Due mostre italiane a Nizza da vedere questa estate

L'estate in Costa Azzurra è all'insegna dell'arte italiana. Il MAMAC e Villa Arson ospitano infatti due mostre che raccontano in maniera inedita e stimolante l'arte italiana dal 1960 ai giorni nostri

Una dozzina di anni fa, Yves Aupetitallot – in collaborazione con Inge Linder-Gaillard e Veronica Valentini – curava al Magasin di Grenoble la mostra SI – Sindrome Italiana. La jeune création artistique italienne. Il giorno dell’inaugurazione si tenne anche un convegno e, grazie alla scuola per curatori del museo francese, venne pubblicato il libro Pratiques et expériences curatoriales italiennes, raccolta di dieci interviste realizzate da Frida Carazzato e Maria Garzia. Gli artisti coinvolti in mostra erano quaranta e il fil rouge che li legava, agli occhi del direttore, era “la profonda politicizzazione di molti dei lavori (e delle progettualità)“; un approccio, proseguiva Aupetitallot “che non diviene mai didascalico, ossia utilizza strumenti eminentemente artistici per proporre riflessioni socio-politiche“.

Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l'art en Italie 1960 1975. Exhibition view at MAMAC, Nizza 2022. Photo © Jean Christophe Lett

Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l’art en Italie 1960-1975. Exhibition view at MAMAC, Nizza 2022. Photo © Jean Christophe Lett

ARTE ITALIANA TRA GRENOBLE E NIZZA

Nel 2010 ci si stupì non poco per questa lettura, “forzata” secondo alcuni commentatori, della “giovane creazione artistica italiana“. I fatti, le opere, stavano tuttavia lì a dimostrarlo. Troppo occupati dal provincialismo esterofilo e dalla goffa gestione del post Arte Povera e del post Transavanguardia, in patria si fatica(va) a riconoscere questa multiforme coerenza che altrove balzava agli occhi.
Trascorso oltre un decennio, è ancora una volta la Francia a fare il punto. Ed è rilevante non perché in Italia non lo si faccia – o almeno non ci si provi – bensì perché l’osservazione partecipante, per citare l’antropologo Clifford Geertz, permette di adottare un punto di vista ellittico sul panorama nostrano. Si badi bene: non un punto di vista esterno, poiché – ammesso e non concesso che si possa adottare uno sguardo siffatto – in questo caso Nizza ospita due mostre ideate rispettivamente da una curatrice con profondi legami con l’Italia (Valérie Da Costa) e da un curatore che è italiano, benché svolga molte delle sue attività all’estero e dunque abbia una visione internazionale (Marco Scotini).

Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l'art en Italie 1960 1975. Exhibition view at MAMAC, Nizza 2022. Photo © Jean Christophe Lett

Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l’art en Italie 1960-1975. Exhibition view at MAMAC, Nizza 2022. Photo © Jean Christophe Lett

VITA NUOVA AL MAMAC DI NIZZA

L’esposizione di Valérie Da Costa al MAMAC si intitola Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l’art en Italie 1960-1975. Chiari sia il riferimento dantesco che l’arco temporale preso in esame. Altrettanto chiaro l’obiettivo della curatrice, che sin dalle prime righe del suo saggio in catalogo confessa l’ambizione di “mostrare la straordinaria vivacità della creazione artistica in Italia tra il 1960 e il 1975, la cui diversità resta assai poco nota in Francia, eccezion fatta per quella degli artisti dell’Arte Povera“. Inevitabilmente, il confronto a distanza è con la celeberrima rassegna curata da Germano Celant al Pompidou nel 1981, Identité italienne. L’art en Italie depuis 1959: una mostra che contava appena diciotto artisti, con Marisa Merz come unica donna invitata, e una preponderanza clamorosa di poveristi.
Vita Nuovapresenta una scena artistica decisamente più estesa“, rivendica Da Costa, compresa temporalmente fra gli Anni Sessanta e l’anno della morte di Pier Paolo Pasolini – e molto cinema, e molto Pasolini punteggiano le sezioni della mostra, fino alla memorabile chiusura con Intellettuale (1975) di Fabio Mauri, memoria della performance che si tenne il 31 maggio alla GAM di Bologna, con Il Vangelo secondo Matteo (1964) proiettato sul busto dello stesso PPP.

Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l'art en Italie 1960 1975. Exhibition view at MAMAC, Nizza 2022. Photo © Jean Christophe Lett

Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l’art en Italie 1960-1975. Exhibition view at MAMAC, Nizza 2022. Photo © Jean Christophe Lett

LE TRE SEZIONI DELLA MOSTRA AL MAMAC

Si diceva delle sezioni: i macrotemi intorno ai quali si sviluppa la mostra, impostata secondo un ritmo non cronologico, sono società, natura e corpo. Si esordisce dunque con il “miracolo economico”, con (le star de) il cinema che fa capolino nelle opere di Mimmo Rotella, Fabio Mauri (sorprendenti i suoi Senza titolo (Cinema a luce solida) del 1969) e Cesare Tacchi, senza dimenticare il seminale found-footage di Gianfranco Baruchello e Alberto Grifi ne La Verifica incerta (1964-65). Si fotografa poi la centralità alternativa di Roma con la Scuola di Piazza del Popolo, con un gruppo di giovani artisti che si affacciano sulla scena e che hanno nomi quali Tano Festa, Mario Schifano, Giosetta Fioroni, Pino Pascali, Jannis Kounellis… Ma non c’è soltanto Fioroni a rappresentare la produzione femminile: fra i meriti della mostra di Valérie Da Costa c’è quello di far scoprire al pubblico francese altre artiste che dalle nostre parti sono appena state ri-scoperte, come Marisa Busanel, Lucia Marcucci, Rosa Foschi o Lisetta Carmi (da leggere sul tema il saggio in catalogo di Laura Iamurri).
A fare da contraltare all’italico progressismo venato di tentazioni totalitarie c’è una rinnovata attenzione per l’elemento naturale. Anche in questo caso, accanto a opere più note come la serie Ricostruzione della natura di Pino Pascali o gli igloo di Mario Merz, Da Costa assegna il ruolo che spetta loro ad artiste come Laura Grisi, Marinella Pirelli e Maria Lai. Coraggiosa e assolutamente sensata, inoltre, la scelta di ampliare lo sguardo al design, mettendo in dialogo Piero Gilardi (Tronco Sedile, 1966) con il Gruppo Strum (Pratone, 1971) e Pino Pascali (Cascate, 1966) con Archizoom (Superonda, 1967).
Il corpo, infine. Utilizzato “come un elemento di riferimento, di misura, di travestimento e non come un materiale con il quale interagire, a differenza della Body Art“, sostiene Da Costa. Scorrono in questa sezione le opere di Alighiero Boetti e Vincenzo Agnetti, Irma Blank e Giorgio Griffa, Giulio Paolini e Paolo Icaro, Marisa Merz (magnifico il Senza titolo (Scarpette) del 1975) ed Eliseo Mattiacci, Ketty La Rocca e Carla Accardi, fra gli altri.

Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l'art en Italie 1960 1975. Exhibition view at MAMAC, Nizza 2022. Photo © Jean Christophe Lett

Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l’art en Italie 1960-1975. Exhibition view at MAMAC, Nizza 2022. Photo © Jean Christophe Lett

L’ARTE ITALIANA E I PICCOLI CENTRI

In chiusura, la curatrice formula un’ipotesi sulla ricezione dell’arte italiana all’estero che meriterebbe ulteriori sviluppi: la dispersione geografica dei luoghi di diffusione dell’arte contemporanea di quegli anni (non soltanto città come Torino e Roma, ma anche centri decisamente più piccoli come Foligno, Amalfi, Como, Volterra…) avrebbe contribuito a indebolirne la circolazione internazionale. Pregi e difetti del regionalismo e del decentramento nostrano, che pochissimo ha in comune con il centralismo di Parigi o New York per le rispettive nazioni.

Claire Fontaine, Is Freedom Therapeutic_, 2009 22, , installation view at Villa Arson, Nizza 2022. Courtesy of the artist. Credit Jean Christophe Lett

Claire Fontaine, Is Freedom Therapeutic_, 2009 22, , installation view at Villa Arson, Nizza 2022. Courtesy of the artist. Credit Jean Christophe Lett

GLI ANNI OTTANTA E LA CONTRORIVOLUZIONE

Se la mostra al MAMAC si concentra sul quindicennio 1960-1975, la mostra a Villa Arson – curata da Marco Scotini in collaborazione con Arnold Braho – inizia dagli Anni Novanta. C’è quindi un quindicennio intermedio che non viene preso in considerazione.
In dialogo con Santa Nastro, il curatore spiega: “Gli ultimi trent’anni sono convocati per rileggere la decade italiana dei Settanta, la loro esplosione creativa e sociale, a partire dal vuoto e dalla reazione ideologica del decennio successivo“. Per esplicitare le date: il periodo 1990-2020 è considerato in rapporto agli Anni Settanta, con gli Anni Ottanta a fungere da esordio di “una ‘controrivoluzione’ che ancora perdura“.
Considerato che il titolo della mostra è Il futuro dietro di noi, si potrebbe pensare a un approccio nostalgico. E invece, spiega ancora Scotini, “partire dagli Anni Novanta significa cominciare dal riconoscimento di uno spaesamento del presente, da una immagine segnata da un anacronismo, da un duplice scarto basilare che vede, da un lato, un passato traumaticamente interrotto e, dall’altro, il fallimento di una grande anticipazione emancipatrice. Dunque doppio e capovolto è lo sguardo che la mostra mette in scena. La frattura temporale diviene lo spazio di un appuntamento e un incontro con il passato: un passato che nessuno degli artisti in mostra ha vissuto in prima persona ma di cui si intende essere testimoni“.
Cercando quindi di evitare i rischi opposti e uguali del messianismo e del nostalgico, la mostra raccoglie opere di venti artisti appartenenti a tre diverse generazioni e accomunati, sintetizza efficacemente Scotini, dal fatto che “hanno coscienza di cosa sia il presente“.

