Disegnatore, critico e scrittore. Mostra su Saul Steinberg a Milano

Amatissima da Saul Steinberg, Milano gli dedica una grande mostra allestita presso la Triennale. Un’occasione per ripercorrere la carriera di un artista fuori dall’ordinario

Quella dedicata a Saul Steinberg (Râmnicu Sărat, 1914 ‒ New York, 1999) dalla Triennale di Milano è una mostra in controtendenza, priva di spettacolarismi di sorta, il cui allestimento è stato disegnato da Italo Lupi, Ico Migliore, Mara Servetto in dialogo con l’architettura di Muzio. È una raffinata rassegna con 350 opere, provenienti perlopiù da importanti collezioni internazionali, e molti documenti, che narra la storia di una figura fuori dall’ordinario.

Saul Steinberg, Galleria di Milano, 1951, Inchiostro, matita grassa e acquerello su carta. Collezione privata © The Saul Steinberg Foundation/Artists Rights Society (ARS) New York

Saul Steinberg, Galleria di Milano, 1951, Inchiostro, matita grassa e acquerello su carta. Collezione privata © The Saul Steinberg Foundation/Artists Rights Society (ARS) New York

LA STORIA DI SAUL STEINBERG

Ebreo rumeno, maltrattato in patria, Steinberg arriva in Italia nel 1933 per studiare Architettura; consegue la laurea nel 1941, pur non sentendosi mai architetto.
Appena arrivato a Milano la cosa che mi ha colpito di più non era il fatto di essere in Italia o all’università, ma di essere solo”. Ma solo sarebbe stato per poco e molti sarebbero stati i rapporti intessuti, durati una vita intera, come quello con Aldo Buzzi, scrittore, architetto, umorista geniale e intellettuale raffinato.
Il capoluogo lombardo in quegli anni, nonostante il fascismo imperante, è una città vivace: nel 1934 aveva esposto Kandinskij alla Galleria del Milione e il segno del Bauhaus e del Modernismo era profondo. Steinberg vi resta sino al 1941, l’anno in cui, costretto dalle leggi razziali, scappa dall’Europa per raggiungere gli Stati Uniti, che diventano il suo Paese. A Milano, ai suoi dettagli architettonici, alle sue atmosfere, dedica, nel corso degli anni, molte opere.

Evelyn Hofer, Saul Steinberg with his hand, New York 1978, © Estate of Evelyn Hofer

Evelyn Hofer, Saul Steinberg with his hand, New York 1978, © Estate of Evelyn Hofer

LA MOSTRA DI STEINBERG A MILANO

Nucleo centrale dell’esposizione, curata da Marco Belpoliti, è un’opera specificatamente realizzata da Steinberg per la città: quattro disegni preparatori, ciascuno composto da una striscia di carta piegata a fisarmonica lunga fino a dieci metri, che, una volta ingranditi fotograficamente, vennero incisi con la tecnica a “sgraffito” sui muri curvi del Labirinto dei ragazzi, progettato dallo studio di Architettura BBPR per la 10ma Triennale di Milano del 1954. La mostra è l’occasione per esporre, in anteprima, parte dell’importante donazione di opere dell’artista che la Biblioteca Nazionale Braidense ha recentemente ricevuto dalla Saul Steinberg Foundation. Tra di esse i quattro leporelli, appena citati, in cui sono sviluppati temi e segni precipui della sua ricerca, come quello della linea che, attraverso il suo segno aguzzo, ardito e allusivo, diviene storia infinita, carica di dettagli e rimandi.
Le Corbusier nel 1961, il 17 febbraio, gli scrive: “Siete proprio un tipo formidabile! Disegnate come un re”. Sei anni dopo, nel corso di un’intervista televisiva, Steinberg, che per molti anni, a partire dai Quaranta, è stato uno degli illustratori di punta di The New Yorker, afferma: “Cerco di usare un alfabeto molto povero di segni per esprimere idee che possono essere molto complesse e complicate, per questo il disegno è molto vicino alla poesia che usa parole molto semplici per spiegare cose molto complesse”.

STEINBERG E IL DISEGNO

Il libro, curato da Belpoliti, edito per l’occasione da Electa, non è un catalogo, ma una sorta di grande dizionario steinberghiano, le cui voci, a cura di autori diversi, rimandano a episodi, personaggi, passaggi della vita: da Cesare  Zavattini a Vladimir Nabokov, da Saul Bellow a Italo Calvino ad Alexander Calder ‒ del quale è in mostra un Mobile, proveniente dalla GAM di Torino ‒, con cui Steinberg ha avuto negli anni un profondo rapporto di amicizia e di condivisione lavorativa, come al Terrace Plaza Hotel di Cincinnati, nei tardi Anni Quaranta.
Nel 1965 Steinberg, che è anche scrittore e critico, in una conversazione con Jean vanden Heuvel, afferma: “I miei disegni spesso contengono parodie di disegni. È una forma di critica d’arte” e ancora Belpoliti, nel suo testo finale, non a caso intitolato La costellazione Steinberg, riporta una sua dichiarazione a John Updike: “Disegnare è un modo per ragionare sulla carta e per noi che guardiamo una modalità di essere condotti nei suoi mondi tutt’altro che prevedibili, nonostante l’apparente semplicità”.
La mostra presenta un uomo complesso, spesso depresso e sofferente, affascinante e geniale, che ha lasciato segni profondi nella cultura di un secolo, il XX, che ha visto la sua microstoria personale perfettamente inserita nella macrostoria del mondo.

Angela Madesani

Angela Madesani

Angela Madesani

Storica dell’arte e curatrice indipendente, è autrice, fra le altre cose, del volume “Le icone fluttuanti. Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia”, di “Storia della fotografia” per i tipi di Bruno Mondadori e di “Le intelligenze dell’arte”…

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