Scartare la rabbia come un Ferrero Rocher. Mostra di Serena Fineschi a Venezia

La galleria Marignana Arte diventa cornice attiva della mostra di Serena Fineschi. Un viaggio lungo traiettorie che dal Trecento conducono a Rothko, usando il corpo come bussola e la creatività come mezzo per desacralizzare il passato

C’è un confine sottile tra sacro e profano, nonostante la valenza oppositiva che da sempre li accompagna. Quella linea appena accennata si chiama percezione e, fra le mani di un artista, può trasformarsi nella chiave di volta utile a ribaltare il valore granitico del tempo, della storia, del passato. Ne sono prova le opere realizzate da Serena Fineschi (Siena, 1973) per le sale della galleria veneziana Marignana Arte, capaci di profanare con grazia e consapevolezza la categoria dei “maestri” – dalla Scuola toscana del Rinascimento al Baudelaire dei Fiori del male sino al Rothko in bicromia ‒ e di affrontarla con l’irriverenza di un presente nel quale agli artisti spetta un ruolo sempre più discusso, a tratti marginale.

Serena Fineschi, Ingannare l'attesa (Rothko, nr. 17), Trash Series, 2020, penna Bic Cristal verde e blu su carta, 106 x 150 cm, dettaglio. Photo Enrico Fiorese

Serena Fineschi, Ingannare l’attesa (Rothko, nr. 17), Trash Series, 2020, penna Bic Cristal verde e blu su carta, 106 x 150 cm, dettaglio. Photo Enrico Fiorese

IL SACRO E IL PROFANO SECONDO FINESCHI

Fineschi riflette sulla pittura tenendosi a distanza da essa, ma chiamandola in causa attraverso un gioco di intelligenti ironie e azzeccate traduzioni in linguaggi viscerali, fisici, violenti, eppure avvolti da una delicatezza rarefatta, che accentua il senso di straniamento innescato dai suoi interventi. Se l’Annunciazione trecentesca di Simone Martini e Lippo Memmi ispira una meticolosa infilata di carte luccicanti e dorate – un tempo custodi di altrettanti Ferrero Rocher – e il posto della Madonna è occupato da un pannello in MDF, la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello si trasforma in uno spunto cromatico per una raffica di proiettili di carta masticata e plumbea sparata con una cerbottana. Fineschi desacralizza senza deridere, ma isolando alcuni tratti dei “maestri” e calandoli in un qui e ora implacabile, nel quale l’artista deve urlare la propria presenza.

Serena Fineschi, Sacro e Profano, installation view at Marignana Arte, Venezia 2021-22. Photo Enrico Fiorese

Serena Fineschi, Sacro e Profano, installation view at Marignana Arte, Venezia 2021-22. Photo Enrico Fiorese

LE OPERE DI SERENA FINESCHI IN MOSTRA A VENEZIA

La Madonna della Misericordia di Piero della Francesca e la Madonna dell’Umiltà di Masaccio diventano quindi un portale solcato da un intrico di inchiostro a penna Bic aperto su un domani incerto, tetro, mentre i poetici Fiori del male baudelairiani, oggi, sono impronte di un rossetto scuro che imbelletta l’ano dell’artista. E, ancora, nuovi labirinti di linee a penna, costruiti in maniera ossessiva per “ingannare l’attesa”, si tramutano in perfette variazioni di un Rothko contemporaneo, con sfumature incredibili dal viola al nero, dal rosso al fucsia che da lontano possono essere scambiate per pigmenti pittorici. Infine, una carta da pacchi può accogliere i morsi della Fineschi, se la creatività è messa in crisi da un nuovo atelier, da una nuova luce, così diversa da quella abituale. La rabbia dell’artista si sente e lascia il segno, come le impronte dei suoi denti, ma non strappa, non lacera, si insinua, aggraziata e in equilibrio, reclamando tuttavia una nuova sacralità, quella della concretezza, della carne, dell’inquietudine, concetti profani per antonomasia.

Arianna Testino

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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