Austria: dove l’arte vive nei palazzi storici

Non ci dispiace uscire dalla comfort zone. Nell'ultima dozzina di anni vi abbiamo accompagnato nei luoghi più diversi, a scoprire in profondità gli angoli più nascosti delle metropoli o a solcare territori decisamente fuori dalle rotte turistiche. Ma dev'essere sempre e per forza così?

Ogni città può essere attraversata in mille modi diversi. Perché ogni città è per definizione multilayer, e i livelli si intersecano in infinite combinazioni. Il discorso vale anche per Vienna. E per una volta proviamo a non farci guidare prevalentemente dall’arte e dall’architettura contemporanee. Perché è vero che il turismo di massa, quello che frequenta i must see e gli highlight, è foriero più di danni che d’altro, ma è pur vero che, se quelle sono le cose-da-non-perdere, un motivo ci sarà. Intanto però, per non perdere l’abitudine in maniera troppo brusca, vi consigliamo di iniziare la visita della capitale austriaca con un paio di novità contemporanee. Phileas è “un’organizzazione filantropica che cerca di rafforzare la voce degli artisti austriaci o che vivono in Austria nel panorama internazionale attraverso programmi di scambio attivi e a lungo termine”. Fondata nel 2016, a maggio ha aperto uno spazio espositivo al pianterreno di un edificio storico, a pochi passi dall’Accademia di Belle Arti, se si attraversa lo Schillerpark, e a qualche passo in più, costeggiando il Burggarten, dal mitico museo Albertina – che, guarda caso, è anch’esso ospitato in un palazzo d’epoca asburgica. Seguendo questa seconda opzione, si sbatte praticamente contro la Heidi-Horten-Collection, la cui apertura è ancora più recente. Il 3 giugno ha infatti inaugurato con la mostra Open (non esattamente un guizzo di originalità) e siamo certi che in brevissimo tempo diventerà un pivot essenziale del comparto. L’area in cui ci stiamo muovendo è, per intenderci, quella adiacente al mitico MuseumsQuarter, dove anche il più incallito frequentatore di sale museali troverà di che sfinirsi, fra Kunsthistorisches, Leopold, Naturhistorisches e via dicendo. Piegando invece verso est, ecco che naturalmente si delinea un percorso punteggiato di saliscendi culturali: si inizia con la Casa della Musica, si passa dalla sede storica della Galleria Krinzinger, si transita dalla Casa di Mozart e si giunge infine al MAK, il Museo di Arti Applicate che ha una nuova direttrice con le idee molto chiare, come potete leggere nell’intervista nella pagina appena successiva a quella che state leggendo. Sia chiaro, come dicevamo poc’anzi, gli itinerari alternativi sono un’infinità, perché la città pullula di occasioni culturali, che si segua il profumo del caffè, come suggerisce qui a fianco il co-curatore della mostra in corso al Museo Ebraico, oppure le sirene del contemporaneo, che inevitabilmente condurranno a sud verso il Thyssen-Bornemisza Art Contemporary (o meglio, conducevano, perché ormai il TBA21 di Francesca Thyssen-Bornemisza  è proiettato verso altri lidi, fra Cordova, Madrid, Venezia e Lopud) oppure a nord verso il Bank Austria Kunstforum Wien. Ma non vi avevamo promesso di uscire dalla nostra comfort zone, e quindi di non subissarvi di tappe stracittadine che portano a quel disagio noto come FOMO, acronimo di Fear Of Missing Out in salsa turistica? Allora ecco qui: l’invito è seguire il fil rouge dei palazzi storici dove sono ospitate la maggior parte delle istituzioni nominate fin qui, per godervi il top della storicità non solo architettonica: il magnifico Castello di Schönbrunn, immerso in un altrettanto delizioso parco a sud-ovest della città. Ma se volete davvero strafare, la città potete addirittura abbandonarla in direzione Eisenstadt. Non si tratta di un viaggio impegnativo, sono appena sessanta chilometri. E vale assolutamente la pena perché, come potete leggere in un’altra delle interviste pubblicate a seguire, ad attendervi c’è un mix di storia, vino e musica che non vi farà rimpiangere la metropoli. Almeno per un weekend.

