A Torino la mostra su Lee Lozano, l’artista che ha detto no all’arte

Prima si è messa in sciopero dal mondo dell’arte e poi lo ha abbandonato definitivamente. Ma in poco più di dieci anni si è imposta come una delle artiste più rivoluzionarie del ‘900. È la sua prima grande mostra italiana

In una manciata di anni (dal 1960 al 1972) Lee Lozano (USA, 1930-1999) ha bruciato ogni parte di sé, non risparmiando critiche sociali irriverenti, ciniche riflessioni autoanalitiche ed emblematiche valutazioni sentimentali e identitarie. Eppure, nelle sette sale tematiche della mostra monografica Strike presso la Pinacoteca Agnelli – titolo che richiama l’opera General Strike Piece (1969), considerabile, tra i Language Pieces, il “manifesto” della presa di distanza e del successivo definitivo abbandono della scena artistica da parte di Lee Lozano – rimbomba una bellezza dissacrante ma cerebrale, stridente ma riappacificata con il pubblico.
Di prolifera sperimentazione pittorica e testuale, con una pratica profondamente concettuale ma dalle radici risalenti alla grande tradizione della storia dell’arte, Lozano è refrattaria a ogni forma di categorizzazione. Si possono però individuare dei punti fermi che orientano la poetica dell’artista. Primo fra tutti è il tema della antropomorfizzazione degli strumenti meccanici e tecnologici, cui corrisponde l’alterazione distruttrice del corpo biologico: martelli, ingranaggi, cacciaviti, punte di trapano, coltelli e pistole interagiscono con orifizi e organi sessuali umani nella serie Tools, accomunati da una simbologia di potere patriarcale sregolato, prestanza deviante e asettica produttività. Dagli strumenti si passa ad aeroplani e oggetti volanti che invadono la serie Airplanes penetrando in nasi, bocche e orecchie come insetti o forme di energia intrusiva. Esiti di forze e movimenti a confronto, raccontati per immagini con esuberanza ma anche con precisione scientifica, come appunti di esperimenti. Del resto, scrive Lozano nei suoi diari, “gli altri possono tenersi tutti gli oggetti, la nascita, la morte, le promesse, il gossip, i soldi, il potere, gli ammiratori e la sicurezza che vogliono. Fare arte è l’idea più importante di tutte. Fare scienza è l’azione più importante di tutte”.

Lee Lozano. Strike. No title, ca 1964. Collezione privata, courtesy Hauser & Wirth. Installation view. Credit Pinacoteca Agnelli Torino. Photo Sebastiano Pellion di Persano

Lee Lozano. Strike. No title, ca 1964. Collezione privata, courtesy Hauser & Wirth. Installation view. Credit Pinacoteca Agnelli Torino. Photo Sebastiano Pellion di Persano

I TEMI E LE OPERE DI LEE LOZANO

Un’altra strategia adottata da Lozano è quella dello scandalo del gioco di parole; della degenerazione del testo letterario che si accosta al disgusto dei benpensanti; del linguaggio naturale messo in pericolo da una società chiusa e fintamente sofisticata come quella del mondo dell’arte, che scruta giudicando senza spreco di comprensione.
La serie dei Pun, ovvero dei giochi di parole, accosta metaforicamente ambiti distanti tra loro, scatenando un effetto ridicolo e a volte grottesco e blasfemo: la caricatura, che deride con ghigno perverso il contesto sociale in cui è immersa l’artista, è evidente nello strillone “cocks! cunts! tits! balls!”, che promuove senza pudore l’acquisto di falli, seni e altre membra, confezionate appositamente e disponibili in diverse taglie come una qualsiasi altra merce. Tornando al titolo della mostra, esso stesso è un gioco di parole: il verbo “to strike” (colpire, attaccare) esprime un comportamento violento attuato dal corpo, da un attrezzo o da un’arma; ma è anche riconducibile a “stroke” (tocco, pennellata), avvicinando il pennello a un’arma da scagliare contro la tela; e altresì a “strike” (sciopero), suggerendo, nelle ultime fasi della carriera di Lozano, la rottura radicale con il mondo della produzione e della politica (maschilista) elitaria dell’arte.

Lee Lozano. Strike. Installation view. Credit Pinacoteca Agnelli Torino. Photo Sebastiano Pellion di Persano

Lee Lozano. Strike. Installation view. Credit Pinacoteca Agnelli Torino. Photo Sebastiano Pellion di Persano

LA MOSTRA DI LEE LOZANO A TORINO

Dal 1968 al 1970 Lozano scrive 11 “private books”, diari colmi di chiose biografiche, commenti poetici, critiche tranchant sul sistema. Liste di persone con cui l’artista ha dormito o di sostanze stupefacenti si impigliano in meditazioni esistenziali e calcoli matematici. Un sottoinsieme, risalente al 1969, è quello dei “Life-Art” Pieces, istruzioni o resoconti di esperimenti al grado massimo dell’analiticità: in Grass Piece sono trascritti gli effetti della marijuana assunta ininterrottamente per un mese (mentre No Grass Piece testimonia la totale sobrietà); simili attestazioni sono Masturbation investigation e “I Refuse to Masturbate” Piece. Questa continua tensione verso la sperimentazione viene spiegata dalla stessa Lozano:
Per me non può esistere una rivoluzione artistica separata da una rivoluzione scientifica, da una rivoluzione politica, da una rivoluzione dell’istruzione, da una rivoluzione della droga, da una rivoluzione sessuale o da una rivoluzione personale.” Infine, il gioco filologico si ritorce contro se stesso: il raccorciamento del nome d’arte coincide con la riduzione dell’identità artistica. Nel 1971 comincia a firmarsi “Lee Free” per poi passare semplicemente a “E”. Le tracce di quella singola iniziale scompaiono, per ripresentarsi solo nel 1982 nella città dei suoi genitori in Texas, dove verrà seppellita nel 1999 in una tomba senza iscrizione.

Federica Maria Giallombardo

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Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

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