A Parigi la mostra dedicata alla natura morta

Rembrandt, Monet, Magritte, Dalí: sono solo alcuni degli artisti riuniti dalla mostra che il Louvre dedica a un tema che non smette di affascinare

Tutto inizia nel 1952, quando il grande storico dell’arte Charles Sterling cura una grande mostra sulla natura morta dall’antichità al contemporaneo, nelle sale dell’Orangerie. Allora l’evento produsse molto dibattito, dato che all’epoca questo genere artistico era considerato minore e poco interessante; dopo la mostra di Sterling gli studi sulla natura morta si sono molto intensificati fino ad arrivare a oggi, con l’importante rassegna Les choses. Une histoire de la nature morte, visitabile al Louvre fino al 23 gennaio. Curata da Laurence Bertrand Dorléac insieme a Thibault Boulvin e Dimitri Salmon, la mostra riunisce 170 opere d’arte dalla Preistoria al Ventunesimo secolo, divise in 15 sezioni, con lo scopo di “proporre un dialogo continuo tra opere antiche e contemporanee, per tracciare una storia globale della rappresentazione delle cose attraverso tecniche differenti, come la pittura, la scultura, il video, il cinema o ancora la fotografia. Questa mostra propone dunque una nuova visione della natura morta allargando le sue frontiere geografiche, cronologiche e artistiche mettendo in questione il nostro rapporto con le cose, da ieri a oggi”, spiegano i curatori, che hanno realizzato la mostra dopo ben sette anni di studi. Uno sforzo davvero enorme, che ha permesso di accostare capolavori di straordinaria qualità, assemblati in una scrittura curatoriale interessante ma un filo troppo ambiziosa, con momenti sorprendenti e altri più scontati.

Jean Baptiste Chardin, Pipes et vases à boire, dit aussi La Tabagie. Musée du Louvre, département des Peintures © RMN Grand Palais (Musée du Louvre), photo Stéphane Maréchalle

Jean Baptiste Chardin, Pipes et vases à boire, dit aussi La Tabagie. Musée du Louvre, département des Peintures © RMN Grand Palais (Musée du Louvre), photo Stéphane Maréchalle

LA NATURA MORTA IN MOSTRA AL LOUVRE

La partenza in grande stile propone un emozionate dialogo tra La Madeleine à la veilleuse (1642-44) di Georges de la Tour con i frammenti di affreschi del I secolo d.C. provenienti da Ercolano, con fichi, funghi e pane, per sottolineare la presenza degli oggetti quotidiani nell’arte fin dall’epoca romana.
Si prosegue con la sezione dedicata agli oggetti della fede, dominata da una magnifica Annunciazione (1435-40) della bottega di Rogier van der Weyden, accostata a uno scaldamani in ceramica proveniente da Faenza (1495-1510) e ad Arma Christi, un raro libro di devozione in avorio (1330-50). Piuttosto classica appare la scelta di nature morte tra Cinque e Seicento, fatta eccezione per le tarsie lignee di Vincenzo da Verona (1520-23) e la Natura morta con bottiglie e libri (1530 circa) dipinta da un anonimo pittore tedesco. Se tra i dipinti del Seicento spiccano per sobrietà e rigore Natura morta con asparagi (1697) dell’olandese   Adriaen Coorte e Finestra, frutta e legumi (1602) del pittore spagnolo Juan ánchez Cotán, oltre al piccolo ma prezioso Agnus Dei (1635-40) di Francisco de Zurbarán, la poesia degli oggetti raggiunge picchi molto alti nell’opera di Jean-Baptiste-Siméon Chardin Pipes et vases à boire (La Tabagie) (1737 ca.). Alto il livello delle opere presenti nella sezione La bestia umana, un curioso titolo che riunisce capolavori come Il bue squartato (1655) di Rembrandt e Natura morta con testa di montone (1808-12) di Goya. Molto riuscita la selezione delle opere nella sezione La vita semplice, dove alcuni dipinti colpiscono per la loro essenzialità, come Anguille et rouget (1864) di Édouard Manet, in dialogo con Les Galettes (1882) di Claude Monet e La Table de cuisine (1880-90) di Paul Cézanne. Diseguale il discorso relativo al “valore degli oggetti” nell’arte del Ventesimo secolo, che accosta a capolavori come Mélancolie d’un après-midi (1913), un misterioso dipinto metafisico di Giorgio de Chirico, la Natura morta vivente (1956) di Salvador Dalí e Cranio (1932) di Gerhard Richter a opere di artisti francesi non sempre all’altezza. Originale la relazione visiva e concettuale tra Le modèle rouge (1935), un dipinto di Magritte, e Untitled (1991), una scultura di Robert Gober con la quale l’opera del pittore belga mostra non poche assonanze, mentre appare opinabile la scelta di sospendere al soffitto il Portabottiglie di Marcel Duchamp.

Robert Gober, Untitled. Collection François Pinault © Palazzo Grassi, photographie Matteo De Fina © Robert Gober

Robert Gober, Untitled. Collection François Pinault © Palazzo Grassi, photographie Matteo De Fina © Robert Gober

NATURA MORTA IERI E OGGI NELL’ARTE

La conclusione, dedicata al concetto di “metamorfosi”, appare meno accurata e con vistose assenze (Berlinde De Bruyckere, Damien Hirst o Anselm Kiefer, ad esempio, ma anche Michaël Borremans, Marlene Dumas o Hans op de Beeck), a dimostrazione che il progetto curatoriale sembra decisamente privilegiare l’arte del passato. Ma allora perché collocare l’installazione Le Pilier des migrants disparus (2022) di Barthélémy Toguo all’ingresso del Louvre, sotto la Piramide? Dopo questa premessa ci saremmo aspettati un’attenzione diversa verso il contemporaneo, che ben si presta a un tema di questo genere.

Ludovico Pratesi 

Parigi // fino al 23 gennaio 2023
Les choses. Une histoire de la nature morte
MUSÉE DU LOUVRE
99, rue de Rivoli
https://www.louvre.fr

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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