Mozart, Beethoven & co., die großen Komponisten neu entdecken, exhibition view at Hous of Musik, 2022, photo Hanna Pribitzer

Mozart, Beethoven & co., die großen Komponisten neu entdecken, exhibition view at Hous of Musik, 2022, photo Hanna Pribitzer

VIENNA TRA CAFFÈ E MOSTRE

Vienna potrebbe apparire irriconoscibile a chi non la frequenta da qualche anno. Colta da insospettata leggerezza, la capitale austriaca ha puntato al mutamento di sé ridisegnando il proprio skyline, ovvero concedendo licenze edilizie per elevare di alcuni piani le costruzioni già esistenti, con soluzioni tecniche evolute e con l’uso di materiali tutt’altro che tradizionali. Non da oggi la città cova, nella sfera della creatività, la passione per il “nuovo”, per lo sperimentale, nell’architettura come nel design. È poi sorprendente scoprire, con la graduale uscita dalla pandemia, uno sciame di idee nuove che ha riconfigurato interni ambientali d’ogni genere, negozi, supermercati, ristoranti. Non ultimi i caffè, qui una categoria intramontabile e sempre in evoluzione, pur facendo salvi quelli tradizionali come Havelka o il Café Museum, tipici luoghi viennesi dal fascino mitteleuropeo, sale di lettura un tempo fumose, frequentate da poeti, scrittori, artisti o gente dall’aria snob. Il noto romanziere e drammaturgo Thomas Bernhard, uomo in perenne precarietà di salute, farà dire al suo alter ego, ne Il nipote di Wittgenstein: “La malattia della frequentazione dei caffè è il più incurabile di tutti i miei malanni”. Uno dei suoi “rifugi” preferiti è stato il Bräunerhof, in Stallburggasse. Ed è proprio a un tavolino di questo café che abbiamo voluto incontrare il co-curatore di una mostra che documenta la trama del successo a Vienna dei caffè-bar di stile italiano e la vita del suo ideatore. Volgendoci alle arti visive, la nuova era – per così dire – vede, accanto ai grandi musei, il debutto di due istituzioni di notevole spessore, entrambe private, con solidissime basi finanziarie, ben collocate nel distretto più centrale di Vienna: la fondazione filantropica Phileas e la Heidi-Horten-Collection, di cui si dice che sia “la più ricca collezione privata al mondo di arte moderna”. Michael Freund è un giornalista di lungo corso tra le emissioni radiofoniche della ORF e il quotidiano Der Standard. È lui che, insieme alla curatrice Sabine Apostolo, ha lavorato alla mostra di cui abbiamo accennato sopra. “Nel 1951, nella centralissima Kohlmarkt, aprì il Café Arabia, che a tutti gli effetti era a imitazione della cultura dell’espresso e del bar all’italiana, con una macchina da caffè Gaggia. Un concept studiato dall’imprenditore Alfred Weiss, con un allestimento appropriato all’idea, una sorta di opera d’arte totale realizzata dall’architetto Oswald Haerdtl. Fu un evento che a Vienna fece grande clamore, determinando poi un trend di successo. In realtà le radici della storia hanno origine nel periodo tra le due guerre, quando Alfred Weiss, di origine ebraica, aveva avviato un’impresa d’importazione di caffè, già chiamata Arabia”. La mostra, allestita fino al 23 ottobre al Museo Ebraico, racconta l’intera storia: “Nel fatidico 1938, anno dell’Anschluss, i nazisti gliela requisirono, e lui con la famiglia dovette emigrare, prima in Belgio, poi in diversi campi d’internamento in Francia, e infine in Italia. Più precisamente a Roma, città in cui, nonostante le leggi razziali, i coniugi Weiss ebbero una vita relativamente tranquilla, assimilando anche abitudini italiane. Dopo la guerra tornarono a Vienna, dove fu restituita loro la proprietà dell’impresa. Da lì, per l’appunto, per i Weiss cominciò un’esistenza con nuove prospettive”.

