Creare un Liceo del Made in Italy? Potenzialità e criticità

Un modello formativo strategico per lo sviluppo e l’occupazione. Così il Governo definisce il nuovo liceo che partirà a settembre 2024. Abbiamo chiesto a nove protagonisti del mondo dell’arte cosa ne pensano

Il Disegno di Legge approvato dal Consiglio dei Ministri all’inizio di giugno 2023 punta alla creazione del “Liceo del Made in Italy”, con un indirizzo di studi finalizzato alla valorizzazione dei settori dell’economia italiana legati all’identità del Paese, con il supporto delle imprese. Per valorizzare il Made in Italy è necessaria una scuola ad hoc? Lo abbiamo chiesto a nove protagonisti del mondo dell’arte.
 
Desirée Maida

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #72

Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua 
inserzione sul prossimo Artribune


ALESSANDRA MAMMÌ – GIORNALISTA, STORICA DELL’ARTE E CURATRICE

Ma quale Liceo del Made in Italy! Sarà semmai il Liceo del Fatto in Italia dal momento che le indicazioni del governo ci dicono di evitare parole inglesi in nome dell’Italianità, che poi di questo liceo sarebbe la mission. Dunque: cosa si farà nel Liceo del Fatto in Italia? Le stesse cose di un istituto tecnico solo che gli studenti sapranno di farle per portare alta la bandiera della patria nel mondo. Inoltre il Liceo del Fatto in Italia è istituzione che vedremo soprattutto al Nord come si evince da un articolo di Artribune, dove troviamo i Distretti del Made in Italy (pardon del Fatto in Italia) che potranno aiutare la formazione (Come? Sfruttando gli studenti trasformandoli in stagisti?), mentre agli studenti del profondo Sud non resterà che pascolare in istituti tecnici, a meno di prevedere un pellegrinaggio verso il nuovo avvenire del Fatto in Italia. Infine: quale capitolo di spesa finanzierà tutto ciò? Quindi non mi resta constatare che siamo di fronte all’ennesimo improbabile slogan di propaganda di un governo che non ha ancora capito di non essere più all’opposizione.

Alessandra Mammì, giornalista, storica dell'arte e curatrice

Alessandra Mammì, giornalista, storica dell’arte e curatrice

ALBERTO DAMBRUOSO – STORICO DELL’ARTE, CRITICO E CURATORE

La nascita di un nuovo corso di studi è, in linea di massima, sempre una buona notizia. Significa principalmente che un Paese pensa al proprio futuro e investe sullo sviluppo delle conoscenze, fondamentali per la crescita intellettuale e poi professionale di ogni individuo. L’istituzione di una nuova scuola superiore secondaria indirizzata allo studio del Made in Italy mi sembra quindi una buona idea.  Il nostro Paese si è distinto nel mondo e non solo negli ultimi anni, per un know how che si riscontra solo nel cosiddetto Bel Paese. Di queste capacità, però, spesso non siamo consapevoli, a vantaggio invece di altri Paesi che non si fanno molti scrupoli a copiare le nostre eccellenze. Non a caso le nostre Accademie di Belle Arti sono letteralmente prese d’assalto da almeno una quindicina d’anni da migliaia di studenti cinesi che vengono in Italia per studiare in particolare la moda e il design, due dei segmenti più importanti del Made in Italy. Sono d’accordo sul fatto, come da altri sottolineato, che dal punto di vista “tecnico” per la tipologia dell’insegnamento proposto, più che Liceo avrebbe dovuto chiamarsi Istituto Tecnico.

Alberto Dambruoso, storico della'rte, critico e curatore. Photo Sebastiano Luciano

Alberto Dambruoso, storico della’rte, critico e curatore. Photo Sebastiano Luciano

LUCREZIA LONGOBARDI – CRITICA D’ARTE E CURATRICE

Mi viene da ironizzare rispondendo che se questo liceo punta a creare la nuova classe professionale, specializzata in mercati e promozione turistica del nostro paese, e ha come matrice la campagna dal titolo Open to meraviglia, probabilmente sarebbe meglio evitare l’apertura di un nuovo indirizzo scolastico. Se poi quest’ultimo basa le proprie fondamenta su un programma dedicato alle materie economiche e turistiche a discapito della cultura umanistica, penso possa essere un totale fallimento. Il nostro sistema scolastico prevede già un liceo che ha la capacità di formare una coscienza storica e uno sguardo critico sul mondo e sulla cultura italiana, ed è la maturità classica. Questo strumento, a mio avviso, dovrebbe essere la base sulla quale costruire poi, in un secondo momento, le ambite specializzazioni turistiche e promozionali.

