno gli anni che porteranno, tra le altre cose, il capoluogo lombardo alle Olimpiadi invernali del 2026.
Dopo la collaborazione col Comune di Milano ai tempi della Giunta Pisapia, Sacchi ha trascorso un lungo periodo a Firenze all’insegna di un sodalizio profondo con l’attuale Sindaco Dario Nardella. Prima è stato responsabile dell’Estate Fiorentina, poi ha avuto un ruolo significativo nella seconda campagna elettorale di Nardella e infine si è guadagnato la poltrona di assessore nella città-simbolo della cultura in Italia. Ora il ritorno a Milano, raccontato in questo colloquio.

Questo progetto di trasloco di assessore alla cultura sull’asse Firenze-Milano è un’idea nata già prima delle elezioni o è maturata successivamente?
Si è trattato di una proposta del Sindaco Sala che ho accolto a braccia aperte. Milano è la mia città, la città che riconosco come casa, nella quale sono nato e dove vive la mia famiglia. Il Sindaco mi ha proposto questo ruolo dopo la sua vittoria elettorale. Non sono proposte ‒ né scelte ‒ che hanno una lievitazione lenta ma, per serietà, avvengono con il risultato delle elezioni in tasca. Non prima.

Dopo i tanti anni a Firenze, quando ha iniziato a venirti la voglia di tornare nella tua Milano?
Ho amato moltissimo Firenze, dove mi sono sentito accolto e ho lavorato dialogando con tutte le realtà culturali della città. Il mio impegno è stato massimo e totalizzante fino all’ultimo giorno. Ma ho sempre seguito con estremo interesse ciò che avveniva a Milano, sulla stampa e parlando con colleghi, operatori e amici milanesi: dall’avvio dei progetti in epoca Pisapia, quando lavoravo come primo collaboratore di Stefano Boeri (al tempo assessore alla cultura), al grande successo di Expo 2015, fino all’affermazione pratica del concetto di partecipazione culturale, anche grazie alla nascita delle “week” e delle “city” che portavano in tutta la città spettacoli, concerti, cinema e letture.

Certo, lavorare nella propria città è altra cosa…
Non potrei non essere felice oggi di essere qui a prendermi cura di lei insieme a colleghi motivati e straordinari e un Sindaco pieno di energia e idee per la collettività.

Tommaso Sacchi al Forte Belvedere, Firenze, giugno 2019. Photo © Nicola Neri

Tommaso Sacchi al Forte Belvedere, Firenze, giugno 2019. Photo © Nicola Neri

TOMMASO SACCHI DA FIRENZE A MILANO

Torni in una città dove hai già operato intensamente. Quali sono state le ultime partite in cui hai messo le mani a Milano all’epoca?
I primi importanti progetti seguiti nei primi mesi della Giunta Pisapia riguardavano aspetti molto diversi: dal consolidamento dell’identità delle sedi museali, con la costituzione di gruppi di lavoro che garantissero una programmazione coerente e di qualità, alla creazione di palinsesti come Bookcity, che festeggia proprio quest’anno i dieci anni dalla sua nascita, progetto che più di tanti altri ha intuito il potenziale di accensione e diffusione pervasiva della cultura nelle reti urbane anche meno centrali. Ma vorrei anche ricordare un progetto a cui sono particolarmente affezionato, la “Prima Diffusa”…

È un po’ l’emblema di questa nuova Milano orizzontale e inclusiva che si sta affermando nell’ultimo decennio. Portare dovunque un momento percepito come esclusivo. Senza fargli perdere allure ma sdrammatizzandolo.
Esatto. Un’iniziativa che porta un momento internazionale come la Prima della Scala in tantissimi luoghi e spazi della città ‒ nei teatri, nei centri di accoglienza come Casa Jannacci, persino nelle carceri ‒ in modo che tutta Milano possa vivere in diretta la stessa emozione, anche fuori dal Teatro alla Scala, per quella sera sotto i riflettori di tutto il mondo.

A differenza di altri assessori nella Giunta del Sala II, arrivi da tecnico puro, senza tessere di partito e soprattutto senza la “legittimazione politica” dei voti popolari. Vantaggi e svantaggi di questa condizione?
Il vantaggio di un’autonomia dai partiti sta nel fatto di lavorare solo ed esclusivamente per fare bene alla città, senza finalità di affermazione politica all’interno dei gruppi partitici. Questo vantaggio ha come contrappeso una grandissima responsabilità: quella di sottoporsi al giudizio dei cittadini dopo le elezioni con i fatti, i progetti, le politiche attuate sul territorio. È una bellissima sfida che accolgo e che sta iniziando.

