In Tanzania una Biennale sulla scena artistica dell’Africa orientale

Si appresta a compiere vent’anni l’East Africa Art Biennale nata in Tanzania. Ne abbiamo parlato con la direttrice Firdaus Mbogho

Fondata nel 2003 in Tanzania, East Africa Art Biennale (EASTAFAB) ha generato importanti cambiamenti in patria e non solo, offrendo opportunità a molti giovani artisti. La direttrice Firdaus Mbogho ci racconta quanto è stato fatto e quanto, anche a livello di singoli Stati, resta da fare.

Firdaus Mbogho. Courtesy EASTAFAB

Firdaus Mbogho. Courtesy EASTAFAB

Come e perché è nata la Biennale?
La Tanzania è famosa per la sua arte rupestre, le sculture Makonde e le pitture Tingatinga, solo per citare alcuni elementi che si sono affermati sulla scena dell’arte contemporanea dagli Anni Settanta e che adesso sono ampiamente conosciuti in tutto il mondo. Ci sono stati diversi sforzi del governo e dei privati per creare una collezione permanente così come istituzioni e movimenti che ancora oggi svolgono un ruolo importante nella formazione degli artisti. Una delle maggiori conquiste è stata la Dichiarazione di Arusha negli Anni Settanta che ha condotto alla nascita di spazi espositivi per gli artisti locali emergenti.
Per portare l’arte alla gente, Yves Goscinny, un espatriato belga che ha lavorato come analista minerario e proprietario anche della Petit Galerie a Dar es Salaam, e il professor Elias Jengo, pittore e tra i fondatori del Dipartimento di Belle Arti dell’Università di Dar es Salaam nel 1975, hanno dato vita alla East Africa Art Biennale Association attraverso il National Arts Council (BASATA) nel gennaio 2003 e a novembre, presso il National Museum, organizzarono la prima Biennale.

La Biennale ha avute sinora dieci edizioni. Cosa è cambiato, nel panorama dell’arte contemporanea, dopo questi vent’anni?
Attualmente, molti giovani artisti sognano di affermarsi e partecipare a mostre importanti, ma c’è bisogno di talento e autenticità e, soprattutto, coscienza del cosa significhi essere un artista. Come Biennale, riteniamo importante lavorare su questi aspetti, e lo facciamo collaborando con soggetti come il Nafasi Art Space. La Biennale, in quanto la prima in Africa orientale, e tra le prime a offrire agli artisti una piattaforma dove incontrare il pubblico, ha ispirato un importante cambiamento che ha portato alla nascita di molte organizzazioni artistiche, gallerie e biennali in tutta la regione. Anche in Tanzania, ma qui il mercato è ancora un settore su cui dobbiamo lavorare, perché sta crescendo a un ritmo assai lento.

East Africa Art Biennale 2021, installation view, Nafasi Art Space, Dar es Salaam, Tanzania. Photo Firdaus Mbogho

East Africa Art Biennale 2021, installation view, Nafasi Art Space, Dar es Salaam, Tanzania. Photo Firdaus Mbogho

ARTE CONTEMPORANEA NELL’AFRICA ORIENTALE

Si è appena conclusa la decima edizione della Biennale. Qual era il concept?
La Biennale 2021 era basata sul concetto della libertà di espressione. La pandemia ha avuto un profondo impatto soprattutto sugli artisti e anche i sostegni finanziari sono bruscamente diminuiti. Quindi era necessario riflettere sulle condizioni necessarie alla libertà di espressione, continuando ovviamente a promuovere artisti africani emergenti dall’interessante potenziale.

