L’Istituto Marchiondi. Il capolavoro brutalista abbandonato a Milano

Durante il Fuorisalone 2023 è stato possibile visitare uno dei monumenti di stile brutalista più importanti d'Italia: si tratta dell'Istituto Marchiondi Spagliardi, ex riformatorio progettato dell'architetto Vittoriano Viganò, in disuso da una quarantina d'anni. Quali sono le sue prospettive di riutilizzo?

La Milano Design Week sta diventando sempre di più un’occasione per andare alla scoperta degli angoli nascosti e segreti della città. In questa edizione 2023 che si è appena conclusa, numerosi sono stati gli edifici storici che hanno aperto le loro porte al pubblico, primo fra tutti l’elegante Palazzo Orsini in via Borgonuovo, sede della Giorgio Armani Spa. In periferia però l’attenzione è ricaduta su un bene dallo stile totalmente diverso, ma a suo modo anch’esso estremamente emozionante. Si tratta di uno degli edifici brutalisti più importanti d’Italia: l’Istituto Marchiondi Spagliardi di via Noale, in zona Baggio, che è tornato a essere visitabile per la prima volta dalla chiusura dell’ente, avvenuta alla fine degli Anni Settanta. Infiliamo caschetto e pettorina fosforescente da cantiere e ci avviamo dunque all’esplorazione di quello che in quattro decenni di abbandono si è trasformato in una sorta di Angkor Wat dell’architettura del Ventesimo secolo, sommerso dalla vegetazione e in stato di rovina archeologica.
Sin dall’inizio l’edificio, dalle forme così originali e ambiziose, ha catturato lo sguardo dei critici più attenti. Addirittura Bruno Zevi nel suo Storia e controstoria dell’architettura in Italia lo compara con capolavori assoluti del Dopoguerra come l’Università di Urbino di Giancarlo de Carlo e il Centro Olivetti di Ivrea, diventato sito Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 2018. “L’Istituto Marchiondi Spagliardi di Vittoriano Viganò, l’unico vero ‘Brutalista’ italiano”, così si esprime Zevi nel suo saggio. Il nuovo edificio godrà di una fortuna critica inusitata anche al di fuori dell’Italia: ne elogeranno le forme e la funzionalità André Bloc su L’Architecture d’Aujourd’hui (n.72, giugno-luglio 1957), Reyner Banham nel classico New Brutalism del 1966 e A+P Smithson, Maxwell Fry e Jane Drew nell’articolo Ornamented Modern & Brutalism pubblicato su Zodiac (n.4, 1959). Nonostante quello che viene affermato da varie fonti, invece, non risulta che il MoMA di New York abbia a disposizione un modellino dell’Istituto Marchiondi Spagliardi di Milano, come confermato sia dai curatori da noi contattati sia da una rapida ricerca sul database accessibile dalla pagina web dell’istituzione museale americana.

