A Napoli la grande mostra su Artemisia Gentileschi

Determinata e talentuosa, ha lasciato il segno nella storia della pittura grazie a uno stile che non passa inosservato e alla capacità di ritagliarsi un ruolo in un contesto storico a impronta del tutto maschile. La mostra napoletana alle Gallerie d’Italia ne ripercorre la vicenda

Le nuovissime Gallerie d’Italia di via Toledo a Napoli celebrano Artemisia Gentileschi (Roma, 1597 – Napoli, 1654 circa) con un’ampia esposizione che ricostruisce in maniera approfondita il periodo partenopeo della pittrice, l’ultimo e il più esteso della sua vita, documentato tra il 1630 e il 1654. Realizzata in collaborazione con la National Gallery di Londra, il Museo di Capodimonte, l’Archivio di Stato e l’università L’Orientale di Napoli, la mostra è curata da Antonio Ernesto Denunzio e Giuseppe Porzio e raccoglie una selezione di opere provenienti da collezioni pubbliche e private, sia italiane che internazionali.

Artemisia Gentileschi, installation view at Gallerie d'Italia, Napoli, 2022

Artemisia Gentileschi, installation view at Gallerie d’Italia, Napoli, 2022

LA MOSTRA SU ARTEMISIA GENTILESCHI A NAPOLI

È la prima esposizione temporanea monografica nei nuovi spazi dell’imponente palazzo dell’ex Banco di Napoli, progettato nel 1940 da Marcello Piacentini e, in seguito alla riqualificazione firmata da Michele De Lucchi, aperto al pubblico la scorsa primavera per accogliere la collezione d’arte di Intesa Sanpaolo.
Gli ampi ambienti del piano terra dell’edificio, congiunti a una delle vie più frequentate della città da tre file di gradini color oro, ci catapultano direttamente in un quadro del Seicento: le tele efficacemente illuminate che emergono dalle pareti scure dell’allestimento rinviano idealmente, infatti, ai personaggi di Caravaggio che, con sapienti effetti di luce, affiorano dai fondali bruni dei dipinti.
E all’opera del maestro lombardo – forte anch’egli di un formidabile periodo partenopeo – guarderà proprio Artemisia, la cui poetica è qui ricostruita in relazione ai suoi anni napoletani, a una fase poco indagata della sua vicenda artistica, evidenziando il favore con cui la sua arte sarà accolta nella capitale del viceregno spagnolo. A Napoli l’artista darà vita, infatti, a una fiorente bottega confrontandosi con i maggiori pittori locali, da Bernardo Cavallino a Massimo Stanzione, ed entrando in contatto, probabilmente, con un’altra pittrice: “Annella” De Rosa. Ecco che allora, nel percorso espositivo, le tele di Gentileschi dialogano costantemente con i dipinti dei contemporanei attivi in città, a riprova di un intenso e articolato rapporto con il contesto artistico partenopeo.
Sempre a Napoli, ad Artemisia saranno inoltre affidate prestigiose commissioni, come quella del San Gennaro per il coro della Cattedrale di Pozzuoli, e a lei farà riferimento il collezionismo privato per le iconografie delle figure femminili raffiguranti sante martiri. D’altra parte, i soggetti femminili caratterizzeranno, sin dagli esordi, la pittura dell’artista e non solo perché Artemisia rappresenterà un raro esempio di donna che, contrariamente alle consuetudini dell’epoca, praticherà la pittura come professione, ma perché nelle sue eroine traslerà elementi del proprio doloroso vissuto.

Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchi, su concessione del Ministero della Cultura, Pinacoteca Nazionale di Bologna

Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchi, su concessione del Ministero della Cultura, Pinacoteca Nazionale di Bologna

LA PITTURA E LA STORIA DI ARTEMISIA GENTILESCHI

Figlia di Orazio Gentileschi, pittore caravaggista attivo a Roma, Artemisia apprende l’arte di dipingere da giovanissima. Subirà tuttavia dal suo maestro di prospettiva, Agostino Tassi, una violenza sessuale e contro di lui ingaggerà un lungo ed estenuante processo che per lei avrà un unico scopo: poter tornare a dipingere.
La vicenda biografica e la forza con cui la giovane pittrice sfida il proprio tempo, ponendosi come una sorta di femminista ante litteram, non devono però offuscarne l’opera: Artemisia è maestra nell’uso della luce e del colore e, per forza espressiva e taglio delle composizioni, rompe con i modelli iconografici prestabiliti.
Chiude il ricco percorso della mostra, impreziosito da documenti d’archivio e da citazioni letterarie, un brano del romanzo che Anna Banti dedica ad Artemisia nel 1947. Una pagina dalla prosa raffinata che si colloca, insieme ai celebri saggi del marito Roberto Longhi, nell’ambito dei contributi più significativi relativi alla poetica di Caravaggio e dei caravaggisti.

Isabella Pedicini

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