LOC - Loreto open community, progetto di rigenerazione di Piazzale Loreto a Milano. Rendering

LOC – Loreto open community, progetto di rigenerazione di Piazzale Loreto a Milano. Rendering

PERIFERIE, OLIMPIADI E AMBIENTE

A quanto pare le parole chiave dei prossimi cinque anni a Milano saranno: periferie, green & sostenibilità, Olimpiadi. Come declinare questi grandi temi nell’ambito della cultura? Partiamo proprio dalle periferie.
Quella del coinvolgimento dell’intera città nel processo di crescita culturale è una strada già tracciata dal Sindaco nel suo primo mandato e che rientra a pieno titolo nel programma di mandato. Una sfida che riguarda tutta l’azione dell’Amministrazione e non solo il mio assessorato. L’incarico che mi ha affidato il Sindaco Sala tuttavia fa espresso riferimento alla diffusione di cultura ed eventi nelle periferie, quindi il mio impegno prioritario sarà dedicato proprio a questo, cioè a rendere “centrali” nella progettazione culturale le zone più lontane dal centro, quelle abitualmente meno abitate da presidi socio-culturali. Per queste zone è necessaria una progettazione a breve-medio termine che renda “vivo” tutto il tessuto sociale.

Per quanto riguarda invece le politiche verdi?
Il verde è “ingrediente” necessario per qualunque progettazione urbana. E non solo per la qualità dell’aria che respiriamo, per l’emergenza climatica che impone scelte non più rimandabili o per una qualche legge attuativa che ci obblighi a realizzarlo nel contesto di un progetto, ma perché è parte della bellezza di qualunque realizzazione artistica o architettonica. Proprio qualche giorno fa, giusto per fare un esempio, abbiamo inaugurato un capolavoro dell’arte, i Sette Savi di Fausto Melotti, che è stato installato nel giardino del chiostro del Museo della Scienza e della Tecnologia; un identico gruppo scultoreo, realizzato dall’artista in marmo, è installato nel giardino del PAC, il Padiglione d’Arte Contemporanea progettato da Ignazio Gardella in via Palestro. Entrambe le installazioni acquistano un senso più profondo, e molto più vicino allo spirito con cui Melotti le ha realizzate, all’interno di un giardino, perché è proprio da lì, dall’osservazione della natura e dalla riflessione su ciò che ci circonda, che nascono arte e scienza. Aggiungo che il verde è oramai parte integrante della progettazione culturale urbana e lavoreremo su progetti a basso impatto energetico anche nel mio settore di riferimento. Un bravo assessore credo debba progettare i prossimi anni in città con una mappatura degli operatori e delle aree urbane in una mano e l’Agenda 2030 nell’altra.

Passiamo alle Olimpiadi. Che visione hai? Come possono essere anche sfruttate come volano per le attività culturali della città da qui al 2026 e oltre?
Milano ha saputo mettersi in discussione e giocare una partita di forte rigenerazione urbana e innovazione cadenzando il suo calendario attraverso i grandi appuntamenti di valore planetario. Questo è accaduto per Expo 2015 e succederà anche per le Olimpiadi del 2026. Occorre attivare tutte le energie creative della città per offrire a cittadini e visitatori più opportunità possibili di conoscenza del nostro territorio e della nostra identità, della nostra ricchissima “biodiversità culturale” che spazia dalla musica al teatro, dalla danza alle arti visive. Questo accadrà senz’altro anche in vista delle Olimpiadi 2026.

Skyline Milano dal Duomo di Milano Photo Irene Fanizza

Skyline Milano dal Duomo di Milano Photo Irene Fanizza

IL FUTURO DELLA CULTURA A MILANO

Progettualità, visioni, approcci, modalità, pratiche, relazioni che ti porterai dietro da Firenze a Milano.
Fare l’assessore a Firenze mi ha insegnato che valorizzazione del patrimonio storico e ricerca contemporanea possono stare insieme benissimo e che, abbattendo ogni forma di pregiudizio, tutte le partite sono possibili. Voglio lavorare sul tema dell’arte pubblica in maniera seria e poi voglio stimolare progetti comuni tra le due città.

