Tutta l’influenza di Giotto sul Novecento in mostra a Rovereto

Da Carrà a Turrell, dalle forme al colore: l’influenza di Giotto sul Novecento prende diverse strade lungo i decenni. A descriverle è la mostra al MART di Rovereto

Il confronto tra Giotto e l’arte dal Novecento in poi messo in atto dal MART non ha un singolo e costante andamento, ma attraversa diverse fasi e diversi nuclei. Prima storiografico e di conseguenza iconografico, poi tematico e di conseguenza legato alla storia sociale, infine legato alle suggestioni del colore, tale confronto si apre con una ricostruzione digitale della Cappella degli Scrovegni e termina con un’installazione ambientale di James Turrell, il che dà già l’idea dell’ecletticità della mostra curata da Alessandra Tiddia.
Il punto di partenza è Carlo Carrà, capofila di una riscoperta giottesca che avvenne nella prima metà del Novecento e che ben si coniugò all’atmosfera del Ritorno all’ordine nelle sue diverse forme. Ecco che, seguendo questo spunto, la prima parte della mostra è un trionfo di capolavori dello stesso Carrà ma anche di Martini, de Chirico, Severini, Oppi, tra gli altri.

Giotto e il Novecento. Photo Mart

Giotto e il Novecento. Photo Mart

GIOTTO E L’ARTE DEL NOVECENTO

Nella prima parte ci si trova immersi, dunque, nella concretizzazione visiva di valori come l’ordine, l’armonia, la corrispondenza tra le forme, una semplificazione che non è passatismo ma veicolo di impagabile sperimentazione. Quel Giotto “cantore della bontà”, nel senso meno sentimentalistico possibile, già studiato e ammirato da Van Gogh qualche decennio prima.
La fase successiva dei rapporti tra il Novecento e Giotto è quella dell’adozione di valori più morali che estetici, ovvero l’idealizzazione della vita agreste e della figura femminile: qui ci si incontra oppure ci si scontra con artisti grandiosi e minori, con opere che ancora parlano all’attuale spirito del tempo e altre più difficili da comprendere oggi e perciò forse ancora più interessanti da studiare. L’estetica si intreccia con gli stravolgimenti della storia e la storiografia artistica con la storia sociale.

Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1956, Mart, Collezione Domenico Talamoni

Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1956, Mart, Collezione Domenico Talamoni

LA MOSTRA AL MART DI ROVERETO

Gli artisti contemporanei, infine, rimangono “ammiratori” ed epigoni di Giotto ma solo a livello di atmosfere: il blu giottesco è il filo conduttore principale dell’ultima parte della mostra, dove si spazia da Klein a Griffa, da Fontana a Tacita Dean, fino al già citato Turrell.
Interessante punto di svolta nella dinamica interna della mostra, che però allo stesso tempo rischia di “sfilacciare” l’impianto complessivo della stessa (difetto conclamato dell’esposizione è invece l’enorme affollamento di opere nelle diverse sale), quest’ultima parte si percorre meno metodicamente e con più libertà, alla ricerca di spunti e corrispondenze.
Le opere più in vista sono ovviamente quelle dei grandi nomi già citati (e ci sono anche Matisse, Nonas, Albers); ma gli incontri più efficaci, in questo impianto teorico, sono quelli inattesi. Ad esempio l’Anacronismo di autori come Bonechi, che risultano giotteschi in modi diversi rispetto alla diffusa atmosfera culturale del loro tempo.

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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