Lucrezia Longobardi, critica dell'arte e curratrice

Lucrezia Longobardi, critica dell’arte e curratrice

CLARA TOSI PAMPHILI – STORICA DELLA MODA E DEL COSTUME

Posso dire subito che trovo sbagliato creare un Liceo del Made in Italy, soprattutto per un motivo che nasce dalla mia esperienza di docente, curatrice e storica, in un certo senso, proprio del Made in Italy. Le Arti Applicate di cui mi occupo riguardano la moda, il design e altre forme che si possono vantare della nostra creatività, del nostro stile considerato unico al mondo. Il motivo che mi crea perplessità e delusione sta nella constatazione che siamo i primi a non credere in queste capacità; è la dimostrazione di non essere fieri del nostro saper fare, di aver paura di parlare di mestieri come fanno i francesi, di aver bisogno di chiamare “liceo” un luogo di formazione che già esiste nei nostri Istituti Tecnici. È un’idea che esterna un complesso, lo stesso complesso che ci ha impedito di nobilitare il lavoro di artigiani o tecnici, di non saper trasformare tanti mestieri in opportunità, conferendo loro un aspetto più accattivante con la comunicazione, come è avvenuto per il food ad esempio.
L’idea di legarlo ai distretti poi è già in essere, ci sono scuole in ogni distretto calzaturiero o tessile; è un sistema che esiste quindi e che andrebbe potenziato ed evidenziato con film, comunicazione, per renderlo più appetibile ai ragazzi eliminando questa dimensione di scuola di seconda categoria.

Clara Tosi Pamphili, storica della moda e del costume

Clara Tosi Pamphili, storica della moda e del costume

ADELAIDE CORBETTA – COMUNICATRICE

Temo di non capire il problema. Questa volta perché non riesco a immaginare qualcosa che sia “un liceo del Made in Italy” più dei licei italiani in cui gli studenti studiano Virgilio, Cimabue, Dante, Isabella d’Este, Galileo, Artemisia, Volta, Canova, Foscolo, fino a Giuseppe Verdi, Anita Garibaldi, Fontana, Rita Levi Montalcini, Nilde Iotti, Alda Merini, Falcone e Borsellino. Per dirne alcuni. Convinta, come sono, che la cultura sia sempre contemporanea. Che differenza c’è? Non sono forse, anche loro o forse soprattutto loro, il Made in Italy? Non hanno forse determinato loro, prima di altri, il Made in Italy? Non ci impegniamo noi, tutti i giorni, a confermare, rinnovare, innovare una storia lunga secoli? Dico questo con nessun sentimento di rimpianto ma solo gratitudine, orgoglio e slancio per quanto abbiamo avuto e per quanto abbiamo e potremmo avere. Forse la proposta di un maggior sentimento di consapevolezza culturale dovrebbe essere condivisa in tutte le scuole, credo si dica di ogni ordine e grado, non una nuova scuola ma più consapevolezza per tutti.

Adelaide Corbetta comunicatrice. Photo ZEP studio Creare un Liceo del Made in Italy? Potenzialità e criticità

GIACINTO DI PIETRANTONIO – STORICO DELL’ARTE E CURATORE

Credo che una scuola, la chiamino liceo o come vogliono, che recuperi specialità tecniche della tradizione italiana sia necessaria. Ciò è dimostrato dal fatto che ci sono molti artisti, designer, architetti, stilisti, ecc. che necessitano di queste professionalità che si sono notevolmente ridotte a causa di una incompleta e incompresa idea di modernizzazione.  D’altra parte l’Italia è fatta di così tante maestranze creative che da sempre la caratterizzano. Ne ho parlato più volte con Ugo La Pietra, un artista, architetto, designer da sempre impegnato a lavorare sui distretti della creatività materiale italiana.

