I musei stanno esagerando nel loro rapporto con gli influencer?

Il problema non sono tanto i grandi nomi come Chiara Ferragni o l’Estetista Cinica, quelli sono piuttosto inattaccabili, il problema è che molti musei ormai si rivolgono a influencer di serie B. E anche C

Si può capire quando coinvolgi Chiara Ferragni, che è ormai una testimonial indiscutibile, peraltro di caratura internazionale. Si può capire anche se chiami i The Jackal, se chiami Luis Sal, se chiami l’Estetista Cinica o se chiami Stazzitta.
Questi sono i nomi di alcuni big influencer che hanno collaborato con i musei italiani negli ultimi anni. Da Bologna a Milano, da Firenze a Napoli. La cosa ci può piacere o no, la possiamo considerare edificante o no, possiamo discutere se sia corretto investire (spesso soldi pubblici) per promuoversi attraverso questi personaggi. E però resta il fatto che le istituzioni culturali hanno bisogno di raccontarsi, e gli influencer (questi influencer che abbiamo elencato) sono ormai dei media, delle piattaforme editoriali, delle imprese di comunicazione che come tali vendono i loro spazi e la loro capacità di raggiungere un pubblico e un target. Bene. Che i grandi musei sperimentino collaborazioni con la serie A degli influencer ci sta.

Chiara Ferragni davanti alla Venere di Botticelli, courtesy Gallerie degli Uffizi

Chiara Ferragni davanti alla Venere di Botticelli, courtesy Gallerie degli Uffizi

MUSEI E INFLUENCER. MA CI SONO INFLUENCER E INFLUENCER

Ci sta meno invece che spazi culturali, musei e fondazioni si rivolgano sempre più spesso a personalità di serie B, o perfino di serie C nel tentativo di arraffare contatti e attenzione in maniera goffa e probabilmente inefficace. In un ecosistema di messaggi superficiali che neppure è legittimato dai milioni di follower. Per l’amor di dio, l’influencer marketing è qui ed è qui per restare e non si può far finta che non esista, anzi bisogna misurarsi con questa e con tutte le innovazioni del panorama. Ma è abbastanza facile prevedere che l’attuale enorme rumore su Instagram, YouTube e TikTok si ridurrà di molto, l’utenza si scoccerà come ha fatto in passato con altre proposte, l’effetto novità terminerà presto e anzi sta già terminando.
I grandi content creator resisteranno e si trasformeranno (già sta avvenendo) in autentiche media company, ma i piccoli influencer un po’ marchettari coi loro follower comprati finiranno per tornare nell’anonimato da cui sono arrivati: incapaci di influenzare chicchessia. E allora perché investirci quando sei un museo e dovresti calibrare la tua immagine in maniera più accorta evitando di veicolare la comunicazione con le scorciatoie di una pizzeria o un sushi all you can eat alla caccia disperata di nuovi clienti?

Massimiliano Tonelli

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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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