È un Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) privato, inaspettato, quello proposto alla Galleria Christian Stein di Milano. In mostra, una serie di opere figurative, vedute realizzate a Zoagli, sul Levante ligure, nella casa sulla via Aurelia, dove Melotti trascorreva i periodi estivi.
LA PITTURA “CHIARISTA” DI FAUSTO MELOTTI
È la pittura apparentemente facile di un artista che ha voglia di liberarsi gli occhi e la testa dopo le tragedie della guerra che lo avevano colpito nel profondo. Da alcuni è stata definita “chiarista” ma, come sempre, le etichette sono coercitive. Non credo fosse questa la volontà dell’artista roveretano, che realizza quelle opere intorno ai cinquant’anni. Oggi lo definiremmo quasi un giovane artista, allora no.
Siamo nel 1956 e Melotti mostra le sue pitture nella seconda personale alla Galleria L’Annunciata di Bruno Grossetti in una Milano che stava rinascendo. Del resto, come lui stesso scrisse per l’occasione: “Io dipingo. In pittura forse abbiamo ancora il modo di dire qualcosa, una parola che almeno non sia stata pronunciata con quell’accento. Un modo privato, una specie di diario. In scultura più niente da fare, da dire, dopo quello che già è stato detto e fatto. È morta, per ora. Nessuno può crederci più”. Scultura lingua morta, parafrasando Arturo Martini. Ma alla scultura Melotti in seguito sarebbe tuttavia tornato, dando vita a opere straordinarie, di una poetica leggerezza.

MELOTTI: CERAMICHE E ANCORA PITTURA
In mostra ci sono anche tre opere tridimensionali realizzate in quegli anni. Al centro dello spazio, una grande ceramica policroma, Cariatide (1950), che stava in coppia con un’altra su una delle grandi navi da crociera degli Anni Cinquanta. Melotti era stato chiamato a realizzarla da Gio Ponti. Mi piace pensare a un viaggio, popolato con opere di tale grandezza.
E quindi una terracotta biscotto del 1945 di piccolo formato e una straordinaria cera persa del 1950 con una Madonna incinta. Un’iconografia piuttosto rara. La donna è annoiata, abbandonata su se stessa, in attesa. Un oggetto che risente della lezione dei maestri, di Medardo Rosso in primis.
Dunque, una mostra da non perdere, da vivere guidati, come da un precetto, dalle parole di Melotti: “In tutti i bambini la poesia è viva. Poi viene uccisa”. Pare di leggere tali parole nella pittura che ci accompagna all’uscita, dove i colori sono mutati, le tonalità sono scure, tetre per certi versi – un risveglio dalla dimensione trasognata.
– Angela Madesani
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