Istituto Marchiondi Spagliardi, foto Thomas Emilio Villa

Istituto Marchiondi Spagliardi, foto Thomas Emilio Villa

LA STORIA DELL’ISTITUTO MARCHIONDI SPAGLIARDI

L’istituto Marchiondi Spagliardi venne realizzato tra il 1953 e il 1957 su progetto dell’architetto Vittoriano Viganò. L’edificio è destinato a essere la nuova sede del riformatorio milanese, il Marchiondi, che nacque alla fine dell’Ottocento ed ebbe tra i suoi allievi più illustri anche il grande pittore Giovanni Segantini. All’interno della struttura di Baggio vennero ospitati 300 ragazzi con problemi cognitivi o difficoltà comportamentali, ma la struttura aveva ben poco del carcere o dell’edificio di detenzione: quello che colpisce ancora oggi, nonostante i decenni di abbandono, è la luminosità e la chiarezza compositiva.
La lezione di Le Corbusier e dei BBPR pare qui totalmente assorbita da parte di Viganò: la modularità dell’insieme è leggibile in ogni elemento. Il progetto nasce in un periodo in cui la riflessione sulla dimensione estetica del cemento armato era molto sviluppata e pienamente allineata con le ricerche più avanzate dell’Europa occidentale. Il termine Brutalismo venne infatti coniato nel 1954 nel Regno Unito e prende spunto dalla fenomenale duttilità e resistenza del materiale più utilizzato di quegli anni: il cemento armato, appunto, che in francese è chiamato béton brut. Gli Anni Cinquanta per Milano sono un decennio in cui si assiste alla realizzazione di numerosi edifici estremamente interessanti, come la Torre Velasca, portata a termine dallo studio BBPR quasi nello stesso momento rispetto all’Istituto Marchiondi Spagliardi, o la strepitosa chiesa brutalista della Madonna dei Poveri firmata da Luigi Figini e Gino Pollini (1952-54), sempre nei pressi del quartiere di Baggio. Altro edificio brutalista di fondamentale importanza per Milano è il cosiddetto “Secondo anello” di San Siro, realizzato tra il 1953 e il 1955 dall’architetto Armando Ronca e dall’ingegnere Ferruccio Calzonari. Se attualmente (nonostante il parere favorevole di alcuni studiosi) non è presente alcun vincolo per lo stadio di San Siro, quello per il Marchiondi Spagliardi venne applicato dalla Soprintendenza di Milano solo nel 2008.

Istituto Marchiondi Spagliardi, foto Thomas Emilio Villa

Istituto Marchiondi Spagliardi, foto Thomas Emilio Villa

LA STRUTTURA DELL’ISTITUTO MARCHIONDI SPAGLIARDI

Il cemento armato permette di ottenere risultati privi di strutture portanti ingombranti, permettendo la realizzazione di edifici luminosi, aperti e ariosi. Il gioco geometrico delle finestre continue nell’edificio di Viganò crea motivi degni di nota soprattutto nell’ambiente iniziale, utilizzato come palestra. La volta è solcata da possenti travi disposte di taglio come nella vicina chiesa della Madonna dei Poveri. L’ambiente durante il Fuorisalone 2023 ospitava la mostra Reforming Future degli studenti dei corsi tenuti al Politecnico dagli architetti Michele De Lucchi e Andrea Branzi in collaborazione con Francesca Balena Arista, Marco De Santi e Mario Greco, a cura di MoscaPartners da un’idea di Valerio Castelli.
Lasciata la palestra, ci si avvia su un vialetto laterale affacciato su un’infilata di portali quadrati che paiono essere quasi una versione occidentale e moderna dei tradizionali torii giapponesi. L’idea di un giardino zen in cui ritrovare la pace e l’equilibrio risulta particolarmente gradevole in questo ambiente abbandonato, in cui la natura è tornata a essere padrona: è la natura naturans di cui parlano i classici rivista in chiave brutalista.
Attraverso una scala a chiocciola si accede ai quattro piani della struttura: gli ambienti sono collegati da un lungo e luminoso corridoio caratterizzato da una estesa vetrata. Una serie di scale a chiocciola nel vano di disimpegno all’ingresso dei vari piani aggiunge un elemento di lirismo astratto al complesso, insieme ai colori pastello degli interni, ancora in parte visibili. Le parole dell’architetto Viganò confermano il legame che si venne a instaurare tra l’edificio e i suoi fruitori, i “ragazzi difficili” del riformatorio: “Chi ha veramente compreso il Marchiondi non sono stati gli organizzatori, le autorità scolastiche e pedagogiche, i colleghi, i critici di architettura che pure mi hanno fatto tanti complimenti: sono stati i ragazzi. Non potrò, credo, dimenticare il grido di gioia con cui sciamarono dentro, l’entusiasmo con cui presero immediato possesso delle attrezzature, degli armadietti, dei porta-abiti”.

