HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #13 Irrefrenabile

Nuovo appuntamento del progetto “HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea", a cura di Giovanni Viceconte. Una serie dedicata alla videoarte e alla performance, per riflettere sulla condizione umana ai tempi della pandemia. Questo episodio, guidato dalla parola chiave “Irrefrenabile”, vede protagonista l'opera di Alessandro Sciarroni

Il progetto HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea, a cura di Giovanni Viceconte, nasce in un momento di “isolamento” dell’uomo contemporaneo, originato dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Una quarantena forzata che ha generato nelle persone nuove forme di comportamento e allo stesso tempo ha amplificato pensieri e riflessioni. Partendo da questa condizione di disagio e dalla formazione di un nuovo modo di concepire la vita, il progetto propone una serie di appuntamenti dedicati al linguaggio della video arte e della performance, presentando una selezione di artisti che hanno interpretato il sentimento di malessere-inquietudine e il senso di inadeguatezza collettiva o personale dell’uomo contemporaneo.
Ogni appuntamento/mostra è identificato da una “parola chiave”, che può introdurre l’opera video di un singolo artista oppure individuare legami comparativi tra più opere video, che saranno proposte dal curatore con lo scopo di stimolare nello spettatore nuovi ragionamenti e confronti.

HUMANS. VideoRitratti della società contemporanea. #1 Malessere
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #2 Lockdown
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #3 Transiti
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #4 [In]esistenza
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #5 [S]Laccio
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #6 Stigma
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #7 Densità
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #8 Legami
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #9 Mankind
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #10 Scambio
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #11 Automa
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #12 Schermo

Intervista a Alessandro Sciarroni


Alessandro Sciarroni, Augusto, 2018. Performance- Courtesy dell’artista

Come nasce lo spettacolo Augusto e come si svolge l’azione?
Quando entro in sala, il primo giorno di prove, sono sempre “impreparato”. Normalmente l’unica cosa che so è quale sarà la nuova pratica che andremo ad affrontare assieme ai performer. Quindi per Augusto sapevo che in questo lavoro l’oggetto della ricerca sarebbe stata la risata, ma la drammaturgia e la struttura coreografica della performance, sono state create assieme ai performer durante i mesi di lavoro.

Dietro l’appellativo Augusto si identificano diversi significati: il personaggio comico e maldestro che subisce gli scherzi e si vendica con insospettata prontezza, il titolo degli imperatori romani o l’attributo di principi e autorità. Quali dei due significati assume la parola “Augusto” in questa tua performance?
M’interessavano entrambi i significati, il fatto che una figura ritenuta popolare e volgare potesse avere un nome che suona “imperiale”. Il titolo Augusto nasce dopo aver visto il film I clown di Federico Fellini, dove il regista va alla ricerca di questo genere d’artista: l’Augusto, che già all’epoca stava scomparendo. Il lavoro ovviamente non è uno spettacolo comico, cerchiamo di approcciare la risata da un altro punto di vista. Sono stato influenzato anche da Il Riso di Henri Bergson, nel quale viene spiegato che la risata non è solo un momento di gioco, ma una sorta di strumento sociale necessario a correggere le abitudini sbagliate. Nel lavoro rappresentiamo una società costretta a ridere per un’intera ora e in scena non accade nulla di comico.

In Augusto la risata partecipata diventa un’azione coreografica collettiva in espansione continua. In questo turbinio di gesti, suoni ed emozioni, in grado di manifestare gioia, euforia o commozione, ma anche dolore, violenza e follia, quanto è importante che il performer sia in grado di ascoltare l’energia del pubblico e di creare una connessione/esperienza a più livelli al di fuori dell’azione?
L’ascolto dell’altro e quindi anche del pubblico è un elemento fondamentale nel mio lavoro. Cerchiamo di condividere l’energia che si crea sul palco con gli spettatori. In Augusto, questo è particolarmente complicato: i performer sono coinvolti per tutto il tempo nell’esecuzione della risata. Questa particolare forma di euforia, in cui la vocalità è sempre presente, impedisce quasi del tutto al performer di percepire quello che sta accadendo intorno a sé. Solo dopo quattro settimane di allenamento nella pratica è stato possibile per gli interpreti iniziare a percepire ciò che accade nello spazio e quindi, per me, montare i primi movimenti.
Il pubblico reagisce in modo differente in questo lavoro: alcuni iniziano a ridere, altri sembrano restare completamente insensibili. Quindi il feedback del pubblico è in grado di modificare la drammaturgia. L’evento può acquistare significati molto differenti.


