Mostra al MAXXI di Roma sugli incroci tra architettura e arte

Il progetto espone i materiali d’archivio confluiti nella Collezione del MAXXI Architettura per esplorare il dialogo tra architetti e artisti nell’Italia del XX secolo. Quattro i casi esemplari: BBPR, Dardi, Monaco e Luccichenti, Moretti

È una coerenza funzionale a esplicitare il grande lavoro di ricerca svolto negli ultimi dieci anni dal MAXXI Architettura quella che si rintraccia percorrendo le gallerie 2 e 4 (ma anche il prezioso approfondimento sull’ingegnere Sergio Musmeci, con schizzi e appunti dall’Archivio del MAXXI) al primo piano del museo capitolino progettato da Zaha Hadid. Mentre si avvia a conclusione la mostra che racconta il rapporto tra architettura e ingegneria attraverso gli edifici simbolo delle collaborazioni più fruttuose dal Dopoguerra a oggi (Technoscape, a cura di Pippo Ciorra e Mariastella Casciato, fino al 10 aprile), è proprio una riuscita lettura dei materiali d’archivio riuniti in questi anni nell’ottica di storicizzare l’architettura del XX secolo ad alimentare la narrazione di Architetture a regola d’arte, progetto che traccia le relazioni intessute in uno scambio di reciproca vitalità creativa tra architetti e artisti italiani, nello scorcio centrale del Novecento.

Costantino Dardi e Giovanni Morabito con Ariella Zattera, Stazione di servizio Agip a Mestre Bazzera, Venezia

Costantino Dardi e Giovanni Morabito con Ariella Zattera, Stazione di servizio Agip a Mestre Bazzera, Venezia

LO SCAMBIO TRA ARCHITETTI E ARTISTI AL MAXXI DI ROMA

In galleria 2, l’allestimento asseconda in un gioco di incastri l’evocazione di ciascuna delle quattro esperienze individuate dal curatore Luca Galofaro – BBPR, Costantino Dardi, Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti, Luigi Moretti – per raccontare altrettanti approcci all’integrazione tra architetture e opere d’arte. Dunque il percorso si articola in una sequenza di quattro stanze che possono fare storia a sé – in qualità di focus monografici perfettamente compiuti, grazie all’abbondanza di materiali esposti e all’intreccio di suggestioni evocate – o comporre una visione d’insieme: efficace l’accortezza di collegare i diversi “blocchi” attraverso corridoi di passaggio disegnati come uno spazio di intimità per scavare nell’immaginario dei singoli protagonisti, tra citazioni, lettere manoscritte, schizzi, fotografie, immagini che svelano la personalità e le amicizie di ciascun architetto (l’intento è particolarmente centrato con Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti). Nel complesso, la mostra espone oltre 400 opere tra modelli, documenti e disegni, progetti, allestimenti, fotografie, carteggi normalmente custoditi negli archivi professionali confluiti nella Collezione del MAXXI Architettura (per l’Archivio BBPR, recentemente acquisito in comodato, si tratta di una prima assoluta). E nel tratteggiare le relazioni intrattenute dagli architetti con alcuni tra gli artisti più significativi del Novecento (Saul Steinberg, Costantino Nivola, Daniel Buren, Giuseppe Capogrossi, Pietro Consagra, Antonio Corpora, Nino Franchina, Giulio Paolini, Gino Severini, Giuseppe Uncini) si delinea non solo un approccio alla progettazione colto e interdisciplinare, ma anche e soprattutto una dimensione personale che si nutre di queste contaminazioni e ben descrive il contesto in cui nascono progetti e allestimenti significativi per la storia culturale dell’Italia del XX secolo.

Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti (da sinistra a destra) nel 1937 circa. Collezione MAXXI Architettura, Archivio Monaco Luccichenti

Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti (da sinistra a destra) nel 1937 circa. Collezione MAXXI Architettura, Archivio Monaco Luccichenti

DAL CASTELLO SFORZESCO ALL’EDILIZIA RESIDENZIALE

Come il progetto di restauro e musealizzazione del Castello Sforzesco di Milano affidato nell’immediato Dopoguerra allo studio BBPR: la ricostruzione in scala reale dello spazio in cui fu allestita la Pietà Rondanini di Michelangelo apre la mostra, ma al lavoro di Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers sono dedicati anche focus sul negozio Olivetti di New York (in collaborazione con Costantino Nivola), e sugli allestimenti per la Triennale di Milano del 1951, tra cui spiccano gli schizzi per il Labirinto dei ragazzi e le foto del work in progress con Alexander Calder e Saul Steinberg. Nella sala successiva, l’approccio alla progettazione di Costantino Dardi ispira persino il “traliccio” che taglia lo spazio diventando supporto per l’esposizione dei materiali d’archivio. Quest’impatto visivo si chiarisce scorrendo tra disegni, progetti e foto che raccontano di un architetto impegnato a modulare lo spazio attraverso un incastro di solidi geometrici, in allestimenti espositivi che diventano di per sé installazioni, in cui l’opera d’arte contribuisce attivamente a potenziare il linguaggio architettonico. È chiaro nell’allestimento, curato da Dardi, della mostra di Achille Bonito Oliva Avanguardia Transavanguardia ’68-’77 sulle Mura Aureliane, di cui per la prima volta sono esposte le foto d’epoca; o nel lavoro per la ristrutturazione del Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1982. E ancora nell’allestimento della mostra su Etienne Boullée (1986) al Vittoriano per il film di Peter Greenway Il ventre dell’architetto.

Luigi Moretti, Collage. Collezione MAXXI Architettura, Archivio Moretti-Magnifico

Luigi Moretti, Collage. Collezione MAXXI Architettura, Archivio Moretti-Magnifico

MONACO E LUCCICHENTI E LUIGI MORETTI

Con MonacoLuccichenti, invece, ci si concentra sull’edilizia residenziale, che i due architetti affrontano coinvolgendo artisti di primo piano sin nella progettazione di pavimentazioni, maniglie, pannelli decorativi per gli spazi comuni, lampade, oggetti d’uso quotidiano. Così Giuseppe Capogrossi disegna la terrazza sul tetto del Palazzo di Confindustria all’Eur, Pietro Consagra decora con incisioni sul travertino l’ingresso della Palazzina Ariete, Nino Franchina progetta i comignoli della Palazzina Minciaroni. Una parete riunisce le foto a colori che raccolgono questi frammenti d’arte ancora apprezzabili nel tessuto urbano della Capitale. Ma c’è spazio anche per i disegni della magniloquente Turbonave Michelangelo, progettata negli allestimenti interni dai due architetti, per cui Gino Severini concepisce una serie di arazzi. A chiudere la sequenza è Luigi Moretti, che fu collezionista e gallerista, oltre che architetto, di cui si evidenzia tanto il legame con i maestri del passato – Giotto, Michelangelo, cui nel 1964 dedica un film presentato alla Mostra di Venezia e riproposto ora in sala al MAXXI, e Borromini per la capacità di sublimare il rapporto tra arte e architettura – quanto il dialogo con la scena contemporanea dell’informale e dell’astrazione figurativa, che prese forma sulle pagine della rivista Spazio (e sulle pareti dell’omonima galleria), da lui pubblicata tra il 1950 e il 1953.

Livia Montagnoli

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