Le Futur derrière nous. Exhibition view at Villa Arson, Nizza 2022. Photo credit Jean Christophe Lett

Le Futur derrière nous. Exhibition view at Villa Arson, Nizza 2022. Photo credit Jean Christophe Lett

LA MOSTRA ALLA VILLA ARSON DI NIZZA

Come nel caso della mostra al MAMAC, anche a Villa Arson sono i nuclei tematici a costituire il filo rosso, e non la mera cronologia. Si comincia dunque con una serie di opere che rileggono proficuamente – e non profittevolmente – il pensiero di figure centrali degli Anni Settanta: fra gli altri, Franco Basaglia (con la riflessione complessa e non meramente agiografica sull’antipsichiatria e soprattutto sulla Legge 180 da parte di Stefano Graziani, e con la “macchina teatrale” di Claire Fontaine, rievocazione del grande cavallo blu in cartapesta MarcoCavallo, impossibilitato a uscire dall’ex manicomio di Trieste), Carla Lonzi (con i libri-mattone di Claire Fontaine, intitolati come gli scritti della critica d’arte, teorica e militante femminista, e con Chiara Fumai, di cui a Nizza sono presenti il video Shut Up Actually Talk, presentato a dOCUMENTA (13), e le opere grafiche Io dico Io e Let’s Spit on Hegel, rispettivamente del 2013 e 2012 e riferite a due scritti fondamentali di Lonzi), Giuseppe Pinelli (l’anarchico accusato della strage di Piazza Fontana e morto “accidentalmente” durante l’interrogatorio in un commissariato di Polizia, che Francesco Arena omaggia con una trilogia di opere, esposte insieme per la prima volta, che visualizzano alcuni dati relativi all’ultimo giorno vissuto da Pinelli: dagli oggetti tagliati alla quota di 92 centimetri, l’altezza della ringhiera del balcone da cui l’anarchico “cascò“, a una scala la cui somma della lunghezza dei singoli elementi risulta essere di 19,45 metri, l’altezza dalla quale precipitò Pinelli, fino ai 18,9 chilometri incisi sull’ardesia, che coincidono con quelli percorsi dall’anarchico il 14 dicembre 1969).
Seguono altre due sezioni che si concentrano rispettivamente sugli Esercizi di esodo (dal rifiuto del lavoro nell’opera di Danilo Correale alla pedagogia non autoritaria con Adelita Husni-Bey) e sulle istanze che coinvolgono ambiti come l’urbanistica, l’ecologia e l’attivismo mediale (intitolata Vogliamo ancora tutto, questa parte chiama in causa le creazioni artivistiche di Alterazioni Video, Bert Theis, Paolo Cirio e Stalker).

Luca Vitone, Panorama (Pisa), 2006, installation view at Villa Arson, Nizza 2022. Courtesy of Gianni Garrera collection, Roma. Credit Jean Christophe Lett

Luca Vitone, Panorama (Pisa), 2006, installation view at Villa Arson, Nizza 2022. Courtesy of Gianni Garrera collection, Roma. Credit Jean Christophe Lett

LUCA VITONE APRE E CHIUDE UNA MOSTRA CHE GUARDA AL FUTURO

In maniera non didascalica bensì performativa, ovvero di invito all’azione, alla partecipazione, all’attivazione, alla presa di coscienza della propria soggettività, la mostra si apre e si chiude con due opere di Luca Vitone. All’inizio del percorso, la Carta Atopica (1988-92), mappa muta che “può essere considerata come un manifesto generazionale” e che, fotografando e finanche provocando disorientamento, contribuisce a innescare il passaggio dalla potenza all’atto. Alla fine del percorso, sul tetto di Villa Arson, è collocato invece un telescopio che parafrasa in maniera cronotopica il titolo della mostra. Perché la visione-a-distanza insita nel termine stesso ‘telescopio’ e la collocazione in un punto panoramico induce ad aspettarsi la mera riproduzione del reale a qualche chilometro di distanza, mentre quel che vediamo poggiando l’orbita oculare sul visore è un’immagine che proviene dagli Anni Sessanta – appunto, le futur derrière nous.

Marco Enrico Giacomelli

Nizza // fino al 2 ottobre 2022
Vita Nuova
a cura di Valérie Da Costa
MAMAC
place Yves Klein
https://www.mamac-nice.org/

Nizza // fino al 28 agosto 2022
Le futur derrière nous
a cura di Marco Scotini
VILLA ARSON
20 avenue Liégeard
https://villa-arson.fr/

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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