Alessandro Sciarroni Augusto (2019). Video – Courtesy Centrale Fies

Qual è l’importanza del tempo e della resistenza dei nove corpi in azione in questo spettacolo?
Angusto è un un’eccezione rispetto ad altri lavori. La questione della resistenza è qualcosa che cerchiamo sempre di affrontare con leggerezza e col sorriso. Ma in questo caso era impossibile. Perché il corpo deve ridere di continuo. Nonostante il mio lavoro sia stato influenzato dalla performance storica degli anni ‘60 e ‘70 e dalla Body Art, sono interessato a un altro tipo di relazione. L’aspetto empatico in Augusto cede presto il posto ad altri aspetti. Diventa un lavoro sul dolore.

Cosa accade quando il ridere è slegato da un fatto comico, in un paradossale ribaltamento, non è più il riscontro dello spettatore ad visione di un’azione umoristica?
Ovviamente non posso parlare per tutti gli spettatori, perché ognuno ha la sua visione soggettiva dell’evento. Per me il lavoro funziona bene quando all’inizio di Augusto si ha l’impressione di trovarsi davanti a un riso leggero, quasi un ricordo dell’infanzia. In seguito, quando gli interpreti non sono più in grado di smettere di ridere, affiorano nello spettatore altri significati o riflessioni: fastidio, commozione o in alcuni casi pianto.

La risata afferisce sia a un universo naturale che a un mondo socio culturale, legato a rappresentazioni condivise da una società deformata da un riso forzato e dal “dovere” di essere felici. In che modo questi atteggiamenti, in bilico fra armonia naturale e caos interiore, entrano a far parte dello spettacolo?
Sebbene nei miei lavori non affronti mai l’elemento autobiografico in maniera diretta, in scena spesso entra la fragilità dei corpi dei performer: il fatto di sentirsi accolti o meno all’interno di un gruppo oppure il giudizio verso sé stessi. Tutti questi sentimenti ovviamente sono in grado di influenzare la ricerca. La drammaturgia è fatta sempre di domande e mai di risposte, quindi i possibili significati e le interpretazioni sono sempre aperte. Augusto è la rappresentazione di una società che per qualche misterioso motivo è costretta a ridere anche quando non c’è niente da ridere. Ciò che inquieta lo spettatore che partecipa a questo spettacolo e anche il fatto di rispecchiarci in alcune di queste situazioni.

In questi ultimi due anni di isolamento domestico, dettato dalle misure per il contenimento da covid-19, la ricerca della felicità e del sorriso l’abbiamo ritrovati nella frase “andrà tutto bene” o nel cantare, ridere e suonare dai balconi delle nostre case. Dietro questi tentativi di spettacolarizzazione di un sentimento unificato può nascondersi una realtà umana disorientata e incapace di controllare i suoi sentimenti?
Assolutamente si! All’inizio della pandemia, in un’intervista mi è stato chiesto: poiché hai fatto uno spettacolo sulla risata, come possiamo ritornare ad essere felici? Ma Augusto non è uno spettacolo sulla felicità: parla dell’impossibilità di ascoltare i propri sentimenti e di rallentare. La performance racconta tutto ciò che non bisognerebbe fare se si è alla ricerca della serenità.

Alessandro Sciarroni
Nato a San Benedetto del Tronto 1976.

Alessandro Sciarroni è un artista italiano attivo nell’ambito delle Performing Arts con alle spalle diversi anni di formazione nel campo delle arti visive e di ricerca teatrale. I suoi lavori vengono presentati in festival di danza e teatro contemporanei, musei e gallerie d’arte, così come in spazi non convenzionali rispetto ai tradizionali luoghi di fruizione e prevedono il coinvolgimento di professionisti provenienti da diverse discipline. Tra i vari riconoscimenti, gli viene assegnato nel 2019 il Leone d’Oro alla carriera per la Danza.
Il suo lavoro oltrepassa le tradizionali definizioni di genere. Parte da un’impostazione concettuale di matrice duchampiana, fa ricorso ad un impianto teatrale, e può utilizzare alcune tecniche e pratiche derivanti della danza, e da altre discipline come il circo e lo sport. Oltre al rigore, alla coerenza e alla nitidezza di ogni creazione, i suoi lavori tentano di disvelare, attraverso la ripetizione di una pratica fino ai limiti della resistenza fisica degli interpreti, le ossessioni, le paure e la fragilità dell’atto performativo, alla ricerca di una dimensione temporale altra, e di una relazione empatica tra spettatori e interpreti.
www.alessandrosciarroni.it

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Giovanni Viceconte

Giovanni Viceconte

Giovanni Viceconte (Cosenza, 1974), è giornalista e curatore d’arte contemporanea. Si laurea presso l’Accademia di Belle Arti, nel 2004 consegue il Master in Organizzazione Eventi Culturali e nel 2005 il Master in Organizzazione e Comunicazione delle Arti Visive presso l’Accademia…

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