Giacinto Di Pietrantonio, storico dell'arte e curatore

Giacinto Di Pietrantonio, storico dell’arte e curatore

SERENA FINESCHI – ARTISTA

Necessario sottolineare il periodo che stiamo vivendo. Il nostro Paese vive un momento in cui alcuni valori entrano in tensione con le scelte governative, si insiste sulla sacralità di alcuni atteggiamenti, si raddoppia l’enfasi sulla dimensione etnica dell’essere italiani e questo, porta una parte dell’opinione pubblica alla legittimazione della rimozione dell’altro. L’altro, inteso come diverso da noi, qualcuno da cui rifuggire, demonizzare. Autocrazia che semplifica e radicalizza. In questo contesto, non è difficile immaginare la proposta della creazione di un Liceo del Made in Italy. Per quanto mi riguarda, la trovo un’idea obsoleta. Le Accademie di Belle Arti pubbliche e private, i nostri Licei Artistici, le Scuole Alberghiere, gli Istituti Tecnici, la Scuola delle Arti e dei Mestieri della Fabbrica di San Pietro che riapre dopo 250 anni, le scuole di restauro, gli istituti di moda, marketing, grafica e design hanno già tutte le caratteristiche che servono per formare studenti consapevoli alla bellezza. Abbiamo bisogno di un nuovo liceo? No, abbiamo bisogno di tornare a educare il nostro sguardo. Una visione tutta italiana – e non per questo migliore di altri occhi – pronta allo stupore. Armonia visibile, appunto.

Serena Fineschi, artista, nel suo studio di Siena. Photo Elena Foresto

Serena Fineschi, artista, nel suo studio di Siena. Photo Elena Foresto

MASSIMILIANO ZANE – PROGETTISTA CULTURALE

E poi si decide di rilanciare il Made in Italy “partendo dai banchi di scuola”. Un liceo che nella migliore delle ipotesi assomiglierà più a un istituto tecnico professionale che a un liceo propriamente detto. Una visione che richiama a sé una interpretazione formativa di minimo 30 anni fa, quella delle mitiche 3 i: internet, inglese, impresa. Quindi niente di nuovo sotto il sole della scuola italiana, se non la volontà di far qualche passo indietro rispetto al resto del mondo. L’idea di istituire un Liceo del Made in Italy, annunciata per “colmare le lacune del sistema scolastico e valorizzare le eccellenze italiane”, sa più di trita propaganda di superficie, che di una vera riforma sostanziale nel “merito” dei livelli qualitativi nell’offerta formativa del sistema Paese. Perché le parole contano, e quelle spese per questo progetto danno l’esempio tangibile di quanta poca conoscenza ci sia proprio del tanto sbandierato Made in Italy. Un vuoto di contezza, soprattutto laddove si esercita il potere decisionale, quello sì da colmare (un esempio in questo senso lo abbiamo visto con la campagna promozionale per il turismo a firma Testa).

Massimiliano Zane, progettista culturale

Massimiliano Zane, progettista culturale

FRANCESCO ANNARUMMA – GALLERISTA

Il Liceo del Made in Italy avrebbe nei suoi programmi lo studio di una serie di materie che secondo la mia opinione dovrebbero essere studiate sempre e comunque. Vedi la storia dell’arte e la filosofia ad esempio. Cosa penso della proposta del governo Meloni? Sarò breve: è inutile e dannosa. Sono convinto, infatti, che nessuno di quelli che si diplomerà in questo fantomatico liceo troverebbe lavoro, perché è finalizzato a creare figure professionali per un mercato che non esiste. È un’operazione di facciata che non poggia su una politica del governo finalizzata al sostegno del Made in Italy. Sostenere il Made in Italy significa prima di tutto sostenere la cultura italiana. Non solo il governo Meloni ma ogni governo italiano degli ultimi 50 anni ha del tutto dimenticato il sostegno alla cultura. Invece di istituire nuovi licei, si sostenga con convinzione la cultura nel nostro Paese, il resto verrà da sé.

Francesco Annarumma, gallerista

Francesco Annarumma, gallerista

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Desirée Maida

Desirée Maida

Desirée Maida (Palermo, 1985) ha studiato presso l’Università degli Studi di Palermo, dove nel 2012 ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’Arte. Palermitana doc, appassionata di alchimia e cultura giapponese, approda al mondo dell’arte contemporanea dopo aver condotto studi…

Scopri di più