Marco Enrico Giacomelli

Esterhazy Schloss, Eisenstadt, photo Lennard Linder

Esterhazy Schloss, Eisenstadt, photo Lennard Linder

LA FAMIGLIA ESTERHÁZY TRA MUSICA, ARTE E VINO

Il Castello Esterházy a Eisenstadt è uno dei più bei palazzi barocchi dell’Austria e offre un affascinante affresco della vita sfarzosa vissuta un tempo alla corte dei principi Esterházy. È ancora oggi il fulcro della scena culturale del Burgenland insieme alla Fortezza di Forchtenstein, il Castello di Lackenbach e la grandiosa Cava di Sankt Margarethen. Florian T. Bayer, responsabile delle collezioni della Fondazione Esterházy, e Daniel Serafin, direttore artistico della stagione operistica nella Cava, ci hanno raccontato passato e presente di questi luoghi.

Il Castello Esterházy è ancora oggi il simbolo di Eisenstadt, città a una sessantina di chilometri da Vienna. Quali sono il passato e il presente di questo sito culturale?
Un tempo luogo di nascita e residenza di importanti magnati, il Castello Esterházy è situato in posizione centrale e prominente a Eisenstadt, la capitale del Burgenland. È considerato uno dei più bei castelli barocchi dell’Austria. Oggi è un museo, un luogo di cultura e di eventi. Le sue sale ospitano le collezioni private della famiglia principesca.

Musica e vino si sono fusi nel corso dei secoli, anche grazie alla significativa presenza di Franz Joseph Haydn, che qui lavorò come direttore d’orchestra e compositore di corte.
Già nel 1758 Esterházy produsse i primi vini monovitigno del Burgenland e portò il Pinot Nero sulle colline di Leitha. I dipendenti come Haydn avevano diritto a essere pagati con determinate quantità di vino. Uno dei più grandi musei del vino dell’Austria si trova nelle cantine del Castello, risalenti a oltre trecento anni fa. Si possono ammirare oltre settecento oggetti unici legati al vino e alla viticoltura, come il più antico torchio ad albero del Burgenland.

Attualmente è in corso la mostra sulla principessa Melinda Esterházy. Possiamo conoscere qualche aneddoto su questa donna eccezionale?
Melinda Esterházy era una persona dotata di molto talento. La sua carriera di ballerina classica è stata rapida, tanto da essere nominata Prima Ballerina dell’Opera di Budapest. Nel 1986 l’ultimo principe, Paul, ha designato la moglie Melinda come unica erede nel suo testamento. Nel 1994 Melinda Esterházy ha istituito tre fondazioni indissolubili. In questo modo sono stati creati i presupposti per la rapida crescita delle imprese commerciali, che oggi sono in gran parte responsabili del successo dell’azienda. La mostra illustra le tappe della vita di una donna straordinaria: prima ballerina, in fuga e il nuovo inizio.

Oltre al Castello Esterházy, si possono visitare anche la Fortezza Forchtenstein e il Castello Lackenbach.
L’origine della Fortezza risale all’inizio del XIII secolo. Nel 1626 entrò in possesso della famiglia Esterházy, che le diede l’aspetto attuale. Nella Fortezza Forchtenstein ci sono da scoprire oggetti unici del passato. Le opere d’arte sono nascoste dietro le spesse mura del complesso storico, numerosi ritratti illustrano l’impressionante storia della famiglia Esterházy e sono esposti quattrocento anni di storia delle armi. Nella Camera del Tesoro si possono ammirare preziose rarità. Dalla prima metà del XVII secolo, la famiglia Esterházy abitò il Castello Lackenbach. Il complesso rinascimentale, situato in una posizione idilliaca nel cuore del Burgenland, è ora aperto ai visitatori. Il Museo invita i visitatori a stupirsi, a festeggiare e a indugiare con la mostra La caccia di corte dei principi Esterházy, con le ampie sale per eventi e l’incantevole parco rinascimentale.

