Fase Tre (XII). Il punto di rottura

“Se le uniche preoccupazioni riguardano il quando e il come riprendere le modalità in vigore prima, i medesimi schemi e modelli, è evidenza che qualcosa non funziona”. Christian Caliandro torna a interrogarsi sul ruolo dell’opera d’arte nel tempo della pandemia.

Tra tutti i mondi culturali, quello dell’arte contemporanea sembra il più in difficoltà nell’elaborare riflessioni e (prime) risposte a quello che ci è accaduto e che ci sta accadendo – a una situazione che ormai non è più tanto nuova, visto che è passato quasi un anno.
Come spesso si è detto nel corso di questa serie e delle precedenti, le trasformazioni a cui stiamo assistendo sono profondissime, e come tutte le mutazioni importanti sono in gran parte invisibili. Sommerse. Inedita in larga parte è la percezione del tempo, per esempio, così come quella dello spazio; il concetto – e la pratica – di relazione non è (più) quello a cui eravamo abituati. E così via.
Ciò che è nuovo, soprattutto, mi sembra la sensazione di irrealtà che caratterizza più o meno tutti i tentativi di far funzionare le cose come prima: la sensazione cioè di non essere e di non trovarsi più nello stesso posto, per così dire. Di una recita, di una finzione. Si è verificato dunque uno spostamento, uno scarto, uno scivolamento importante – ma l’arte sceglie di provare ad aggirarlo attraverso la strategia del rinvio. Si continuano a rimandare ormai da mesi eventi e appuntamenti, nella speranza che prima o poi la situazione si sistemi, si aggiusti. Dal 2020 al 2021, poi dal 2021 al 2022…
Ma che vuol dire rinviare pur di non fermarsi a riflettere e a interpretare? È come se, pur di salvaguardare in tutto e per tutto i modelli precedenti, si preferisse in ogni modo sottrarsi all’analisi critica della situazione attuale, che si allunga dal presente nel futuro. Ma il compito principale dell’arte e della cultura non è proprio quello di costruire questa analisi critica, questa riflessione? Se le uniche preoccupazioni riguardano il quando e il come riprendere le modalità in vigore prima, i medesimi schemi e modelli, è evidenza che qualcosa non funziona. Riaprire o non riaprire gli spazi istituzionali, riaprirli stabilmente: questo pare in fondo essere il pensiero dominante, come se fosse unicamente una questione di contenitori, e poi quello che ci metti dentro va bene comunque…
L’arte intesa come mondo culturale dovrebbe abbracciare questo momento, cogliere l’opportunità di un ripensamento radicale dei propri orizzonti pratici e teorici. “Pensare, pensare dobbiamo”, scriveva Virginia Woolf: allora, occorre per esempio cominciare a pensare che proprio quei modelli che si vogliono ripristinare a tutti i costi erano già ampiamenti disfunzionali prima della crisi attuale, e che semplicemente avrebbero rivelato questa disfunzionalità in un arco di tempo più lungo. L’arte può così re-immaginarsi come servizio, riflessione e critica.

***

Alessandro Bulgini, Opera Viva, tacchino - titolo e disegno sono pretesti per parlare di altro (2021)

Alessandro Bulgini, Opera Viva, tacchino – titolo e disegno sono pretesti per parlare di altro (2021)

Se quello che stiamo attraversando (o non attraversando) è un “cambiamento di paradigma”, per attraversarlo e praticarlo occorre vivere/pensare/operare già all’interno di esso. Questo apparente paradosso individua la funzione principale dell’arte: costruire il nuovo piano di esistenza mentre lo si abita, e abitarlo mentre lo si crea. L’opera d’arte rappresenta questo scivolamento essenziale. In questo senso, l’opera è anche la cura: perché rappresenta una vera e propria forma di vita.
È per questo che ogni nuovo modello che abbia a che fare con l’arte contemporanea come mondo e territorio culturale deve avere al suo centro l’opera (ed è sempre per questo che, invece, i modelli precedenti e disfunzionali l’avevano relegata ai margini, ridotta a ruoli del tutto trascurabili): l’opera che appartiene davvero al proprio tempo e al futuro è in grado di ricondurre al dicibile l’indicibile, di nominare l’innominabile – proprio perché, in definitiva, è questo innominabile. E lo è con tutte le sue fragilità, debolezze, ambiguità. Grazie a esse.
Sento già le obiezioni, del tipo: “ma come, l’opera d’arte fa sempre tutto ciò che dici!”. È evidente che negli ultimi tempi non era stato proprio così, e che anzi moltissime opere avevano scelto con i loro autori la via di una pur intelligente decorazione ‒ perché il sistema in cui si inserivano, i modelli di fruizione e di distribuzione a cui appartenevano, lo richiedevano in maniera piuttosto esplicita. Adesso questo gioco delle parti ha raggiunto probabilmente un punto di rottura, ed è un fenomeno che infatti appartiene anche agli altri ambiti culturali: “Penso che, fondamentalmente, la musica sia qualcosa che le persone amano, di cui hanno bisogno e con cui si relazionano, e molto di ciò che esce oggi sembra come McDonald’s: è una soluzione rapida, ma dopo un po’ ti fa venire il mal di stomaco. Non è interamente soddisfacente. Ed è finto. La musica che mi ha ispirato, che mi ha parlato, sembrava provenire da qualche posto che aveva emozione vera e integrità vera – e credo che questo possa riemergere” (Trent Reznor).

Christian Caliandro

ACQUISTA QUI il vinile di Trent Reznor per “Soul” della Disney

LE PUNTATE PRECEDENTI

Fase Tre (I). L’opera e la realtà
Fase Tre (II). Essere l’altro
Fase Tre (III). La paura e gli interstizi
Fase Tre (IV). Crisi e rinascita
Fase Tre (V). Ricordi e postapocalisse
Fase Tre (VI). Che cosa rimane
Fase Tre (VII). Imprevisti e responsabilità
Fase Tre (VIII). Rompere il silenzio
Fase Tre (IX). La percezione del futuro
Fase Tre (X). L’opera e il contesto
Fase Tre (XI). Aperture e imprevisti

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

Scopri di più