Pensi che ci sia abbastanza cooperazione tra i Paesi dell’Africa orientale, o forse qualcosa può essere migliorato per affrontare alcune sfide come il cambiamento climatico e la disuguaglianza sociale?
Le interazioni tra i Paesi dell’Africa orientale sono molto forti nel passaggio dall’arte tradizionale a quella contemporanea. Poiché l’Uganda è stato il primo Paese della regione a offrire formazione artistica in istituti superiori, molti artisti si sono formati lì, e alcuni di loro sono diventati pionieri dell’arte contemporanea e hanno fondato numerosi movimenti artistici contemporanei (ad esempio, il Sisi kwa sisi Art movement in Kenya). Gioca poi un ruolo geopolitico la Comunità dell’Africa orientale (EAC), che comprende Burundi, Kenya, Ruanda, Sud Sudan, Tanzania e Uganda, con sede ad Arusha, in Tanzania: si occupa, fra le varie cose, dello sviluppo sociale ed economico, attraverso la cooperazione e le consultazioni sui problemi relativi alla pace e alla sicurezza, e un mercato economico comune basato sul libero scambio e su una tariffa esterna comune. Con la crescita dell’arte contemporanea, si espande anche il processo di collaborazione culturale.

East Africa Art Biennale 2021, installation view, Nafasi Art Space, Dar es Salaam, Tanzania. Photo Rebecca Corey

East Africa Art Biennale 2021, installation view, Nafasi Art Space, Dar es Salaam, Tanzania. Photo Rebecca Corey

IL FUTURO DELL’ARTE NELL’AFRICA ORIENTALE

Cosa è emerso dall’Art Dialogue Forum “Art & Society” dello scorso novembre?
Abbiamo discusso il modo in cui la società vede l’arte, poiché la scena artistica è in crescita e ci sono ancora molte idee sbagliate su cosa sia l’arte e il suo impatto sulla società; e poi si è affrontato il ruolo del governo nel settore dell’arte, suggerendo la creazione di una piattaforma gratuita per gli artisti dove esprimersi liberi da qualsiasi condizionamento sociale e politico. È emerso anche un appello al governo affinché continui a sostenere l’arte tanzaniana con i suoi acquisti, avviati quando fu necessario decorare la White House di Dar es Salaam.

Come descriveresti la scena artistica contemporanea dell’Africa orientale?
È una scena in crescita e si sta diversificando, anche grazie ai nuovi musei e gallerie che stanno sorgendo e che hanno portato maggiori opportunità per gli artisti. Anche se la scena artistica contemporanea della Tanzania sta crescendo in modo significativo, non può essere paragonata a quelle di Kenya e Uganda, che sono molto più sviluppate. L’Uganda, all’inizio del 1900, aveva la prima scuola di belle arti della regione, la Margaret Trowell School of Fine Arts, da cui uscì il primo gruppo di artisti africani con formazione accademica. Alcuni dei pionieri dell’arte contemporanea tanzaniana come Sam Ntiro e Abdallah Farahani si sono formati lì.
Il Kenya, che già aveva molti artisti visivi, dalla metà del Novecento ha avviato una politica per portare l’arte al pubblico, attraverso il movimento artistico Sisi kwa Sisi. Il sostegno del governo alle arti in Tanzania deve ancora essere migliorato, e anche se ci sono enti governativi dedicati come il National Arts Council (BASATA), la visibilità delle arti visive è ancora scarsa.

Hai già qualche idea per la Biennale del 2023?
La prossima edizione segnerà i vent’anni della Biennale, quindi in particolare penseremo a ripercorrere il cammino di questi due decenni, riflettendo sull’impatto che ha avuto sulla scena artistica contemporanea tanzaniana. Il tema, ancora non ufficialmente svelato, riguarderà gli ultimi sviluppi delle arti contemporanee, inoltre avremo una conferenza sulla storia dell’arte contemporanea, poiché pochissimi artisti contemporanei la conoscono, e noi invece riteniamo che sia essenziale conoscerla, soprattutto gli sforzi compiuti per garantirne lo sviluppo fino al presente, con le sue sfide e le sue prospettive.

Niccolò Lucarelli

http://eastafab.org/index.html

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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