Un altro luogo incredibile è la Cava di Sankt Margarethen, dove si tengono regolarmente grandi concerti. Quali sono i prossimi appuntamenti?
L’Opera nella Cava di Sankt Margarethen è diventata negli anni un centro di attrazione per le star internazionali della lirica e per i grandi della musica. Nella stagione 2022 è in programma il Nabucco, capolavoro senza tempo di Giuseppe Verdi. La sua magnifica musica, l’appassionante storia biblica, l’ensemble di prim’ordine e il celebre “coro prigioniero” rendono la produzione operistica di quest’anno un’esperienza unica, su uno dei palcoscenici naturali più grandi d’Europa. Dall’11 al 25 settembre, invece, il direttore artistico dell’Herbstgold Festival, Julian Rachlin, porterà a Eisenstadt i grandi dell’arte e della cultura: tra questi, John Malkovich con The Music Critic e il tenore Juan Diego Flórez. Il motto del festival di quest’anno è Passione.

https://esterhazy.at/

Lilli Hollein, General Director and Artistic Director, MAK, 2021 © Katharina Gossow, MAK

Lilli Hollein, General Director and Artistic Director, MAK, 2021 © Katharina Gossow, MAK

IL MAK HA UNA NUOVA DIRETTRICE

Da settembre 2021 il Museo delle Arti Applicate ha una nuova, carismatica direttrice, Lilli Hollein, che avevamo già avuto il piacere di incontrare durante i tanti eventi che aveva organizzato alla direzione della Design Week di Vienna. In questa intervista ci ha tratteggiato il suo progetto e i prossimi.

In centocinquant’anni, il MAK non aveva mai avuto una donna al timone. Cosa pensa di questa prima assoluta?
È davvero notevole che, per la prima volta in oltre un secolo e mezzo, la direzione del MAK sia stata affidata a una donna. La mia nomina è un buon segnale. Tuttavia, se si guarda ai musei federali austriaci, la presenza femminile a livello di gestione è equilibrata già da tempo.

Nel programma di quest’anno, la MAK Galerie presenta mostre personali di donne di spicco. Continuerà a dare risalto alla produzione femminile in ambito creativo?
Mi sta a cuore offrire alle posizioni femminili, soprattutto nell’ambito delle arti applicate, un palcoscenico maggiore o diverso rispetto al passato, sia per quanto riguarda il continuo riesame della collezione del MAK, sia per quel che concerne l’offerta nel contemporaneo. L’attuale focus di MAK Galerie – con posizioni femminili e non binarie, tra cui Anna Jermolaewa, Birke Gorm e l’avatar LaTurbo Avedon – crea le basi per nuove narrazioni.

Apertura, mediazione, diversità: sono alcuni dei termini che rappresentano la nuova visione del museo. Come si posizionerà il marchio MAK in futuro?
Il MAK ha una collezione multidisciplinare che rappresenta quasi tutto ciò che ha un posto nella vita quotidiana di molte persone. Questo lo rende un luogo assai democratico. Da qui vorrei sviluppare un’identità forte e inconfondibile, dove la multidisciplinarietà si apre alla diversità sociale. Negli ultimi mesi sono stati compiuti diversi passi in avanti: fra l’altro, abbiamo sviluppato una nuova corporate identity che offre nuove possibilità, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione, sia nella sfera analogica che in quella digitale. Uno dei nostri obiettivi è quello di diventare un attore sociale attivo come museo, con il nostro programma e la nostra attività di divulgazione.

Quali sono i progetti espositivi in arrivo?
Abbiamo appena inaugurato una nuova serie nella sede del Geymüllerschlössel, Contemporary Fashion Showcase. Per me è fondamentale che il MAK sia un luogo importante per la moda. Con questo programma offriamo un forum non solo per le mostre, ma soprattutto per i talk e gli incontri. Sono felice che siamo riusciti ad aggiudicarci la rinomata designer 3D Julia Körner, e per le successive mostre anche Susanne Bisovsky e Jojo Gronostay.

E oltre a questo nuovo focus sulla moda?
Ci tenevo particolarmente a presentare Das Fest. Tra rappresentazione e rivolta come tema della prima grande mostra della mia direzione. È molto di più che un’opulenta cultura della tavola o dei costumi. La mostra allarga lo sguardo sulla festa come un ambiente disegnato in cui rifugiarsi tramite il costume e che annulla – almeno temporaneamente – le differenze sociali. La festa non è solo multidisciplinare dal punto di vista stilistico, ma anche profondamente politica. A livello internazionale stiamo preparando una mostra per il 2024 insieme al DAM di Francoforte, rappresentiamo l’Austria alla Triennale di Milano quest’estate e la Biennale di Shenzhen riprende un progetto del MAK. Sono in programma ulteriori collaborazioni nell’ambito degli scambi scientifici.

