A Verona la mostra su Giovan Francesco Caroto, il maestro di Paolo Veronese

In attesa della mostra in arrivo il 13 maggio 2022 al Palazzo della Gran Guardia di Verona, il Museo di Castelvecchio offre un’anteprima, esponendo due opere di Giovan Francesco Caroto, figura chiave del Rinascimento veronese

Per chi voglia intendere la storia dell’arte non come un sistema cosmologico di stelle fisse, di maestri e capiscuola attorno ai quali ruotino, come pianeti e satelliti, stuoli di comprimari ed epigoni, ma come una costellazione reticolare e pulsante di interazioni e trasmissioni, un sistema aperto e in continuo movimento, una figura come quella di Giovan Francesco Caroto (Verona, 1480 ca.-1555) può essere vista come un fondamentale elemento di connessione e di irradiazione tra culture figurative diverse e può arricchirsi oggi di nuove attrattive e spunti di riflessione. Merito dei recenti studi che hanno preceduto la grande mostra programmata a Verona, al Palazzo della Gran Guardia, dal 13 maggio al 2 ottobre 2022, e che hanno condotto all’uscita della corposa monografia edita da Silvana Editoriale, che getta nuove e inedite luci sul pittore veronese. Curata da Francesca Rossi, direttrice dei Musei Civici, da Gianni Peretti e da Edoardo Rossetti, e intitolata Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese, l’esposizione, che ospiterà oltre cento opere, è promossa dal Comune di Verona ‒ Musei Civici ‒ Museo di Castelvecchio, con il Palazzo Ducale di Mantova come partner scientifico e con la coproduzione di Civita Mostre e Musei.

Andrea Mantegna, Madonna con il Bambino in gloria fra santi e angeli musicanti (Pala Trivulzio), 1497 ca.. Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano © Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati (foto Alinari 2000)

Andrea Mantegna, Madonna con il Bambino in gloria fra santi e angeli musicanti (Pala Trivulzio), 1497 ca.. Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano © Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati (foto Alinari 2000)

CHI ERA GIOVAN FRANCESCO CAROTO

Tipico rappresentante della cultura rinascimentale, Giovan Francesco Caroto fu un viaggiatore e uno sperimentatore, spirito curioso e avventuroso, titolare di una bottega di speziale e frequentatore di umanisti, naturalisti e scienziati, fornito egli stesso di una buona educazione letteraria. Artista itinerante, pendolare delle frontiere artistiche del Nord Italia, si abbeverò a più fonti, sempre aperto a nuovi stimoli e desideroso di affinare e perfezionare la sua maniera. Operò a Mantova, a Milano e nel Monferrato, ma sempre avendo Verona come stella polare e punto di attrazione. Allievo della vecchia scuola veronese, trovò in Mantegna un maestro elettivo che ne affinò le doti instradandolo a uno stile più severo e classico. Alla corte milanese seppe raccogliere l’eredità leonardesca che lo condusse ad addolcire e sensibilizzare il suo stile, che in seguito non mancò di irrobustirsi di nerbo michelangiolesco e di scolpita grazia raffaellesca.
Questi incroci di influssi e di raggiungimenti risultano evidenti già dall’anteprima della mostra, ora visitabile al Museo di Castelvecchio, con la presentazione di un’opera inedita, la Madonna della farfalla, recentemente riscoperta in una collezione privata, e un’altra appena aggregata alla collezione civica grazie al dono della famiglia Arvedi, Veritas filia Temporis.
In queste realizzazioni è possibile ravvisare due tappe fondamentali del percorso di Caroto. Nella Madonna, come ha rilevato Francesca Rossi, è agevole scorgere il gancio stilistico che collega l’influenza di Mantegna a quella di Leonardo: la cultura antiquaria del primo si ammorbidisce nel modellato della Vergine e del Bambino attraverso velature e sfumature che rimandano al luminismo del secondo. Un ulteriore motivo d’interesse è l’accostamento di questo dipinto con uno già presente nelle collezioni comunali, che consiste in una replica pressoché sovrapponibile. In Veritas filia Temporis, una grande tela ottagonale realizzata poco dopo il 1530 per il soffitto di un palazzo veronese, le tre figure allegoriche intrecciate in una girandola di membra, che ruotano intorno a un centro immobile, ci mostrano, con gli influssi di Giulio Romano, la piena maturità di Caroto e il momento più compiuto del suo eclettismo.
Frutto di una cultura stratificata e complessa, fatta di transiti e di progressivi assorbimenti, la sua esperienza fu infine rimessa in circolo e trasmessa in eredità a un giovane discepolo che l’avrebbe poi sviluppata da par suo: Paolo Veronese.

Alberto Mugnaini

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Alberto Mugnaini

Alberto Mugnaini, storico dell’arte e artista, si è laureato e ha conseguito il Dottorato di Ricerca all’Università di Pisa. Dal 1994 al 1999 ha vissuto a New York, dove è stato tra i fondatori del laboratorio di design “New York…

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