La cucina italiana candidata a patrimonio Unesco. Opportunità o malinteso?

Il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste annunciano l’avvio dell’iter per la candidatura della cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’umanità. L’esito nel 2025

Un responso certo si avrà solo nel 2025, al termine dell’iter cui è sottoposta ogni candidatura Unesco. Ma per il Governo Meloni, nelle figure di Francesco Lollobrigida per il Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, e di Gennaro Sangiuliano per il Ministero della Cultura, è già l’ora di festeggiare il traguardo dell’ufficializzazione della candidatura della cucina italiana alla Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

LA CUCINA ITALIANA CANDIDATA A PATRIMONIO UNESCO

Abbiamo davanti due anni, in cui dovremo portare la nostra cucina in ogni parte del mondo e scatenare la partecipazione collettiva di 140 milioni di italiani, i 60 che vivono nel territorio della Nazione e gli oltre 80 milioni che vivono all’estero”, spiega il ministro Sangiuliano. “Con questa iniziativa vogliamo rilanciare la nostra Italia nel mondo, valorizzando quel patrimonio che abbiamo in tutti i settori –  gli fa eco Lollobrigida – Dobbiamo solo saper raccontare, difendere e proteggere le nostre eccellenze, che rappresentano un valore aggiunto per la nostra Nazione”. Dichiarazioni che fanno appello alla pancia del Paese – “ci auguriamo che ci sia una partecipazione collettiva a questa candidatura”, sottolinea il Sottosegretario alla cultura con delega all’Unesco, Gianmarco Mazzi – non senza un abuso di retorica che sfiora il malinteso. Se è vero che “la cucina italiana non è solo cibo o un semplice ricettario ma anche un insieme di pratiche sociali, abitudini e gestualità che portano a considerare la preparazione e il consumo del pasto come momento di condivisione e incontro. È il rito collettivo di un popolo che concepisce il cibo come elemento culturale identitario”, come evidenzia la nota del Ministero della Cultura, infatti, la natura stessa di cucina italiana andrebbe scandagliata senza eccedere in campanilismo, evidenziandone l’identità multiforme, composita e debitrice dell’apporto di molteplici influenze esterne, internazionali, globali nell’arco di secoli di storia. Altro che “difendere” e “proteggere”…

COS’È LA CUCINA ITALIANA? ATTENZIONE AL RISCHIO RETORICA

Insomma, occorre fugare il rischio che la difesa della tradizione (a patto di riuscirla a definire come entità monolitica e immutabile nel tempo) prevalga sull’opportunità di mostrare quanto l’apertura al mondo e l’accoglienza delle diversità abbiano giovato al costituirsi della cultura gastronomica della Penisola, che, più che italiana, ci piacerebbe considerare come un insieme di voci eterogenee (dalle dominazioni straniere del passato ai campanili regionali). Sostenere che “la cucina italiana fa parte della nostra storia ed è un patrimonio per 60 milioni di italiani che vivono nel Paese, per 80 milioni di italiani e loro discendenti che vivono al di fuori del Paese e per tanti stranieri che amano e si ispirano allo stile di vita italiano”, dunque, appare come un esercizio di sciovinismo poco utile a focalizzare l’attenzione sulla vera ricchezza dell’Italia, il patrimonio di materie prime, aziende agricole, allevamenti, casari e trasformatori di ogni filiera proliferato grazie alle caratteristiche pedoclimatiche dei diversi territori della Penisola. L’auspicio e che nei due anni che ci separano dall’esito della candidatura (La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale il tiitolo del dossier, stilato dal professor Pier Luigi Petrillo) si lavori sulla valorizzazione dei contenuti (ce ne sono, e numerosi), più che sulla tentazione di chiudersi in un atteggiamento di protezione e difesa delle “nostre eccellenze”. Fa ben sperare che sia il professor Massimo Montanari a presiedere il Comitato scientifico che ha supportato la proposta, promossa da tre comunità: l’Accademia italiana della Cucina fondata nel 1953 da Orio Vergani; la Fondazione Casa Artusi, fondata nel 2007 con il fine di promuovere “la cucina di casa italiana” come declinata da Pellegrino Artusi; La Cucina Italiana, fondata nel 1929, la più antica rivista gastronomica al mondo ancora in edicola.

Livia Montagnoli

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