Uno dei suoi obiettivi dichiarati è quello di creare un legame più forte, più emotivo con il pubblico. Ha già lavorato in questo senso durante gli anni di brillante direzione della Design Week, creando sinergie e impulsi creativi in vari distretti di Vienna. Come intende operare con i pubblici del museo?
Stiamo promuovendo sempre di più la diversità nel programma, con una maggiore mediazione e una reale accessibilità, che creerà più vicinanza al pubblico. Abbiamo riassegnato la direzione della mediazione e riadattato al pubblico l’imponente ex MAK Direktion. Uno dei miei obiettivi è quello di espandere e aprire il museo allo spazio urbano. Ad esempio, stiamo progettando di utilizzare lo Stubenbrücke in collaborazione con KÖR – Kunst im öffentlichen Raum e di rendere accessibile al pubblico il giardino del museo. Il MAK dovrebbe essere un luogo di ispirazione per molte persone, un luogo da visitare spesso.

https://www.mak.at/

Sonotopia, labs and universe, exhibition view at Haus der Musik, 2022, photo Hanna Pribitzer

Sonotopia, labs and universe, exhibition view at Haus der Musik, 2022, photo Hanna Pribitzer

DOVE LA MUSICA È DI CASA

Vienna è conosciuta come la capitale mondiale della musica. L’autrice e poetessa austriaca Ingeborg Bachmann ha descritto perfettamente questa condizione: “Alcune delle nostre città si distinguono dalle altre e vengono chiamate ‘Città della musica’. Tra queste, bisogna immaginare città in cui la musica, risuonando e svanendo, diventa parte integrante dell’architettura”. La Haus der Musik propone un’esperienza interattiva attraverso un accesso sorprendente alla musica e ai mondi sonori. E rende omaggio al grande Mozart con il progetto interattivo Namadeus, grazie al quale i visitatori possono trasformare il proprio nome in un’interpretazione originale del compositore. Elisabeth Albrecht, responsabile della mediazione musicale della Haus der Musik, ci ha raccontano uno dei luoghi simbolo di Vienna.

Dove ha sede la Casa della Musica?
È ospitata dallo storico palazzo dell’arciduca Karl, che ospitò anche il Dorotheum, che in seguito si trasferì nella Dorotheergasse. Otto Nicolai – direttore d’orchestra, compositore e fondatore dell’Orchestra Filarmonica di Vienna – ha vissuto qui dal 1841 al 1847. Oggi il primo piano ospita la mostra dei Filarmonici e il loro intero archivio. Dopo molteplici utilizzi, dal 2000 il palazzo è sede della Casa della Musica.

Non si tratta però di un tradizionale museo…
Il direttore Simon K. Posch descrive il nostro museo in questi termini: particolarmente importante – oltre agli elementi storici – è l’interazione tra produzione sonora naturale ed elettronica, tra analogico e digitale. I contenuti musicologici implementati dal punto di vista estetico e artistico costituiscono un ponte fra tradizione e innovazione. Ballare un valzer o dirigere virtualmente la Filarmonica di Vienna: qui la musica viene presentata in modo nuovo. I grandi maestri della musica classica, come eccezionali compositori di sonate, quartetti e sinfonie, attendono di essere scoperti in tutte le loro sfaccettature.

Uno degli obiettivi è far accedere i bambini alla musica.
Abbiamo una guida per smartphone in dieci lingue e il nostro è un museo hands on. L’uso delle mani è incoraggiato! Le numerose stazioni interattive lo rendono possibile.

Dopo il rilancio in occasione del 20esimo anniversario del Museo del Suono nel gennaio 2020, un intero piano è ora dedicato a nuove installazioni ed esperimenti sonori: Sonotopia Universe.
Un unico universo sonoro riempie lo spazio. Le creature e le forme che si muovono sul soffitto sono chiamate “clong”. Queste forme sonore uniche si armonizzano visivamente e acusticamente e vengono create da tutti i visitatori utilizzando le più recenti tecniche di realtà virtuale. Nell’adiacente Sonotopia Lab è possibile creare e modellare la propria creatura sonora secondo la propria immaginazione, per poi darle vita visivamente e acusticamente.

