In Le mie parole, Alfredo Rapetti Mogol (Milano, 1961) fa uso della scrittura in due modi: nel primo, il tratto calligrafico perde significato e significante assumendo carattere decorativo e rappresentativo del gesto; nel secondo, le parole, rappresentate attraverso un carattere chiaro e leggibile, vengono tagliate e assemblate in maniera tale da formare, a prima impressione, un nuovo linguaggio. L’artista è un abile paroliere e il suo scopo è proprio quello di far nascere, per mezzo della scrittura, stati d’animo. Lo fa attraverso testi di canzoni nei quali si firma con lo pseudonimo Cheope e tramite quel linguaggio, criptico o semplicemente decorativo, con cui rivela un messaggio nascosto, sorprendendo lo spettatore.
– Emanuele Gurini