Il mistero delle relazioni umane nella mostra di Gaia Scaramella a Roma

Emotività e sperimentazione sono le cifre dell’opera di Gaia Scaramella. Ora l'artista romana è in mostra presso lo Studio Stefania Miscetti

L’autenticità parla sempre chiaro, e talora svela l’arte. Gaia Scaramella (Roma, 1979) è parte dei suoi lavori, ne sembra un’emanazione. Le opere in mostra nello Studio Stefania Miscetti, da trent’anni luogo di sperimentazione, raccontano di relazioni, fisicità, maternità, comunicabilità e dolore, mentre Scaramella ti inonda di sorrisi smaglianti e malinconici su un viso da ritratto del Fayyum. Reinventa e trasforma in bellezza ciò che trova, in un processo alchemico del quale si sanno i componenti ma si resta ammaliati dalla sintesi.
Le installazioni a parete combinano tre serie, fra trouvaille, tracce di natura, oggetti d’uso comune, foto e altro. Qualunque sia l’evocazione richiamata, ognuna è uno schiaffone emotivo, che però fuoriesce da una composizione armoniosa e consolante. Convincimento estetico e disagio convivono senza pace né conflitto in chi guarda, mentre il racconto per immagini di Gaia Scaramella si snoda sui muri.

Gaia Scaramella, Inclinazione naturale, 2021, particolare. Courtesy of the artist and Studio Stefania Miscetti. Photo Giorgio Benni

Gaia Scaramella, Inclinazione naturale, 2021, particolare. Courtesy of the artist and Studio Stefania Miscetti. Photo Giorgio Benni

LA MOSTRA DI GAIA SCARAMELLA A ROMA

Senza termine è una grande losanga che allinea le antiche camiciole beneauguranti per neonati, sulle quali il bitume traccia occhi sgranati e sgomenti: quelli della madre, del pianto, del bistro e dello stupore che si liquefanno sulle vestarelle. Il titolo muove tenerezza e paura, perché amore e struggimento non hanno fine. La serie Inclinazione naturale simula una galleria di famiglia. Vecchie foto incorniciate di persone sono ammutolite da escrescenze dalle forme magiche poste sulle bocche: nidi di calabroni e d’api, radici essiccate e marmorei rami giapponesi. La relazione sembra impari: le bocche maschili emettono i rami contorti, le donne sembrano difendersi e pungere. Gaia Scaramella chiama infine Concerto per archi una processione di seghe lignee con fili di perle al posto delle lame, che appaiono come sante in corteo paratattico nelle chiese ravennati.
Dietro alle tre composizioni il mistero delle relazioni umane ha tante forme, ma Scaramella non dà soluzioni né prende posizione; lascia solo che la forza trasfigurante dell’arte renda tutto prima visibile, poi forse sopportabile.

Francesca Bottari

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Francesca Bottari

Francesca Bottari

Storica dell’arte, insegna a Roma. Ha curato moduli di Catalogazione e di Didattica museale all’Accademia di Belle Arti di Roma e nelle università di Roma2 e Siena. Ha lavorato presso il Centro Servizi educativi del Mibact. Dal 2002 al 2005 è stata Direttore artistico della…

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