E per quanto riguarda la Sala Mozart con il gioco Namadeus?
Con il terminale interattivo Namadeus è possibile trasformare il proprio nome in una composizione storica di Wolfgang Amadeus Mozart. È sufficiente digitare il proprio nome per ottenere un suono “alla Mozart”. L’opera musicale KV 516f, ideata da Mozart intorno al 1787 per la sua allieva di pianoforte Franziska von Jacquin, è l’ambientazione musicale di Mozart dell’alfabeto. A ogni lettera è assegnata una specifica combinazione di note, due battute. La partitura personale con la calligrafia originale di Mozart può essere ascoltata subito dopo tramite il terminale e acquistata come souvenir musicale nel gift shop.

https://www.hausdermusik.com/

Exhibition view at Mozarthaus, Vienna, Photo credit Mozarthaus, Alexander Ch. Wulz

Exhibition view at Mozarthaus, Vienna, Photo credit Mozarthaus, Alexander Ch. Wulz

L’ULTIMA DIMORA DI MOZART

La Mozarthaus offre agli appassionati di tutte le età una presentazione completa delle principali opere del compositore e dell’epoca in cui è vissuto. In nessun altro luogo Mozart ha scritto così tanta musica. Qui visse infatti con la sua famiglia dal 1784 al 1787 e vi compose ad esempio Le nozze di Figaro e i tre dei sei Quartetti Haydn. Nina Nöhrig, direttrice della comunicazione della Casa di Mozart, ce ne ha raccontato la storia e gli eventi culturali in corso.

Può dirci qualcosa di più sulla vita di Mozart in questa affascinante casa nel cuore di Vienna?
Mozart ha vissuto in ben quattordici case durante i suoi dieci anni a Vienna. Quella in Domgasse 5 è l’unica rimasta. Qui ha trascorso due anni e mezzo e si è trovato benissimo. Non è un caso che vi abbia composto più musica che in qualsiasi altro luogo. È anche l’appartamento più grande, più costoso e più bello che ha avuto a Vienna. L’atmosfera è ancora unica!

Oltre ai documenti e agli oggetti appartenuti al compositore, il museo propone mostre temporanee, come quella attuale su Mozart e le donne.
La mostra Mozart e le donne presenta opere dell’artista Oskar Stocker sulle varie donne che hanno circondato Mozart. Donne che hanno accompagnato la vita di Mozart e figure femminili conosciute nelle sue opere. Attraverso questi ritratti di donne emerge anche un ritratto indiretto e ombroso del compositore. Stocker ritrae sei donne che hanno segnato la vita di Mozart: la madre, la sorella, la moglie, l’amante, un’allieva e una mecenate. Questi ritratti sembrano assomigliarsi – dopotutto, i personaggi sono prototipi della vita delle donne nel XVIII secolo. Inoltre, vi sono schizzi di personaggi e cantanti d’opera, per alcuni dei quali Mozart scrisse letteralmente delle arie: come la Regina della Notte, Susanna o Donna Anna. Queste donne di fantasia appaiono del tutto individuali. I ritratti sono emozioni dipinte, condensate in immagini potenti. È nostra intenzione portare al centro dell’attenzione le diverse figure femminili della vita di Mozart e contribuire così alla comprensione del suo genio musicale.

La suggestiva volta barocca del secondo piano interrato della Mozarthaus è stata trasformata in uno straordinario spazio multifunzionale che unisce antico e moderno. E c’è un ampio programma di concerti…
Tra i concerti estivi che Julia & August tengono ogni giovedì alle 16, vorrei segnalare quello in cui si possono ascoltare dal vivo opere di Wolfgang Amadeus Mozart nel luogo in cui egli stesso le ha composte! Le nozze di Figaro, il Rondò per pianoforte in fa maggiore KV 494 o il Rondò per pianoforte in re maggiore KV 485: sono opere create da Mozart proprio nel suo appartamento di Domgasse 5 oltre duecento anni fa.

https://www.mozarthausvienna.at/

Tutte le interviste sono a cura di Giorgia Losio

Versione aggiornata dell’articolo pubblicato su Artribune Magazine #67

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