A proposito di quel che ti porterai dietro: prendi il testimone da Filippo Del Corno, un assessore che all’inizio anche noi di Artribune abbiamo considerato un po’ debole ma che poi negli anni ha dimostrato di prendere confidenza con la macchina, all’insegna di un oggettivo crescendo di consapevolezza, efficacia e visione. La forza di Milano è sempre stata la continuità amministrativa (talvolta a prescindere dal colore della Giunta), dunque cosa farai in continuità coi progetti di Del Corno?
Continuità? Quello con Del Corno è stato il primo incontro che ho fissato dopo la mia nomina! Abbiamo lavorato su dossier importanti per il futuro di Milano. Credo abbia gestito partite ambiziose e importanti con grande serietà e farò tesoro di questo suo lavoro durato quasi due mandati di governo. Le iniziative e le impostazioni che conserveremo dalla precedente gestione saranno dunque molte.

Una su tutte?
Voglio completare il progetto dell’Estate cittadina con iniziative diffuse nei quartieri, contando però sulla piazza centrale dell’Estate Sforzesca che mi pare un progetto riuscito. Di grande impatto.

Jeff Koons, Pluto and Proserpina - Piazza della Signoria, Firenze 2015

Jeff Koons, Pluto and Proserpina – Piazza della Signoria, Firenze 2015

GLI OBIETTIVI DI TOMMASO SACCHI

Siamo all’intervistona d’inizio mandato, dunque possiamo anche prenderci il lusso di essere vaghi e astratti. Vorrei quindi chiederti su alcuni ambiti che definiscono il perimetro del tuo assessorato quali ragionamenti hai fatto in questi giorni e quali sono le linee di indirizzo. Gli ambiti a cui mi riferisco sono i musei comunali, quelli statali, quelli privati, i teatri, il mondo del cinema, le non profit, la musica, la moda, il design, l’editoria e la comunicazione.
È presto per entrare nel merito. Preferisco studiare, progettare, entrare in profondo dialogo con la città. E poi comunicare. Milano è una città estremamente ricettiva, risponde sempre alle sollecitazioni ed è molto generosa, quindi so che lavorerò molto bene con gli operatori, le istituzioni, le associazioni e i cittadini che come me amano la loro città. Ma Milano è anche una città complessa, e di questo voglio tenere conto prima di annunciare progetti concreti, utopie realizzabili per farla sognare. Una cosa però voglio lanciare, più come sfida collettiva che come annuncio: Milano dal secondo dopoguerra agli Anni Duemila è stata la capofila del mondo pubblicitario, della grafica, di un certo tipo di cinema e audiovisivo, dell’editoria periodica, della comunicazione. Dovremo trovare la chiave per raccontare l’evoluzione di questi mondi, facendo tesoro di un enorme mondo di intelligenze che va nuovamente riportato a galla.

Sull’editoria ci inviti a nozze ovviamente. Detto ciò, chiudiamo con un punto che hai già toccato per precisarlo ulteriormente: hai fatto intuire che ci saranno delle belle novità sull’arte pubblica…
A Milano abbiamo il primo e unico ufficio “Arte negli Spazi Pubblici” d’Italia, nato agli inizi del 2021. Mi aspetto molto da questo. Posso contare sul lavoro del Direttore Minoja e di una dirigente come Marina Pugliese. Abbiamo già tracciato le linee guida per l’estensione dell’arte pubblica nei quartieri, lungo direttrici che dal centro si estendono verso i confini con la città metropolitana.

Certo, il rischio è che i finanziatori privati se la vogliano cavare facile, puntando tutto su una street art di pronta leggibilità e limitato investimento.
La regia pubblica è necessaria per assicurare un piano razionale e mirato agli obiettivi che si vogliono raggiungere, anche in considerazione del fatto che arte pubblica non è chiaramente solo “street art” ma molto altro, quindi è un lavoro complesso e faticoso da svolgersi con la giusta attenzione, considerando aspetti e parametri estetici, spaziali, storici e filologici. In questo aver lavorato con decine di artisti mondiali sulle piazze e i monumenti di Firenze (Koons, Weiwei, Vezzoli, Gormley, Saville, Fabre, Penone, Fisher e molti altri) mi potrà certamente aiutare.

Massimiliano Tonelli

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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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