Istituto Marchiondi Spagliardi, foto Thomas Emilio Villa

Istituto Marchiondi Spagliardi, foto Thomas Emilio Villa

DA RIFORMATORIO A CENTRO PER L’ART BRUT?

I riformatori furono aboliti con la legge 448/1988, ma già allora il Marchiondi Spagliardi era un edificio abbandonato da tempo. L’iniziativa meritoria dell’apertura del complesso monumentale è forse un primo, timido ma fondamentale passo verso il ritorno alla fruizione pubblica del bene. Sono stati proposti un restauro e un riutilizzo del bene impiegando i fondi del PNRR. Facendo fronte alla domanda di residenze per studenti a prezzi accessibili, è stato proposto il suo riutilizzo in questi termini per studenti universitari e giovani artisti. Una delibera del 2022 del Comune di Milano a favore del progetto Life from art proposto dalla Fondazione Collegio delle Università milanesi prevede proprio un intervento di questo tipo. Augurarsi di vedere il Marchiondi Spagliardi completamente recuperato è un auspicio di molti, soprattutto oggi che il Brutalismo sta vivendo una sorta di seconda giovinezza e di ravvivato interesse. Forse un ruolo espositivo sarebbe maggiormente connaturato a un edificio dalla storia e dal design così peculiari. Considerando la natura della struttura, legata al recupero degli outsider della società e all’educazione della cittadinanza più giovane e problematica, vengono in mente alcuni esempi di musei europei: è basti pensare all’Art Brut Center Gugging di Vienna, ospitato in un ex ospedale psichiatrico in un sobborgo della capitale austriaca che risulta non troppo dissimile dal quartiere di Baggio per Milano. Il Gugging è il principale museo europeo dedicato all’Art Brut, così definita nel 1945 dal pittore francese Jean Dubuffet per indicare la creazione artistica spontanea all’interno di strutture di ricovero psichiatrico al di fuori del circuito creativo e dalle norme estetiche tradizionali. Questa forse potrebbe essere un’ipotesi di lavoro su cui ragionare, ospitando un centro di Art Brut, il primo in Italia, all’interno di un capolavoro brutalista come l’Istituto Marchiondi Spagliardi.

Istituto Marchiondi Spagliardi, foto Thomas Emilio Villa

Istituto Marchiondi Spagliardi, foto Thomas Emilio Villa

UN ITINERARIO BRUTALISTA A MILANO

Al di là delle riflessioni sull’utilizzo ottimale del bene, quello che è prioritario è il suo ritorno alla fruizione pubblica e il suo inserimento in un itinerario sistematico che possa offrire una visita appagante e istruttiva del patrimonio architettonico brutalista nel quadrante ovest della città. Un itinerario ideale potrebbe partire dalla chiesa di Sant’Ildefonso al Portello di Carlo de Carli del 1954-56, proseguirebbe poi verso il “Secondo anello” di San Siro (nell’ottica di un suo vincolo in quanto monumento brutalista) e si raggiungerebbe poi la Madonna dei Poveri di Figini e Pollini per concludersi al Marchiondi Spagliardi di Baggio: una camminata (o una biciclettata?) brutalista dal centro città fino alla verde periferia del Parco Agricolo Sud Milano.
Altre architetture da inserire nel novero della Milano brutalista sono senza dubbio la chiesa di San Giovanni Bono, opera del 1968 di Arrigo Arrighetti, posta nel quartiere Sant’Ambrogio, nella periferia sud occidentale della città, e la chiesa di San Nicolao della Flue (1968-70), opera di Ignazio Gardella nel quartiere Forlanini. E come dimenticare la Torre Velasca, che vedrà riqualificata a breve la piazza sottostante? Milano potrebbe aumentare la sua attrattività turistica anticipando le mode e le tendenze che vedranno una sempre maggiore popolarità del patrimonio architettonico brutalista nelle città europee.

Thomas Villa

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