Quartier Belvedere. L’intervento di Renzo Piano a Vienna

Nove anni fa l’incontro dell’architetto italiano con il pubblico viennese in un teatro gremitissimo. Luci soffuse e uno spot su di lui, solo sul palcoscenico. Lui era Renzo Piano, accolto con estrema attenzione come si fa con le star, applaudito prima, applauditissimo dopo aver annunciato di accettare con piacere l’invito a realizzare un complesso residenziale dalle parti del Castello Belvedere. Un’area privilegiata della città di Vienna dove non c’è dubbio che avrebbero voluto mettere la propria firma molti architetti di fama, alcuni dei quali anche presenti a quell’incontro. Oggi i lavori sono appena iniziati in un’area totalmente riconfigurata e tutta da esplorare.

Se non fosse per lo sfondo raffigurato nel dipinto – quadro d’epoca di Jacob van Schuppen, seconda decade del Settecento – in cui s’intravede una serrata battaglia senza esclusione di colpi, si potrebbe ipotizzare che il ritratto in primo piano del Principe Eugenio di Savoia (1663-1736), il grande stratega militare, diplomatico e statista d’origine parigina, trapiantato a Vienna in giovane età e messosi al servizio degli Asburgo, sia la testimonianza di una sua precisa profezia da consegnare alla storia. L’ipotesi, in tal caso, potrebbe essere che con quel suo gesto del braccio destro proteso, come a dire “proprio là!”, il principe stia additando il luogo in cui, di lì a qualche secolo, sarebbe sorto un moderno complesso edilizio residenziale, destinato a far concorrenza al castello viennese di sua proprietà e di cui andava estremamente fiero. Giustamente fiero, trattandosi del magnifico Castello Belvedere, la dimora estiva che sua eccellenza si era fatta edificare in zona lievemente collinare e panoramica da uno dei due architetti più in voga del periodo, a Vienna e in tutta l’Austria, tale Johann Lucas von Hildebrand, rivale di Johann Bernhard Fischer von Erlach, dopo che da quest’ultimo si era già fatto costruire, nel cuore della capitale dell’impero, il proprio Palazzo d’Inverno. In verità, entrambi gli architetti erano uniti – questo sì – dall’essere seguaci della scuola barocca italiana.

Hauptbahnhof Wien (pensiline dall’alto) © ÖBB Roman Bönsch

Hauptbahnhof Wien (pensiline dall’alto) © ÖBB Roman Bönsch

UN PUNTO NEVRALGICO

Oggi quella “profezia” si sarebbe avverata. Per giunta, sotto la firma del più rappresentativo architetto italiano. Chi è costui? Nessun dubbio: Renzo Piano, l’ex “ragazzaccio” del rivoluzionario Beaubourg parigino. Il “primo” per quantità, qualità e diversificazione formale delle sue opere tra i nostri progettisti, stando alla classifica stilata da Luigi Prestinenza Puglisi, brillante storico e critico dell’architettura contemporanea.
“Proprio là!”, poco oltre il Castello Belvedere del glorioso savoiardo, la posa della prima pietra finalmente c’è stata, attesa con interesse dopo che il conferimento dell’incarico era avvenuto nel 2008. Una posa che segna l’inizio della costruzione di un complesso residenziale e alberghiero, che va a ricoprire l’ultimo lotto di una vasta area completamente demolita e già quasi tutta ricostruita nell’arco di pochi anni. Punto nevralgico della città e della regione, questo luogo lo è sempre stato, tant’è che vi convergevano due terminal ferroviari ad alta frequentazione e con percorrenze internazionali: la Stazione del Sud e la Stazione dell’Est. Oggi le due stazioni sono state unificate secondo il criterio “passante” dei nuovi nodi su rotaia di grande transito; unificate anche nel nome attraverso una designazione che ne precisa l’importanza: Haupt-Bahnhof, ovvero stazione principale. Il che significa un nodo tecnologico per tutte le rotte internazionali, la cui rilevanza è facile da intuire. Tra gli spazi costruiti spiccano le scultoree pensiline dei binari, disposte a simulare l’effetto di una monumentale serie di onde marine argentate; un mare agitato di emozioni, per chi arriva ad accostarvi lo spirito poetico di un Pino Pascali.
Il nome conferito a tutta la nuova area in fase di riqualificazione nel suo assetto estetico-urbanistico è, neanche a dirlo, Quartier Belvedere. Etichetta molto evocativa, ma fittizia, visto che il quartiere in questione – quel settore territoriale, appunto, facente parte del vasto 10. Bezirk metropolitano – un proprio nome storico lo possiede, si chiama Favoriten, e catastalmente lo manterrà. Tra l’altro, va precisato che la parola tedesca Quartier non significa “quartiere”, ma qualcosa come “acquartieramento”.

Hauptbahnhof Wien (piazzale d’accesso). Photo FT&T Vienna

Hauptbahnhof Wien (piazzale d’accesso). Photo FT&T Vienna

IL PROGETTO

Saranno cinque gli edifici firmati Renzo Piano, in collaborazione con lo studio viennese NMPB Architekten, per Signa Development. Sulla carta paiono avere interessanti prospettive estetiche e ambientali, tali da confermare le doti compositive del progettista italiano. Cinque corpi formalmente coesi, slanciati, ritmati tra pieni e vuoti da una griglia di superficie, ciascuno di essi con differente pianta poligonale, e poggianti su pilotis particolarmente alti. Quest’ultima soluzione, chiaramente ispirata a paradigmi lecorbusiani, andrà a formare un vuoto costruttivo tra il terreno e i volumi abitativi a vantaggio di un impianto vegetativo a basso e ad alto fusto, senza interferire con gli affacci dei piani bassi. Soprattutto, così disposta, l’area residenziale verrà a saldarsi con lo Schweizergarten, il bel parco che gli è confinante sul versante est.
Eredi d’una tradizione espansa tra il flusso del tempo storico che ha davvero segnato l’Europa e lo spazio endemico dell’arte, gli abitanti dei nuovi edifici non avranno vie di fuga da un ideale destino di accerchiamento. In effetti, anche in direzione opposta a quella della Haupt-Bahnhof, e – naturalmente – poco oltre il Castello Belvedere, oggi dimora eccellente di storiche collezioni d’arte, si parerà davanti ai loro sguardi non solo lo sfondo verde dello Schweizergarten ma, prima ancora, qualcosa d’importante come il 21er Haus, il più “viennese” dei musei d’arte contemporanea. Già solo l’edificio è segnato da una mirabolante avventura che ha origine a Bruxelles, dove fu costruito dalla spedizione austriaca in occasione della Esposizione Universale del 1958, e premiato come miglior padiglione in quanto recepiva esemplarmente i principi miesiani formulati nell’espressione “skin and bone”, pelle e ossa. E, nonostante fosse concepito come progetto architettonico dalla vita effimera, oggi è là! Basterà che i futuri residenti degli edifici di Renzo Piano attraversino la Arsenalstrasse, pochi passi insomma, e saranno già dentro a un altro capitolo della storia viennese.

– Franco Veremondi

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Franco Veremondi

Franco Veremondi

Nato a Perugia, residente a Roma; da alcuni anni vive prevalentemente a Vienna. Ha studiato giurisprudenza, quindi filosofia con indirizzo estetico e ha poi conseguito un perfezionamento in Teoretica (filosofia del tempo) presso l’Università Roma Tre. È giornalista pubblicista dal…

Scopri di più